Il 3 ottobre 1890, a Napoli, il prefetto e alcuni funzionari pubblici si presentarono alla porta di un noto monastero di clausura, il romitorio del Suor Orsola Benincasa, situato a mezza costa sulla collina di San Martino, chiedendo di verificare le condizioni di vita delle monache. Naturalmente, la motivazione era pretestuosa. In realtà, nella lunga teoria di leggi con cui, dopo l’Unità d’Italia, si cercò di regolamentare l’attribuzione dei beni ecclesiastici e, con Francesco Crispi, la destinazione e uso delle Opere pie, le autorità di Napoli avevano in mano tutti gli estremi per acquisire definitivamente la cittadella monastica per utilizzare quel luogo a pubblica utilità. La visita, sulle prime, si svolse in tutta tranquillità, perché si trattava degli spazi in cui vivevano le oblate, ma quando i rappresentanti del governo chiesero di entrare nel secretum delle «romite», delle «sepolte vive», le suore opposero un netto rifiuto. Si alzarono le voci, volarono minacce di forzare la porta, e allora le claustrali furono costrette a uscire e a presentarsi agli astanti. Tutto questo è il drammatico antefatto de L’anima semplice. Suor Giovanna della Croce di Matilde Serao (BUR, Biblioteca Universale Rizzoli, pp. 260, euro 8,60). La Serao diede subito notizia di questi avvenimenti in una serie di articoli sul Corriere di Napoli, il quotidiano che aveva fondato con il marito Edoardo Scarfoglio, ma fu solo dieci anni dopo, quando ormai era una narratrice e una giornalista di successo, che volle raccontare la storia di una di queste monache di clausura […]
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