Destinate a un mittente inusuale. Trecento lettere indirizzate a Dio, spedite per tramite di un intermediario: il reverendo Grady Cooper, morto due anni fa a Jersey City. Il pacco di missive inviate all’Aldilà è stato ritrovato nell’oceano: l’ha raccolto un pescatore, al largo di Atlantic City. Le lettere erano tutte protette da sacchetti di plastica. Un’ipotesi è che qualcuno, incaricato di ripulire l’appartamento di Cooper dopo la morte, abbia trovato le lettere e abbia deciso di affidarle al mare. Metà è ancora leggibile, protetta dai sacchetti. Alcuni fedeli chiedono di poter vincere la lotteria, altre sono storie disperate: un’adolescente costretta ad abortire, una donna tradita dal marito. Un uomo chiede a Dio di placare una donna che ha minacciato di rivelare all’ufficio tasse i suoi segreti fiscali.
Pescate in mare trecento lettere indirizzate a Dio
14 commenti
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Ehm… spero non abbiano letto anche la mia lettera su Ratzinger 🙂
Scherzi a parte, quando ero bimbo e andavo dalle suore, ci fecero scrivere su dei foglietti i nostri fioretti fatti nel giro di un mese circa. Poi verso Pasqua, consegnammo le nostre buste alla madre superiora e fu fatto un grande falò in modo che le lettere si bruciassero e mediante il loro fumo che si levava verso il cielo, quei fioretti giungessero a Dio. Io però non avevo capito cosa fosse un fioretto. Ma vi pare che un bimbo di pochi anni abbia da fare dei fioretti? Così disegnai dei fiorellini sul foglio. CHE DIO MI PERDONI, NON L’HO FATTO APPOSTA, NON SAPEVO, NON VOLEVO, ARGGGGGGGG!!!!
@razionalmente
magari il profumo dei tuoi fiorellini lo ha reso felice 🙂
Ah, finalmente sono riuscito a farti sorridere, mi sento come Pollyanna nei confronti del vecchio burbero 🙂
Comunque, giusto per fare il pignolo, qualcuno spieghi al giornalista che mittente è colui che spedisce e non colui che riceve.
Solo sul “giornale” si potevano occupare di una scemenza simile.
Il fioretto è un piccolo proponimento o una piccola rinuncia che si decide di fare (ad esempio un bambino può fare il fioretto di mangiare meno caramelle,guardare meno televisione o delle altre piccole cose adatte alla sua età) lo scopo è quello di rinunciare a Qualcosa per il Signore, tu hai offerta la tua innocenza e credo che Lui l’abbia gradita!!!
@febo: Quale padre buono sarebbe contento della sofferenza del figlio? Mio padre voleva che io fossi felice e se gli avessi detto che avevo rinunciato a mangiare il dolce della domenica per fargli piacere, lui mi avrebbe gridato:
“A SCEMOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!”
Ci sono credenti che usano il cilicio, una rete di ferro con uncini da stringere intorno alla vita in modo da provare dolore ad ogni movimento. Si usa anche l’autoflagellazione mediante appositi frustini. Queste pratiche erano diffuse tra gli appartenenti all’Opus Dei. Insomma martoriare la carne per offrire le proprie sofferenze a Dio. Un Dio che la Chiesa Cattolica definisce “infinitamente buono”. Ma per apprezzare tali sofferenze autoinflitte o anche le normali sofferenze dovute a malattie, questo Dio non può essere buono, dev’essere un vero sadico.
Puo’ darsi che siano state spedite e poi ributtare a mare con la scritta “destinatario inesistente”
@razionalmente, a che io sappia ancora oggi i “numerari” dell’opus dei fanno utilizzo di un paio di ore al giorno di cilici e attrezzi vari, e penso che per entrare in una setta simile sono convinto che a loro non dispiaccia,anzi.
Anche se non sono al livello di masochismo di balaguer de escriva’ che si martoriava per ore ed ore fino ad arrivare a sanguinare. D’altronde un uomo che arrivava a scrivere “sacrifica te stesso, e’ bello essere una vittima” qualche rotella a posto non doveva averla. Il problema e’ che sarebbe stato molto piu’ utile alla societa’, se avesse creato un club sado maso, invece che dell’opus dei, anche se molti mi diranno, che differenza c’e’!
(la differenza e’ che i club sado maso sono molto + economici dell’opus dei che ti succhia tutte le tue finanze)
E molto più trasparenti! Chi ci vuol andare ci va, non ci sono raggiri e inganni. Lessi il libro “Oltre la soglia” di Maria Del Carmen Tapia, una delle tante vittime dell’Opus Dei. Certamente c’è del masochismo, ma teniamo conto anche del plagio.
Consiglio la lettura del libro: “Cults in our mist” di Margaret Singer:
http://xenu.com-it.net/libri/cults/singer01.htm
qui trovate l’edizione integrale.
Se si considera la Chiesa Cattolica l’unica e sola manipolatrice di coscienze, si rischia di perdere di vista tutte le altre realtà a cui molti di noi possono essere esposti.
Da rinunciare alle caramelle a indossare il cilicio c’è una bella differenza!!! Comunque non si tratta di non mangiare il dolce alla fine del pranzo, sono soltanto delle piccole rinunce personali e volontarie che fai se e quando vuoi inoltre un fioretto può anche voler dire dedicare un po’ del proprio tempo ad una persona che ha bisogno, fare una cosa che non amiamo fare ma che sappiamo può far del bene a qualcun altro etc. Per quanto riguarda l’Opus ho un paio di amici, ma non si fustigano ne portano il cilicio, lavorano,hanno una bella bambina e una vita molto tranquilla ben lontana da quella descritta nel famoso “codice”.
Caro febo, continuo a non capire. Una cosa è far del bene al prossimo, un’altra è far del male a se stessi. Non mi pare che le due cose siano collegate. Non vedo come il non mangiare una caramella possa far del bene o far piacere a qualche altra persona. Al massimo fa del bene a me perché non mi fa ingrassare.
Insomma posso capire un Dio che sia contento del bene che io faccio al prossimo, ma non capisco un Dio contento se mi privo senza alcun motivo di qualcosa che mi piace. Se io mi privassi di una caramella per darla a te sarebbe diverso. Ma se mi privo di una caramella e basta che senso ha?
La cultura cattolica è intrisa di questa sofferenza intesa come qualcosa di positivo. Si tratta di un’aberrazione della logica che ha prodotto grandi disastri nella storia e nella società. E’ servita al potere per far tacere il volgo affamato e negare quindi i diritti alle persone. Ancora oggi la Chiesa ti dice che Dio vuol metterti alla prova, una bella scusa per continuare a opprimerti. Così se hai fame, se hai sete, prega che ti passa. E non è un caso che il benessere sociale sia inversamente proporzionale al senso religioso. Nei luoghi ove regnano fame e ignoranza il senso religioso è fortissimo, dove c’è cultura e benessere il senso religioso è scarso.
Potrei citarti la storia di “santi” che per far piacere a questo Dio buono e sadico si autoflagellavano, si privavano del cibo, ecc.
La privazione del piacere è da ricollegarsi all’idea di ascetismo che non è peculiarità cattolica. Anche in oriente c’è sempre stata questa idea del piacere opposto alla virtù, per cui ci si priva del sesso, del cibo, ci si procura sofferenza di ogni tipo perché secondo certe teorie assai poco scientifiche ciò gioverebbe ad una mente più lucida e fertile e quindi ad un più facile contatto con la divinità.
Un esempio è la storia del Buddha, l’illuminato. Prova a leggere Siddharta di Hermann Hesse.
Secondo me vale il proverbio “il troppo stroppia” o se preferisci “est modus in rebus”. Non esagerare col cibo e col sesso può renderti più lucido, ma privarsene non credo serva a molto. Gli stessi buddisti dicono: dormi quando hai sonno, mangia quando hai fame, ecc.
A onor del vero la privazione del sonno o del cibo può dare temporaneamente un maggior senso di lucidità, è un po’ quel che avviene con l’uso di certe droghe che non a caso sono usate in molti riti religiosi.
Qui poi ci inoltriamo in questioni che esulano dal tema del nostro discorso.
Purtroppo è vero l’immagine che spesso ci facciamo dei santi è esclusivamente quella di asceti che rinunciano al mondo e alle sue attrazioni per vivere poveri, casti e digiuni, certo visto al di fuori di un’ottica di fede un quadro del genere è molto desolante e viene certo voglia di fuggire il più lontano possibile. I santi però non si esauriscono solo con questi, anzi essi non rappresentano che una piccolissima parte di tutte le persone che durante il loro cammino terreno hanno risposto con gioia alla chiamata di Cristo e hanno camminato nella vita con Lui sia facendosi religiosi sia però intraprendendo anche la strada del matrimonio, per questo tutti gli esseri umani possono diventare santi in qualunque condizione sociale essi siano. Per quanto riguarda la famosa rinuncia oggetto di questa discussione ti faccio un paragone molto molto grossolano, ma che spero te ne faccia comprendere il motivo: ci sono un ragazzo e una ragazza che si innamorano e si mettono insieme, ogni minuto che sfruttano per stare insieme, ora il ragazzo ha una passione incredibile per il calcio e ogni domenica pomeriggio segue la sua squadra allo stadio, la ragazzo lo sa, non ama il calcio, ma ama tutto di lui compresa la sua passione e quindi non dice niente in merito, ad un certo punto il ragazzo sente che questa passione che aveva diventa sempre meno importante della sua ragazza e quindi decide di rinunciare ad andare allo stadio o magari di non seguire la squadra nelle trasferte, rinuncia quindi al calcio o a qualche partita per amore. Per intenderci prima di tutto si deve amare il prossimo e fare più bene possibile come affermi giustamente, però alcune volte ci si innamora talmente tanto di Gesù che si fa con piacere qualche piccola o grande rinunzia, so che quest’ultimo discorso riguarda un’ottica di fede, ma era solo per dirti che il cristianesimo parla di dolore, ma sempre in un’ottica di amore. Credo che anche tu sia disposto a soffrire per una persona a cui vuoi bene, il che non significa che devi arrivare a frustarti delle volte per amore di qualcuno (e credo di parlare anche per i non credenti) si sopportano certi dolori che alcune volte preferiresti davvero aver ricevuto una frustata!