Gay pride blindato a Gerusalemme tra rischio attentati e rabbia ortodossa

Ha preso il via nello stadio dell’università  ebraica di Gerusalemme il gay pride israeliano. La manifestazione si svolge fra ingenti misure di sicurezza. Il traffico nella zona attigua alla Knesset, il Parlamento israeliano, è stato bloccato, per il timore di manifestazioni di protesta della comunità  ultraortodossa. In un’altra zona di Gerusalemme, nel ‘Giardino della Campana della Liberta’, decine di omosessuali e lesbiche hanno cercato di organizzare una marcia non autorizzata nell’intento di raggiungere lo stadio. Ma la polizia è intervenuta immediatamente e ha fermato alcuni dimostranti, secondo quanto ha riferito radio Gerusalemme. Lo svolgimento della manifestazione, per quanto in un clima di forte tensione, è frutto di un difficile compromesso raggiunto solo ieri sera quando gli organizzatori hanno accettato di trasformare la prevista marcia in un raduno in un luogo chiuso, lo stadio della Università  Ebraica, lontano dal cuore ultraortodosso di Gerusalemme, il famoso quartiere di Mea Sharim. […] Per una settimana il quartiere di Mea Sharim è stato teatro di una vera e propria rivolta degli zeloti, che tutte le notti a centinaia hanno manifestato, bruciato cassonetti, lanciato pietre contro la polizia, per protestare contro la manifestazione gay da loro considerata una “profanazione” della città  santa. Contro il gay pride era intervenuto in maniera durissima nei giorni scorsi anche il Vaticano.

Fonte: Repubblica.it

7 commenti

Franco Siccardi

“Contro il gay pride era intervenuto in maniera durissima nei giorni scorsi anche il Vaticano”

Senti da che pulpito vien la predica….

Gio

Inutile ribadire che, se avverrà qualche attentato, la responsabilità sia da attribuirsi anche ai seminatori d’odio, ovvero ai rappresentanti delle tre religioni…

Germano

…e a chi laggiù l’attentato spera che con le provocazioni ci sia, per inaugurare un bimestre di vittimismo.

Kaworu

in che senso, germano?

pensi che gli omosessuali che hanno partecipato al pride sperino in un attentato per fare le vittime?

mi dispiace, ma chi da secoli si finge vittima per giustificare le proprie azioni, non sono gli omosessuali…

Germano

Diciamo che la frase era: ” a chi spera che laggiù ci sia l’attentato”; non lo sperano certo i partecipanti, ma qualcuno che magari osserva da lontano in una triste eventualità potrebbe anche non dolersene. Per loro non dico niente, se non che non gliel’ha ordinato il dottore di andarci. A questo punto, mi aspetto i matti pronti a manifestare alla Mecca o Medina. In bocca al lupo agli audaci. Io semplicemente sconsiglio.

Pedote Paolo

Ecco l’unica cosa su cui le religioni monoteiste vanno d’accordo: l’omofobia. Anzi no, a dirla tutta non è proprio l’unica cosa: a fianco all’omofobia ci possiamo mettere una disgustosa misoginia. Omofobia e misoginia costituiscono il materiale metafisico di ogni teologia. Il punto è che non possiamo chiedere a delle istituizioni che hanno fatto della sessualità l’unico punto di riferimento teoretico, di accettare la libertà del corpo, perchè la libertà del corpo è la negazioni di Dio. Bisogna piuttosto lottare perchè queste istituzioni perdano valore sociale. Il fedele, come avrete notato, è quel delirante individuo che per conto di Dio e dei suoi ministri deve eliminare l’altro, sottemettere le donne e difendere il territorio che i capi religiosi gli impongono. Dunque deve impugnare sempre la spada e sterminare chi non rispetta la sua idea di mondo. L’obiettivo che ogni soggetto politico sano oggi si deve porre, come prioritario, è quello di illustrare che la strada per una società migliore è rifiutare ogni compromesso culturale con le religioni. Il mondo libero da ogni religione è un mondo che esalta l’uomo e le sue possibilità, le sue capacità… un mondo in mano alle religioni continua essere un mondo devastato da guerre, povertà, genocidi, violenze, ignoranza, idolatria, oscurantismo medievale. Oggi il pianeta necessità di nuovo umanesimo dove l’uomo torna ad essere l’unico vero scopo e non un mezzo per arrivare a Dio. Non abbiamo bisogno una città di Dio, ma una città per l’uomo, un globale villaggio in cui ognuno accetti l’altro.

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