Conformisti, appagati, disimpegnati, materialisti, consumisti… Giudizi non certo lusinghieri quelli appioppati ai giovani italiani dall’Eurispes in base ai dati del suo «7° Rapporto nazionale sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza», presentato ieri e per molti aspetti illuminante. I giovani dicono che nel loro futuro contano soprattutto la famiglia e il lavoro? Ci pensino bene: l’autorevole istituto di ricerca gli spiega che si tratta solo di «due traguardi a elevato contenuto privatistico», ben altra cosa rispetto all’«impegno politico di stampo movimentista-rivoluzionario dei giovani degli anni Sessanta», evidentemente gli ultimi buoni apparsi sulla scena. «Miti lontani», sospirano i ricercatori, mentre osservano dati dai quali – nel chiaroscuro tipico di una generazione che più la scruti più ne cogli complessità e ambivalenze – emerge «l’accentuata preferenza verso un sistema di valori diversi dalla politica», «propri della società dei consumi». Hanno tutti il telefonino (come gli adulti, peraltro)? Conformisti! La metà di loro dice di avere tutto ciò di cui ha bisogno? Sono pericolosamente appagati.[…] Si sa che i numeri, a torturarli, dicono quel che uno vuole sentirsi dire. Visto che non vogliamo farlo, proviamo a prendere l’eloquente capitolo della ricerca sul valore della vita. Ci si aspetterebbe che adolescenti simili abbiano idee allineate al pensiero dominante sui mass media. Guardano tutti la tv […] Divoratori di comunicazione, dunque massicciame nte esposti alla campagna mediatica con la quale si cerca di consolidare tra gli italiani la percezione che diritti e libertà individuali vadano intesi come princìpi assoluti, senza limiti né condizioni. E guai a chi obietta. Una cultura del desiderio elevato a legge, che cerca di farsi largo con la tattica dei colpi di mano e dei “casi umani”, tutta emotività e poca ragione, un’ideologia pragmatica che dovrebbe trovare il microclima ideale tra i giovanissimi dipinti da Eurispes con le tinte fosche della passiva ricezione di modelli già pensati da altri. Però poi i numeri dicono cose diverse, se letti integralmente e non – come talune agenzie di stampa già facevano ieri – censurando le cifre che stonano […] A questi adolescenti «conformisti e appagati» che non sanno far più la rivoluzione l’aborto non piace, l’eutanasia non convince, la fecondazione artificiale ancor meno, il divorzio lascia perplessi. Nel dettaglio (a pagina 11 c’è un’ampia sintesi della ricerca), una metà abbondante dei ragazzi intervistati (52,7%) è contraria all’aborto, oltre dieci punti percentuali più dei favorevoli (42,2%). Sarà poi anche vero che il divorzio è legge da più di trent’anni, ma nel 2006 al 59,8% di chi si dice favorevole si oppone un robusto 38,2% che non è d’accordo. Mica poco. Ancora più netto il dissenso sull’idea del “figlio a ogni costo”: il 46,1% dei ragazzi è contrario alla fecondazione assistita, la metà del campione (i favorevoli sono al 47%). E l’eutanasia? Il 43,6% la vede positivamente, ma più di un terzo dei giovani (34,1%) dice di no, senza contare quel 19,1% che non si pronuncia dichiarandosi candidamente ignorante in materia. Attenzione a dire che questa generazione «x» non è rivoluzionaria. Lavoro, famiglia, vita: ma dove li trovate adulti così anticonformisti?
Fonte: Avvenire (ovviamente)