MicroMega propone un referendum sull’eutanasia

«Oggi, chi aiuta un malato terminale che rifiuti di continuare ad essere torturato (e della sua sofferenza come tortura, solo chi la vive può essere giudice) rischia una condanna fino a 15 anni di carcere. Questo commina l’articolo del codice penale che sanziona l’assistenza al suicidio. Articolo abnorme. Articolo che un paese civile dovrebbe avere da tempo abrogato. È più che tempo, perciò, che nasca un movimento referendario che, abrogandolo, renda il nostro paese meno lontano dagli standard europei di civiltà». Così si conclude l’editoriale non firmato (dunque attribuibile al direttore della rivista, Paolo Flores d’Arcais) che apre il numero 10/2006 di MicroMega in edicola da venerdì 1 dicembre. Il numero ha nel frontespizio la seguente dedica: “Questo numero è dedicato a Piergiorgio Welby e al suo impegno di vita contro la tortura di Stato e di Chiesa” che nell’editoriale è motivata in questo modo: «Questo numero è dedicato a Piergiorgio Welby, un uomo che ama profondamente la vita e che ha deciso di impegnarla fino all’ultimo nella più importante e cruciale delle battaglie civili: quella per la vita, appunto, contro le lobby della tortura di Stato e di Chiesa che pretendono di sottrarre il diritto che ciascuno ha sulla propria vita, imponendo un’agonia di sofferenze inenarrabili a chi, sulla propria vita, ha invece preso una decisione differente. Piergiorgio Welby è oggi copresidente dell’associazione Luca Coscioni, e di fronte alla mancata risposta di tutte le autorità alla sua richiesta (“è possibile che mi sia somministrata una sedazione terminale che mi permetta di poter staccare la spina senza dover soffrire?”) si è visto costretto a rivolgersi all’opinione pubblica con una drammatica lettera aperta: “Caro Presidente, nonostante la mia pubblica richiesta di essere sedato per staccare il respiratore, nessuno vuole prendersi questa responsabilità. Quindi, l’unica via percorribile resta quella della disobbedienza civile che – insieme a Marco Pannella e ai compagni radicali – non potremmo e non potremo far altro che mettere in pratica un giorno da decidere”. Piergiorgio Welby è affetto da distrofia muscolare, e aveva di recente inviato una lettera al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che resta uno straordinario documento di tensione morale e passione civile (da leggere in tutte le scuole, se l’ora di “educazione civica” fosse una cosa seria. Lo si può trovare sul sito www.lucacoscioni.it). Quello che Piergiorgio Welby chiede, in un paese civile dovrebbe andare da sé. Basterebbe, infatti, che ciascuno ponesse e si ponesse con serietà la domanda: a chi appartiene la tua (mia) vita? O a chi la vive, o a qualcun altro, individuo finito e mortale come lui. Ma se valesse questa seconda ipotesi, saremmo esattamente e tecnicamente nell’orizzonte dello schiavismo, dove la tua (mia) vita appartiene a qualcun altro, che ne può dunque fare ciò che vuole. E non si ricorra all’escamotage clericale secondo cui “la tua (mia) vita appartiene a Dio”. Libero, chi la pensa così, di obbedire alla volontà del suo Dio (che poi è null’altro che la propria convinzione di fede, dunque è pur sempre la sua propria decisione), ma niente affatto libero di imporre una tale concezione a chi in Dio non crede, o crede magari nello stesso Dio (fatto uomo, morto sulla croce, e risorto il terzo giorno) ma è convinto che la volontà di quel Dio renda lecito ciò che Piergiorgio Welby chiede (in Italia i cristiani valdesi, ad esempio). Se la decisione sulla propria vita non appartiene a chi la vita la vive, viene meno ogni fondamento per qualsiasi altro diritto umano, poiché ogni altra libertà di scelta (libertà di religione o di ateismo, di orientamento sessuale, di opinione politica, di preferenza professionale, di matrimonio eccetera) è solo un’articolazione della Scelta sulla propria vita, in essa si iscrive e fuori di essa collassa».

Comunicato stampa di MicroMega

5 commenti

netzer

sono assolutamente contrario a un referendum in materia di eutanasia per molte diverse ragioni ma mi limito qui a dire la più pratica: la potenza mediatica cattolica è tale da condizionare fortemente la maggioranza degli italiani determinando un risultato scontato

Gianni

Sono daccordo su tutto quello che si dice nell’articolo, ma starei attento a proporre un referendum. Rischierebbe di fare la stessa fine di quello sulla fecondazione medicalmente assistita.
Bisognerebbe prima di tutto riformare lo strumento del referendum, riducendo drasticamente il quorum (o eliminandolo del tutto), in maniera che la corazzata clericale non possa vincere con l’astensionismo.

Giuseppe

D’accordo sul fatto che il quorum vada abbassato o addirittura eliminato (magari alzando il numero di firme necessarie a chiedere un referendum altrimenti staremmo continuamente alle urne…): chi non va a votare manifesta il proprio disinteresse verso le questioni referendarie, un disinteresse anche legittimo se si tratta di argomenti tecnici o che non interessano, ma allora che a decidere sia chi esercita il proprio diritto di voto e non la massa indolente che, a seconda dei casi, diventa determinante per una o l’altra fazione.

A proposito di cosa ne pensano gli italiani, ecco un sondaggio, da prendere con le molle:

http://www.repubblica.it/2006/11/sezioni/cronaca/welby2/sondaggio-ipr-eutanasia/sondaggio-ipr-eutanasia.html

RazionalMENTE.net

Posso capire che la situazione di Piergiorgio venga presa come esempio per una lotta di civiltà contro la tortura di Stato, insomma per il diritto individuale a disporre della propria vita.

Debbo dire però che mi dà molto fastidio che il suo caso venga strumentalizzato, anche nel senso buono del termine, per portare avanti tale lotta.

Credo che la sofferenza di Piergiorgio meriti maggior rispetto. E’ pazzesco che una persona nelle sue condizioni debba stare sotto le telecamere e comparire anche su Blob. Se non c’è pietà da parte dello Stato e della Chiesa, mi sembra che ce ne sia poca anche da parte di chi lotta per il diritto di Piergiorgio all’autodeterminazione.

Insomma vorrei che il caso di Welby sia considerato com’è giusto uno dei tanti casi per cui lottare, e non il protagonista di questa lotta che se sarà vinta si concluderà con la sua morte. Vedo del cinismo in tutto questo.

Filippo

Concordo con chi mi precede sul rischio di un referendum che, come quello sulla fecondazione, possa essere facilmente boicottato con l’astensione.
Trovo peraltro cruciale (mi si consenta il termine…) l’osservazione conclusiva del comunicato, quella che sottolinea come la disponibilità di sè è il fondamento di qualunque pretesa o diritto liberale.
Da tempo mi chiedo come sia possibile far emergere questa ovvietà, ma non riesco a trovare una risposta convincente.

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