Se il velo si converte all’ultima moda

Persino i manichini hanno la faccia triste nei grandi magazzini Sogeda, una catena di negozi di proprietà di un uomo d’affari giordano recentemente installata anche ad Algeri e specializzata nella vendita di hidjab. Veli e abiti lunghi dozzinali diversi da quelli dei negozi specializzati in foulard di tutti i colori e gusti, esposti con molta fantasia sulla Didouche Mourad, la via che attraversa il centro di Algeri. Qui si trovano anche i più costosi foulard – il cui prezzo arriva a 50 e più euro – che favoriscono la traspirazione e rendono la copertura del capo più sopportabile, soprattutto in estate. Quella del foulard e vestiti abbinati (tunica e pantaloni in stile orientale) è la nuova moda che si è imposta nella capitale algerina e che ha cambiato i costumi. Fino a qualche anno fa le algerine o vestivano all’occidentale oppure portavano l’hidjab nella versione più ortodossa che copriva tutto il corpo, secondo le imposizioni della reislamizzazione voluta dal Fronte islamico della salvezza. Ora il panorama è molto più variegato: il classico hidjab di colore neutro e scuro abbinato al fazzoletto è portato da una minoranza di donne che camminano con gli occhi bassi e la faccia triste. Poche sono anche quelle che portano il tradizionale bavaglio bianco ricamato. Parecchie donne hanno adottato lo stile orientale, che compre comunque le forme del corpo, seguendo quella voglia di «orientalismo» che sembra alimentare in questo momento la ricerca di identità. […] Anche quella dell’ortodossia islamista tuttavia è un’arma a doppio taglio: con il velo una donna, sostengono ora i fautori più «moderni» dell’islam radicale, può anche lavorare. E così molte donne si sono rese indipendenti, perché i mariti, secondo l’islam ortodosso devono mantenere la moglie e quindi la donna non è tenuta a partecipare alle spese di famiglia e con il suo salario può comprarsi vestiti o anche la macchina. Oltrettutto la nuova ondata di islamizzazione non riguarda solo gli strati popolari ma anche settori della borghesia, più benestanti. Del resto le nuove tenute islamiche sono costose non sono come il vecchio hidjab «copri miseria» che serviva in molti casi proprio a nascondere la povertà. Per le vie di Algeri le due visioni della società, quella secolarizzata e quella islamista, sembrano convivere, si sfiorano senza toccarsi. L’islam non è più aggressivo e i laici non si sentono costretti ad opporsi dall’aggressione, o forse sono stanchi di resistere e lasciano terreno libero ai nuovi «evangelizzatori». L’impressione è che questa ondata di islamismo sociale abbia isolato i laici che cominciano a sentirsi una minoranza, a doversi difendere, a ritrovarsi in alcuni quartieri della capitale, dove le donne si possono incontrare tranquillamente sulle terrazze dei bar anche senza il foulard. Si tratta di nuovi quartieri ricchi dove i negozi espongono vestiti secondo la moda di Parigi e Londra, oppure tradizionali maghrebini ma di buona sartoria. Mentre negli altri quartieri sono i businessman di Giordania, Siria e Kuwait a sfruttare la nuova «hidjab mania». Il governo algerino a differenza di quello tunisino e maroccchino non interviene sul velo. E come potrebbe farlo dopo aver concesso l’amnistia ai militanti dei gruppi islamici armati, molti dei quali sono tornati a insegnare nelle scuole.

Il testo integrale dell’articolo di Giuliana Sgrena è stato pubblicato sul sito del Manifesto

2 commenti

Gérard

Oggi non è facile vivere in Algeria e come sempre, sono le donne che ne fanno la spesa .
Bouteflika è pro Occidente quando viene in Europa, e poi pro- Islam quando torna nel suo paese ( Il G.I.A. ossia Groupe Islamique Armè è rimasto minaccioso, in quanto si sarebbe legato ultimamente ad Al Qaida )

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