Napolitano, Ratzinger e la laicità

Giorgio Napolitano ha fatto parte della Convenzione incaricata di preparare la bozza di trattato costituzionale europeo la quale tace sul principio della laicità delle istituzioni. Non tace invece sul rapporto fra Unione europea e chiese come dimostra il fatto che vengono accolte le richieste di queste ultime – con la Chiesa cattolica che funge da capofila – di avere un ruolo istituzionale nel processo democratico europeo. L’articolo 52.3 del trattato stabilisce che l’Unione “mantiene un dialogo regolare” con le chiese e le associazioni o comunità religiose degli stati membri “ riconoscendone l’identità e il contributo specifico”. Questa dicitura è ambigua e lascia aperta la porta a imprevedibili sviluppi futuri; per esempio non esclude che l’Unione europea possa aggiungere altre specifiche regole, che si traducano in specifici poteri, o privilegi o immunità, nei confronti delle confessioni religiose. Infatti, la COMECE (la Conferenza dei vescovi europei) in una lettera all’allora commissario Romano Prodi specificò ciò che intende per dialogo regolare: un droit de regard su tutte quelle leggi che interessano le chiese prima che i testi arrivino in aula. Non mi consta che Giorgio Napolitano abbia avuto qualcosa da obiettare, in sede di Convenzione, all’articolo 52,3. Grazie al gran polverone sollevato dalle gerarchie cattoliche, Papa in testa, circa la necessità di menzionare le radici cristiane nel preambolo del trattato, l’articolo 52,3 è passato sotto silenzio. Poi, una volta licenziato il trattato dal Consiglio europeo, lo stesso cardinale Ratzinger ha espresso il suo apprezzamento per il ruolo istituzionale riconosciuto alle chiese. Dal canto suo il Church Times di Londra scrisse: “Sfido chiunque a trovare un altro trattato internazionale nel mondo moderno che dia tanta centralità ai credi e alle pratiche religiose”. In occasione del referendum sulla procreazione assistita, l’intervento massiccio del Vaticano ha dimostrato in anteprima il significato che le gerarchie cattoliche intendono dare al loro nuovo ruolo istituzionale. E da allora è stato, da parte del Vaticano, un crescendo di richieste e di precisazioni di “diritti” mentre da parte dei politici come al solito genuflessi, la reazione, quando c’è stata, è stata timida e frammentaria. Nel suo primo discorso da capo dello Stato, diversamente dai suoi predecessori, Napolitano non ha usato l’appellativo “Santo Padre” riferendosi al Papa e questo ha fatto ben sperare i laici come la sottoscritta. Speranza che è andata a farsi benedire con gli interventi del capo dello Stato di questi ultimi giorni in cui si è rivolto a Benedetto XVI chiamandolo ripetutamente “Santità”. Non è un dettaglio. Il cerimoniale diplomatico segue regole precise. Il titolo ufficiale del capo della Chiesa cattolica è “Romano Pontefice”. L’appellativo “santità” denota particolare riverenza e soggezione verso la persona alla quale è rivolto. A me dispiace profondamente che il presidente della Repubblica italiana si rivolga al Papa a questo modo. Pochi giorni fa, in occasione della “Giornata per la ricerca sul cancro” Napolitano ha dichiarato che Stato e Chiesa dovrebbero ricercare “soluzioni ponderate e condivise sulla libertà di ricerca, sui suoi codici, sulle regole e i più complessi temi bioetici”. In serata ha precisato che spetterà al Parlamento trovare queste soluzioni e che non si riferiva a nessuno dei temi in particolare ma il fatto che riconosca alla Chiesa cattolica – un organismo non eletto quindi non rappresentativo – la dignità di interlocutrice su temi di pertinenza parlamentare disturba gli equilibri democratici. Fa pesare il piatto della bilancia a favore dei cittadini cattolici, già ben rappresentati in parlamento dai deputati appartenenti alla stessa religione. Per completare il quadro, è bene ricordare la minaccia di punizione fatta dalle gerarchie vaticane a quei parlamentari che non applicheranno i principi della dottrina morale cattolica. “Chiesa e Stato sono chiamati a servire gli stessi valori di moralità e di equità” ha detto l’altro ieri Giorgio Napolitano, forse dimenticando che lo Stato non difende valori ma principi, quelli sanciti nella Costituzione della Repubblica e nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, peraltro non sottoscritta dalla Santa Sede. All’atto pratico: per lo Stato la pedofilia è reato, per la Chiesa (e per Ratzinger in persona) reato non è, ma solo peccato. Per lo Stato la contraccezione è lecita, mentre la chiesa condanna l’uso del profilattico anche nel caso di popolazioni decimate dall’aids come quelle del Ruanda e per noi tale condanna è assimilabile alla istigazione a delinquere. L’Italia ha firmato le convenzioni del Consiglio d’Europa contro la discriminazione delle donne, mentre la Santa Sede non le ha firmate e discrimina le donne anche al suo interno. Per lo Stato, le coppie di fatto non vanno discriminate, per la Chiesa sì e lo stesso dicasi per i non credenti i quali, per la Chiesa sono persone “senza fondamento”. Lo Stato vuole eliminare, almeno in teoria, privilegi e discriminazioni. La chiesa invece esige i primi e pratica le seconde. Grave anche l’affermazione di Napolitano secondo cui la Chiesa e lo Stato hanno una “comune missione educativa”. La missione dello Stato è di unire tutti i cittadini, di educarli allo spirito critico e alla libertà di coscienza mentre la Chiesa divide, intimorisce, assoggetta. Vorrei sbagliarmi ma ritengo non esagerato dire che siamo all’emergenza democratica.

L’articolo di Vera Pegna è stato pubblicato sulla newsletter dell’Avvenire dei Lavoratori

7 commenti

Daniele Gallesio

«L’articolo di Vera Pegna è stato pubblicato sulla newsletter dell’Avvenire dei Lavoratori»

Immagino che non sia il supplemento sindacale de “L’Avvenire” dei vescovi, vero? 😉

Stefano

Quando a Ballarò hanno parlato di laicità e religione, il prete di turno ha detto che nella costituzione europea devono essere insertite le radici cristiane perchè quando lui viaggia per l’Europa vede sempre chiese in ogni città.
Io però so che in ogni città ci sono anche i viali con le prostitute e siccome è il mestiere più antico del mondo e tutta la razza umana si riproduce per via sessuale, propongo di inserire le radici puttanesce d’Europa!!

A parte gli scherzi, penso che Vera Pegna abbia ragione, perchè se si da troppo spazio alle organizzazioni religiose, si rischia di fare la fine del medio oriente.

francaMente

“Vorrei sbagliarmi ma ritengo non esagerato dire che siamo all’emergenza democratica”

forse è sbagliato dire che siamo all’emergenza democratica (non è che prima andava molto meglio e ora siamo caduti nell’emergenza), comunque che delusione quest’appiattimento di Napolitano, queste affermazioni su eticità, educazione, valori .
A quando sacramenti e, perchè no, fede e dogmi?
Ma forse si è totalmente identificato nel fatto che lui rappresenta tutti gli italiani e si sa che cosa pensa (pensa?) la maggioranza
A proposito, dato che è il santo con l’audience più alta (dopo il nano bionico di arcore) chissà che dirà prossimamente Napolitano su padre pio – ne proporrà la figura quale esempio dei valori fondanti della democrazia repubblicana?

dadaLito

“comunque che delusione quest’appiattimento di Napolitano, queste affermazioni su eticità, educazione, valori”

scusa, ma di cosa deve parlare il presidente della repubblica, che è il garante della costituzione e dei valori in essa rinchiusi? non può fare politica in quanto deve essere super partes… è ovvio che è un vestito costringente, quello del quirinale, ma avresti preferito andreotti dal papa?

tadeo

Ma Italia e nell mediterraneo occidentale o nello orientale?

RazionalMENTE.net

Non è una questione geografica, ma storica, non di spazio, ma di tempo. Siamo nel medioevo. Forse faremmo bene a usare le cartine geografiche dell’epoca, così, giusto per coerenza.

Le Indie dove saranno? A Est? A Ovest? Bah!!

simone-pegasus

Sarà pur vero che la Chiesa ha forti influenze nello stato italiano… ma grazie a Dio che esiste un’istituzione come è la Chiesa che dà delle direttive per il bene della persona umana.

Commenti chiusi.