Primi esperimenti di coscienza artificiale

Una stella marina robotica ci introduce ai processi della coscienza artificiale. Infatti lo strano “animale” ha un modello di sé ed è in grado di revisionarlo se viene danneggiato o quando cambiano inaspettatamente le condizioni ambientali. A darne notizia è la rivista “Science”, con una pubblicazione del 17 novembre dal titolo “Resilient machines through continuous self-modeling”. Messo a punto da un gruppo di ricerca della prestigiosa Cornell University di Ithaca (New York State), leader internazionale nel campo della robotica, il prototipo è dotato di quattro arti che gli permettono la locomozione in modo coordinato e autonomo. A robot che simulano il comportamento di alcuni animali siamo, in un certo senso, già abituati. La vera novità riguarda l’algoritmo di funzionamento: la stella marina non è programmata con un set rigido di istruzioni, ma è capace di percepire e controllare il proprio stato fisico seguendo un procedimento analogo a quello adottato dai cuccioli di animali e dai bambini, nel corso delle prime fasi di vita.
Quando il robot “viene messo al mondo”, tutto quello che conosce di se stesso è la presenza degli arti, non come sono disposti reciprocamente o come adoperarli per compiere i primi passi. In altre parole, il robot non è programmato per camminare. Allo stesso modo di un animale neonato esplora e manipola il proprio corpo ed impara ad usare gli arti per muoversi (a quattro zampe). E’ così che seguendo un vero e proprio metodo scientifico (ipotesi di lavoro, sperimentazione, elaborazione finale di una teoria), riesce a camminare […]
“La maggior parte dei robot si basa su un modello laboriosamente predisposto dagli ingegneri – spiega Hod Lipson, professore di ingegneria meccanica e aerospaziale alla Cornell University – noi mostriamo, per la prima volta, come il modello possa emergere all’interno dello stesso robot. La macchina non ha un solo modello di se stesso, ma elabora simultaneamente diversi modelli “candidati”, che competono tra loro per dare la migliore spiegazione delle esperienze che va facendo. […] il robot escogita un nuovo metodo di locomozione, imparando finanche a zoppicare se un arto viene danneggiato.
Questa proprietà è definita in termine tecnico “resilienza”. Il robot è “conscio” ad un livello primitivo – sostiene Josh Bongard, docente all’Università del Vermont, che ha collaborato al progetto – costruisce autonomamente una descrizione del proprio corpo e quindi un senso di sé; poi usa tutto ciò che ha appreso per tentare differenti tecniche di movimento: prima di agire è come se chiedesse a se stesso: “Cosa potrebbe succedere se faccio questo? O quello?”.
La stella marina rappresenta un dispositivo abbastanza semplice ma gli sviluppi futuri potrebbero portare alla realizzazione di sistemi complessi in grado di gestire situazioni di incertezza decisionale (come quelle che si possono verificare, per esempio, nelle esplorazioni spaziali o nelle emergenze ambientali) o alla messa a punto di modelli idonei a studiare aspetti fondamentali del comportamento animale ed umano, quali i fattori che favoriscono la resilienza o l’emergere della coscienza.

Fonte: LaStampa.it 

7 commenti

oz

Questo di sicuro, e non trascurerei neanche la legge zero 🙂

A parte le battute, se a qualcuno interessa sono andato a leggermi l’articolo originale e, come spesso accade con le scienze, le notizie riportate con titoli sensazionalistici sulla stampa generalista si rivelano ben altra cosa. Senza nulla togliere agli autori della ricerca (robotica e intelligenza artificiale sono campi in cui è tremendamente complicato fare anche le cose che per un essere vivente – dalle monere all’uomo – sono più banali) non vedo grandi innovazioni concettuali. Il robot effettua un movimento, registra i dati dai sensori, elabora 15 modelli stocastici che possono conciliare il movimento coi dati ottenuti, elabora il test che metterebbe “più a dura prova” i modelli, lo esegue e sceglie il modello migliore; reiterando il procedimento, trova un modello complessivo che sembra funzionare. Il tutto in un sistema estremamente semplice, è tutto da vedere se le necessità di calcolo rimarrebbero accettabili anche per robot complessi (e utili).

Mi sa che per parlare davvero di coscienza dovremo aspettare i cervelli positronici 😉

RazionalMENTE.net

I cattolici usano la fuzzy logic. Ai tempi di Wojtyla usavano la RPL (logica polacca inversa). La Chiesa Cattolica è stata la prima ad usare l’intelligenza artificiale… PER BEN OVVI MOTIVI.

darkzero

Chissa’ se, quando ci sara’ davvero un’intelligenza artificiale (tipo androidi), questo porra’ fine una volta per tutte alla ridicola questione dell’esistenza dell’anima, oppure se i cattolici organizzeranno stermini di massa degli androidi perche’ minano l’unita’ della famiglia o perche’ sono figli del demonio…

Sono stanco di loro, dell’Italia…

Finlandia, arrivo…

guido giachetti

no io nn vo in finlandia vo in svizzera comunque darkzero ha perfettamente ragione

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