[…]L’etica del vivere e morire (ma anche del convivere, della famiglia) non è qualcosa che appartiene ai vescovi, disponibile solo al loro discernimento. Appartiene ai credenti, ai non credenti, e all’ultima istanza che per ambedue è la coscienza. Anche gli atei son chiamati a pensare l’eutanasia come tema eticamente delicatissimo, necessitante una rivoluzione linguistica e mentale. In Germania l’eutanasia è tabù per ragioni storiche, non religiose. Come aiutare allora a morire, come staccare la spina divenuta intollerabile al malato? L’amore e la compassione vogliono aiutare sempre più, man mano che cresce la responsabilità. La legge non è compassione ma può contemplare come mai si è così immensamente esteso questo bisogno d’amore legato al diritto di morire. Tutto sta nel muoversi lungo un crinale stretto, evitando le chine scivolose: una cosa è uccidere e un’altra il lasciar morire, il confine è tenue ma esiste. Lasciar morire è qualcosa di cui possiamo riprender possesso, fin d’ora: restando fedeli a valori irrinunciabili ma aprendoci a quegli «atti d’amore» e responsabilità cui accenna don Verzè, quando racconta come staccò la spina a un amico, anni fa. Se c’è consenso del sofferente si può lasciar morire interrompendo le cure, somministrando dosi crescenti di antidolorifici, staccando anche la protesi che è il respiratore. Non lasciare il malato solo con il suo morire, davanti all’onnipotenza della scienza medica: questo è oggi l’imperativo. Quel tipo di vita, appeso a una macchina impersonale e indifferente, ha da tempo cessato di essere un valore: tanto meno un valore indisponibile. Se la Chiesa lo considera ancora tale, vuol dire che s’identifica con quel potere e quella macchina dissacratrice.
Il testo integrale dell’articolo di Barbara Spinelli è stato pubblicato sul sito della Stampa
Davanti all’impotenza della scienza, direi. La scienza al contrario della religione non pretende di essere né onnipotente, né onnisciente. Anzi è perfettamente consapevole dei propri limiti e proprio per questo non deve impossessarsi della vita dell’uomo. In passato problemi simili non ce n’erano, si moriva e basta. In futuro la scienza potrebbe far vivere una persona in stato vegetativo forse ben oltre la durata biologica naturale della vita. Se dessimo retta alla Chiesa, avremmo in futuro milioni di persone in stato vegetativo collegate ad altrettante macchine, un po’ come succede per gli embrioni congelati o per chi si è fatto ibernare. Né la scienza, né la Chiesa possono decidere del destino di un individuo. Ognuno deve essere padrone della propria vita e poter decidere come essere curato e fino a che punto.
Il cavillo, se ho capito bene, è lo stesso che viene usato per quella ragazza in coma da circa 14 anni. La ventilazione polmonare e l’alimentazione non vengono considerate cure mediche e pertanto non possono essere rifiutate.