Sulle coppie di fatto ha di recente scritto un libro (“Legati da un soffio”, Sperling & Kupfer), ma il suo primo «contratto per la convivenza» Annamaria Bernardini De Pace, una delle divorziste più famose d’Italia (tra i suoi assistiti Simona Ventura, Katia Ricciarelli e Romina Power), lo ha stipulato nel 1987, segno che anche in mancanza di una legislazione, chi può, la convivenza se la regola già.
Avvocato, in che occasione quella prima volta?
«Si trattava di una coppia di omosessuali molto in vista. Vennero da me perché uno era piuttosto facoltoso e l’altro no. Il primo voleva dimostrare alla famiglia che non si era preso in casa un mantenuto, così abbiamo messo per iscritto una serie di accordi, che prevedevano anche l’ipotesi di una separazione. Sono rimasti insieme per dieci anni».
E poi hanno litigato.
«Sì. In 19 anni, di contratti per coppie di fatto ne avrò stesi una cinquantina, alcuni si sono separati. I contratti però hanno sempre retto. Forse perché i due conviventi erano così contenti di essere riusciti in qualche modo a giuridicizzare il proprio rapporto che poi hanno rispettato ciò che avevano sottoscritto».
C’è un contratto di convivenza tipo?
«No, ogni coppia ha le sue necessità. C’è chi vive lontano, chi vive insieme ma è ancora sposato… Il problema è regolare i rapporti tra due individui senza che lo Stato intervenga, sulla base dei diritti del cittadino che la legge già riconosce».
Ma che cosa prevedono questi contratti?
«Di tutto. Si va dalla suddivisione dei compiti domestici alla proprietà degli acquisti che si fanno insieme, dall’inventario dei beni posseduti prima della convivenza alla suddivisione delle spese, fino a prevedere un’indennità nel caso in cui uno dei due rinunci a lavorare per i figli. Per esempio, nel caso di quella prima coppia, l’uomo facoltoso era costretto a viaggiare molto spesso e aveva chiesto all’altro di smettere di lavorare per seguirlo. Così abbiamo previsto per lui un’indennità mensile, e poiché si era messo in aspettativa, il convivente doveva pagargli anche i contributi. Se i conviventi sono di diversa religione gli accordi regolano anche quello. Entrambi poi stipulano il contratto di locazione, e negli accordi per la convivenza si prevede chi resta in quella casa e chi no, e l’eventuale indennità a cui ha diritto quest’ultimo. Infine io consiglio sempre di stipulare delle polizze sulla vita, come pure di creare un fondo di risparmio comune da dividere in caso di separazione o da usare nelle emergenze, e anche una procura che permetta a un convivente di rappresentare l’altro in caso di malattie gravi o invalidità».
Che cosa invece non rientra negli accordi di convivenza?
«Non si può obbligare l’altro alla fedeltà sessuale, a prestazioni sessuali, alla badanza. Non si può chiedere l’obbligo o non obbligo alla procreazione, all’adozione, a riconoscere gli eventuali figli. Chi stipula un contratto di questo tipo deve essere libero di stato, cioè separato o divorziato, e non si possono stipulare patti successori perché l’eredità è già regolata per legge. Un convivente che ha eredi legittimi non può lasciare tutto all’altro, ma solo la quota disponibile per legge, cioè il 25% di ciò che possiede».
Ma che validità hanno questi contratti?
«La stessa di un accordo privato. Se non viene rispettato lo porti in tribunale e lo fai rispettare».
Quanto costa stipulare un contratto di convivenza?
«Molto meno di un matrimonio o una separazione».
Chi sono i clienti tipo?
«Non ce ne sono. Negli anni ho assistito gente dello spettacolo e infermieri, stilisti e insegnanti, perfino studenti».
E la richiesta più strana qual è stata?
«Una coppia, anch’essa gay, litigava sempre su chi avrebbe tenuto il cane in caso di separazione. Il cane era stato regalato dal convivente più giovane al più anziano. Di fatto, però, se ne occupava sempre il primo. Alla fine, siccome non si trovava una soluzione e il cane avrebbe potuto essere causa di separazione, ho suggerito di farlo accoppiare. Ma non so come sia andata a finire…».
I contratti per conviventi già esistono
7 commenti
Commenti chiusi.
L’avvocatessa in sostanza dice “venite nel mio studio che sistemiamo tutto”… Bella pubblicità 🙂
Il problema resta cmq il rapporto coppia-Stato: fisco, reversibilità, eredità, assistenza, casa popolare…
Che cosa invece non rientra negli accordi di convivenza?
«Non si può obbligare l’altro alla fedeltà sessuale, a prestazioni sessuali, alla badanza. Non si può chiedere l’obbligo o non obbligo alla procreazione, all’adozione, a riconoscere gli eventuali figli.
—————- queste cose non dovrebbero essere previste più nemmeno nel matrimonio civile:
1. la sessualità è una proprietà dell’individuo, non è possibile vincolarla, neppure con un atto giuridico solenne come il matrimonio civile
2.la procreazione è una libera scelta dell’individuo, neppure dal matrimonio civile dovrebbe derivare l’obbligo di riconoscere i figli del coniuge(poniamo che una donna fingendo di usare la pillola contraccettiva si fa ingravidare dal marito che non vuole figli, perché il marito dovrebbe essere obbligato a riconoscere questo figlio non voluto?)
in fondo se tante coppie eterosessuali scelgono la convivenza in luogo del matrimonio civile è proprio perché non ne condividono la disciplina che è retaggio di una concezione autoritaria ed antiquata della famiglia, ma è possibile che uno debba essere condannato a risarcire i danni all’altro coniuge per essere stato infedele sessualmente o addirittura per avergli negato le prestazioni sessuali! sono cose che capitano nelle cause di divorzio, sono cose da Medioevo!
E non si dica che il matrimonio civile è una libera opzione, perché se le coppie di fatto non hanno diritti è chiaro che per averli sono costrette al matrimonio civile e con il matrimonio civile oltre le giuste garanzie, devono accettare l’intero pacchetto con le regole autoritarie quali appunto l’obbligo di fedeltà sessuale, l’obbligo di fare sesso con l’altro(lo scorso anno una sentenza civile ha condannato un coniuge a risarcire il danno all’altro perchè si rifiutava di fare sesso con lui!!!!), l’obbligo per il marito di riconoscere i figli della moglie…
E poi quanti accettano il matrimonio civile solo perché sono troppo innamorati dell’altro per non cedere al suo ricatto! io direi che forse più che riconoscere i diritti dei conviventi bisognerebbe modificare la disciplina del matrimonio civile.
http://gattomalvagio.blog.espresso.it/il_gatto_malvagio/
http://gattomalvagio.blog.espresso.it/il_gatto_malvagio/
L’obbligo di fedeltà sessuale mi sembra una cosa ovvia,scusate,a meno ché la coppia non sia dedita allo scambismo.A me darebbe fastidio se la mia ragazza pacsata,che rimane pur sempre la mia fidanzata,andasse a letto con cani e porci.
che esagerazione, non adottare la fedeltà sessuale come principio di vita, non significa che uno debba fare sesso con cani e porci, significa solo non porsi dei limiti a priori, se uno per esempio si innamora di un’altra persona oltre il proprio partner perché dovrebbe escludere questa persona dalla sua vita, purtroppo le relazioni affettive sono impostate ancora in termini di possesso…*
Come ho scritto sul mio blog, la questione dei PACS va valutata in senso giuridico, con distacco dall’opinione personale. L’unione more uxorio e il pacs in sé, di fatto, è un contratto e come tale va riconosciuto e regolato dalla legge. Non in modo uguale al matrimonio, certo, ma va riconosciuto nel suo valore e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento. I tempi sono cambiati e la legge deve adeguarsi.
Il pensiero personale, poi, è altra cosa ma deve starne fuori.