Sulle coppie di fatto è lite in consiglio dei ministri

Disegno di legge era e disegno di legge sarà. Il via libera sulle coppie di fatto arriva ieri al termine di un consiglio dei ministri tutt’altro che scontato, nel quale si fronteggiano due linee diverse. Da una parte il vicepremier Francesco Rutelli, presidente della Margherita, che rilancia la via parlamentare al provvedimento per non esporre troppo l’esecutivo sul piano politico, considerate le notevoli divergenze emerse in questi giorni nella coalizione (posizione, peraltro, condivisa anche dal ministro Clemente Mastella). Dall’altra Barbara Pollastrini e Rosy Bindi, titolari di pari opportunità e famiglia, che difendono invece la scelta originaria: una bozza c’è già, osservano, e il governo deve comunque sforzarsi di trovare una mediazione su un tema peraltro presente nel programma elettorale dell’Unione. Alla fine la spuntano loro. Il premier Romano Prodi, che media tra le opposte posizioni, riconferma infatti la linea di partenza: «Siamo persone serie e cercheremo di fare una cosa seria e saggia», dice. E allora avanti tutta con il disegno di legge per rispettare la scadenza concordata al Senato del 31 gennaio 2007. […]

Il testo integrale dell’articolo di Nando Santonastaso è stato pubblicato sul sito del Mattino

6 commenti

Paolo

Speriamo bene… Certo che dovermi affidare alla Bindi mi lascia perplesso, ma d’altronde anche Fini pare aver aperto almeno lo spioncino! 😉

Ernesto

E’ pazzesco che in Italia centinaia di politici trovino persino i Pacs “troppo rivoluzionari” quando in quasi tutti gli altri Paesi europei sono stati introdotti da governi di destra anni o in certi casi decenni prima che qui.
Non c’è da stupirsene troppo se non altro visto che il 90% di loro è nato durante la prima guerra mondiale. Le loro badanti dovrebbero mettergli la stricnina nella minestra se hanno a cuore le sorti della nazione!!!

Stefano

Spero che finalmente i parlamentari fondamentalisti cattolici vengano emarginati per il bene di tutti!

gianni

l’italia penso sia l’unico paese dove può cadere un governo non su grandi temi economini o di orogresso, ma per leggi sui diritti civili

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