La legge di Dio sullo Stato laico

Giovanni Miccoli, emerito di storia della Chiesa dell’Università di Trieste, preferisce sorvolare sui volantini, con su scritto «Lasciaci in Pacs», lanciati dal palazzo del manifesto durante il corteo papale dell’Immacolata Concezione: «E’ stata una discutibile goliardata, ma non ha senso parlare di violazioni delle norme del Concordato. Di più: non ha senso parlarne».
Professore, c’è in questo momento in Italia una nuova forte tendenza del Vaticano a riproporsi in termini di egemonia culturale?
Direi che c’è una linea di continuità che caratterizza il pontificato di Benedetto XVI come la seconda metà di quello di Giovanni Paolo II. Mi sembra che siano tre i nodi su cui c’è un particolare impegno della Santa Sede per ristabilire la propria egemonia culturale: la crisi delle grandi ideologie che crea un vuoto, sconcerto e incertezze: si vuole riempirla con una proposta forte. Ci sono poi tutti i problemi, seri e gravi, posti dalle nuove tecnologie nella ricerca biomedica con nuovi scenari che vanno regolamentati. E, per ultimo, c’è il profilarsi di società multietniche e multireligiose conseguenza delle migrazioni. La questione è che la Santa Sede tende a negare allo Stato la legittimità a legiferare autonomamente su queste questioni e mette in discussione la laicità dello Stato. Non a caso in un’intervista sul Corriere della sera di giovedì il cardinale Cafarra, come faceva Ruini qualche anno fa, parla di un concetto di laicità ormai superato.
Non c’è anche un quarto punto di preoccupazione per il Vaticano e cioè la mancanza oggi in Italia di un partito di riferimento come era la Dc?
Sì, questo è un problema oggettivo e reale: il venir meno della mediazione della Dc ha portato la gerarchia ecclesiastica a dover intervenire direttamente nel campo politico e civile italiano. E dall’altra parte i cattolici (ma non solo), divisi in vari fronti contrapposti, competono per catturare il consenso della Chiesa. Che così ottiene molta più udienza di prima. Non esiste più un Andreatta che in pieno Parlamento denuncia lo Ior di Marcinkus. Dentro la variegata Dc c’erano cattolici, come De Gasperi, che avevano il senso dello Stato e sapevano dire no alle richieste della Santa Sede, oggi sono più rari. Le domande del Vaticano passavano dal partito, mentre ora sono dirette e i due schieramenti concorrono per esaudire i desiderata della Chiesa.
Qualche giorno fa Ratzinger, incontrando i giuristi cattolici, ha messo in guardia contro la deriva laicista difendendo invece la laicità intesa come «effettiva autonomia dalla sfera ecclesiastica, ma non dall’ordine morale». Secondo lei in Italia oggi c’è davvero il rischio di un eccesso di laicismo?
No. Certamente, come ci sono insorgenze di vetero clericalismo, ce ne sono anche di vetero anticlericalismo. Ma il punto che va fortemente riaffermato è che la laicità non si può davvero considerare superata. Come faceva Giovanni Paolo II anche Benedetto XVI al sostantivo laicità affianca spesso un aggettivo: sana o legittima, ecc. Distinguendo un concetto di laicità valido e legittimo da uno non valido e illegittimo.
Come definirebbe la laicità?
Il concetto di laicità dello Stato, che ha una lunga storia di scontri e revisioni, implica il riconoscimento delle diverse ideologie e fedi senza farne propria nessuna. In una società pluralista e multiculturale, cioè democratica, è essenziale che lo stato si ponga in una posizione neutrale dando a ciascuno il legittimo spazio e cercando il proprio punto di riferimento nella Costituzione e nelle leggi. Originariamente la tradizione liberale vuole relegare la religione nella sfera privata, senza alcuna incidenza sul diritto di cittadinanza (che ovviamente era giusto). Discutibile invece era la prima pretesa, perché la religione è una netta espressione comunitaria e, come le ideologie e le varie fedi, ha un rilievo pubblico che va riconosciuto. D’altra parte l’enorme rilevanza pubblica che ha la Chiesa in questo momento in Italia nelle università, scuole, ospedali, istituzioni e nel dibattito culturale, mostra come sia una forzatura infondata parlare di una deriva laicista che sarebbe operante nel nostro paese. Attenzione perché la laicità non riguarda solo la religione ma anche le ideologie politiche: l’Urss non era uno stato laico, per esempio, ma portatore di un’ideologia che si presentava come una sorta di religione secolarizzata.
Il cardinale Grocholewki, due giorni fa, ha detto che «per la Chiesa l’importanza del matrimonio nasce dal diritto naturale: non tutto risale al diritto positivo». Qual’è la differenza tra i due concetti di diritto?
C’è una profonda differenza tra la concezione dei diritti nella dottrina ufficiale della Chiesa e quella che risale alla tradizione illuminista, da cui nasce poi la laicità dello Stato attraverso percorsi molto lunghi. Per il Vaticano i diritti devono fare riferimento a un ordine esterno oggettivo, un ordine morale dettato da Dio e inscritto nella coscienza, una legge naturale di cui la Chiesa è depositaria e interprete. In sostanza a ogni diritto corrisponde un dovere dettato dalla legge naturale. Nella concezione laica i diritti sono individuali e trovano il loro limite non in un codice esterno morale ma nel rispetto dei diritto altrui. E in quella che si può definire l’etica della responsabilità che non manca ovviamente di molti punti di incontro con l’etica cristiana.
Questa concezione dei diritti individuali però ha dei limiti…
In una società profondamente divisa in ceti forti e deboli, i detentori di poteri forti possono conculcare i diritti individuali di chi è più debole. Ciò che non è utile in questo contesto è affermare, come fa spesso la Chiesa, di essere depositaria di verità esclusiva. Nessuno nega che abbia il diritto di affermarlo, ma allo stesso tempo se vuole stabilire un dialogo, dovrebbe accettare che c’è molta gente che non le riconosce questa esclusività di verità. Anche perché ci sono diritti in conflitto tra di loro: il diritto del nascituro può entrare in conflitto con quello della madre o con il principio della maternità responsabile. Questo conflitto, tra l’altro, è stato riconosciuto nei secoli dalla Chiesa quando, ad esempio, contro gli eretici privilegiava il diritto alla difesa della «verità» rispetto a quello alla vita o si riconosceva la pena di morte a tutela dell’ordine sociale. Esiste un relativismo dei diritti che è legato ai processi storici e alla crescita di consapevolezza.
Non le sembra che il Vaticano stia cercando di fare concorrenza all’Islam e alla sua capacità di dettare legge nelle società dove è radicato?
Infatti il discorso che ha fatto spesso Ratzinger già da quando era cardinale è che la diffidenza del mondo islamico nei confronti dell’occidente è legata alla mancanza di senso di Dio e della sacralità. E quindi la via, per la quale l’occidente può diventare interlocutore valido e non creare timori nell’Islam, è proprio quella di recuperare con più forza una propria identità, che è anche un’identità religiosa e cristiana. Le argomentazioni su cui si buttano a pesce tutti, teocon e neocon, la Magna carta di Pera, insomma. Anche se con toni bellicisti rispetto a quelli ecclesiastici, parlano di recupero delle radici cristiane per fermare l’avanzata islamica.
In questo «relativismo dei diritti» qual è il ruolo dello stato?
Un’opera di equilibrio e di regolamentazione alla luce dei valori che ne fondano la convivenza, e intervenendo su temi che possono generare conflitto. Sui Pacs, per esempio, non si può parlare di volontà di sradicare la famiglia mentre c’è la necessità di regolamentare delle realtà che si sono affermate su larghissima scala. E’ qui che scatta la pretesa di mettere in discussione diritti e doveri dello Stato rispetto alla società civile. La cosa peggiore sarebbe la rinascita di una contrapposizione, antica e vetero, che non ha fatto bene al nostro paese, tra clericalismo e anticlericalismo. Però mi sembra che da parte della classe politica tutta ci sia una grande incertezza e debolezza, una scarsa chiarezza nei principi dei reciproci limiti e doveri. Ad esempio sarebbe del tutto ovvio che, in una società normale e consapevole, non fossero affissi simboli religiosi come il crocefisso nei luoghi pubblici, scuole o ospedali. Cosa che peraltro è stato il primo segno dell’alleanza Chiesa-fascismo che portò al Concordato del ’29. Anche perché segna un depotenziamento di quello che è il vero significato, forte e profondo, del crocefisso. Diversa cosa è lasciare la libertà alle persone di indossare i propri simboli di fede, il velo islamico o il turbante dei sikh.
Per concludere: ma tutti questi sforzi riusciranno davvero a spostare la società italiana nella direzione sperata dal Vaticano?
A me pare che in prospettiva la pretesa della Chiesa di essere depositaria delle soluzioni per la vita sociale è, a lungo andare, una battaglia perduta: depotenzia le capacità che il mondo cristiano può avere rispetto alla vita collettiva ed è un enorme passo indietro rispetto a quelle che potevano essere le prospettive aperte dal Concilio Vaticano II.

L’intervista è stata pubblicata sul sito del Manifesto

16 commenti

lik

“la religione è una netta espressione comunitaria e, come le ideologie e le varie fedi, ha un rilievo pubblico che va riconosciuto”

A parte il fatto che questo articolo è un’accozzaglia di cose già sentite (finalmente il manifesto si accorge che l’urss non era uno stato laico) ma alla fine si tratta di discorsi generali senza esempi concreti. Cosa vuol dire “riconoscere il rilievo pubblico della religione” concretamente? E pure delle sette? Un po’ come Zagrebelsky l’ultima volta con quel concetto di “interazione” che non vuol dire veramente nulla e soprattutto non si riesce a capire cosa pensa per esempio dell’infibulazione ecc.
Comunque è un passo avanti che il manifesto si renda conto “che il Vaticano stia cercando di fare concorrenza all’Islam e alla sua capacità di dettare legge nelle società dove è radicato”

lik

Razionalmente come fai ad essere d’accordo con giovanni miccoli e poi dire che l’anticlericalismo non è mai vetero?
E poi concretamente visto che sei d’accordo con questa affermazione “a religione è una netta espressione comunitaria e, come le ideologie e le varie fedi, ha un rilievo pubblico che va riconosciuto”
Spiega in che maniera debba venir riconosciuto.
Qui si continuano a fare discorsi teorici e filosofici che non approdano a nulla.

sergej

L’espressione “riconoscere il rilievo pubblico della religione” io l’ho interpretato come un riconoscimento del fatto che la religione ha un posto nella vita della società (la religione = le religioni), e stando alla definizione di Stato laico proposta, “compito” dello Stato non è censurare tutte le religioni, ma al contrario fare sì che tutte abbiano il loro “spazio”, anche a livello pubblico. Che vuole dire, secondo me, che lo Stato può, se vuole, mettere a disposizione le sue strutture per “eventi” ed esigenze legati alle fedi (ovviamente senza rapporti privilegiati con nessuno).
Come del resto fa con i partiti, etc etc

O almeno io ho interpretato così…

Giuseppe Murante

@lik:
Cheppalle lik, ma perche’ tutte le volte che il manifesto scrive qualcosa di giusto tu devi affannarti con la penna rossa e blu a trovare gli errori? Proprio non riesci ad argomentare quassopra senza cadere nell’anticomunismo viscerale?
Ti informo che il gruppo del manifesto e’ stato ESPULSO dal PCI nel 1967 proprio per avere duramente criticato l’invasione URSS della Cecoslovacchia, e non e’ mai stato particolarmente tenero con l’URSS stessa.
Quello che hai scritto in altri post sul fatto che il manifesto sarebbe un giornale filoislamico a prescindere e’ fazioso, tendenzioso e non risponde a verita’: cercare di CAPIRE una cultura non vuol per forza dire approvarla in tutto o in parte. Applichi a loro quello che tutti i religiosi applicano a noi: se non sei con noi, allora sei d’accordo con i nostri nemici (e cosi’ chi e’ ateo passa inopinatamente, anche lui, per filo-islamico!).
Pensaci. Qui non dovremmo fare la politica dei partiti, ma quella delle nostre idee LAICHE.

Gia che ci siamo, la frase “la religione è una netta espressione comunitaria e, come le ideologie e le varie fedi, ha un rilievo pubblico che va riconosciuto” vuol dire esattamente questo: noi laici non possiamo fare finta che la religione NON ABBIA RILIEVO PUBBLICO perche’ ce l’ha, in italia come altrove (..iran, mediooriente…), che a noi piaccia o (probabilmente) no. Se non lo riconosciamo, viviamo nel mondo dei nostri sogni.

Detto questo, ho mandato un paio di lettere a quel giornale rimproverandolo di non essere sufficiente attento al problema della laicita’ dello stato italiano. La cosa e’ documentata.

giops

in sostanza io son daccordo con questa visione:
“A me pare che in prospettiva la pretesa della Chiesa di essere depositaria delle soluzioni per la vita sociale è, a lungo andare, una battaglia perduta: depotenzia le capacità che il mondo cristiano può avere rispetto alla vita collettiva ed è un enorme passo indietro rispetto a quelle che potevano essere le prospettive aperte dal Concilio Vaticano II.”
Facendo come nehli ultimi mesi si allontanano dalla gente e dal mondo reale.

lik

Ma gaurdate che la gente è contraria al riconoscimento delle coppie gay in Italia, e comunque se la chiesa si impone è perché l’alleanza cattolica è molto forte in parlamento. Quindi da chi si sta allontanando concretamente? Dalle coppie gay? Ma quelle non le ha mai cagate.

lik

@ Giuseppe Murante:

Tutta questa filippica per non continuare a rispondere alla domanda essenziale: Qual’è concretamente il riconoscimento pubblico della religione che uno stato deve dare.
Valentino parlato del manifesto continua a non condannare l’invasione dell’Ungheria. Io poi non applico nulla, il manifesto non si limita a capire ma propaganda l’ideologia islamoterzomondista. Ti faccio notare che traduce Le Monde DIplomatique il gioranale senza il quale Tariq Ramadan non sarebbe nessuno in Europa e il cui direttore Gresh ha scritto un libro insieme a Ramadan che considera l’omosessualità una malattia e la sodomia la bestialità. Poi il manifesto continua a mettere in giro l’idea dei due pesi due misure nei confronti dei musulmani. Per esempio rimproverava alla Francia di non difendere la libertà di espressione dei negazionisti del genocidio armeno, mentre difendeva invece quella del filosofo Redeker. Ora dimenticano che Redeker è minacciato di morte mentre i negazionisti turchi che hanno sfilato a Lione contro il monumento dedicato alle vittime del genocidio armeno non sono colpita da una fatwa. Se tu non sei capace ad accettare nessuna critica sono problemi tuoi, io non sono un anticomunista primario, ma con i comunisti del manifesto non c’è nessuna laicità da poter costruire.

lik

E ripeto che dopo aver pubblicato articoli che sostenevano il boicotto della danimarca per le vignette blasfeme conto maometto, è veramente patetico che il manifesto continui a lamentarsi per essere stato strigliato a causa dei volantini anti papa. Che vadano davanti all’ambasciata iraniana o davanti ad una moschea per protestare contro le esecuzioni capitali in Iran che continuano contro i gay. Comunque per darvi un idea dell’ideologia che sviluppa il manifesto basta leggere questo:

Da un’intervista al sociologo Marco Revelli:
“Un’adesione formale?
E’ questo il punto. Quando andiamo poi a tradurre questo principio in un dettato normativo il discorso diventa problematico. Anche il migliore strumento si presta a usi perversi. Discriminatori o umilianti. Si istituiscono cancelli con dei guardiani che sottoporranno l’altro a degli esami in base ai quali diranno chi avrà accesso e chi no. Con degli effetti che se intravvedessimo fin d’ora ci farebbero inorridire. Come quella sorta di esami che fanno in Olanda e mi pare, in prospettiva, vorrebbe applicare anche la Germania.
L’obbligo a visionare filmati in cui si mostrano effusioni tra due persone dello stesso sesso, ad esempio.
Esattamente. Cose che da altre culture e, d’altra parte, dalla nostra stessa cultura solo pochi anni fa erano vissute come oltraggio. Con quale diritto noi sottoponiamo qualcuno a un oltraggio?”

Mio commento:
Dunque l’omosessualità è un oltraggio? Possiamo discutere sul fatto che i test erano riservati ad immigrati solo ad immigrati extracomunitari, e non a quelli comunitari, ma in base a quale logica il razzismo sarebbe inaccettabile mentre l’omofobia comprensibile? Comunque in Italia non penso il problema venga posto, non si possono fare paragoni con società come l’Olanda dove l’accettazione dei gay è altissima.

Giuseppe Murante

@lik
…non c’e’ modo di discutere con te in modo non fazioso, vedo.
Riporto dal tuo post:
“L’obbligo a visionare filmati in cui si mostrano effusioni tra due persone dello stesso sesso, ad esempio.
Esattamente. Cose che da altre culture e, d’altra parte, dalla nostra stessa cultura solo pochi anni fa erano vissute come oltraggio. Con quale diritto noi sottoponiamo qualcuno a un oltraggio?”

tu dici:
“Dunque l’omosessualità è un oltraggio?”
Da QUALE PARTE della frase “dalla nostra stessa cultura solo pochi anni fa erano vissute come oltraggio” deduci che questa sia l’opinione del giornale?
Vuoi negare che fino a pochi anni fa mostrare pubbicamente effusioni tra persone dello stesso sesso FOSSE considerato un oltraggio?
Si riportano dati di fatto, lik, qui come altrove.
Se tu non capisci o non vuoi capire… beh.. e’ un tuo problema.

lik

No io capisco benissimo l’ipocrisia di questi personaggi che scrivono lettere per combattere il razzismo della Fallaci e poi mi spiegano che sai non bisogna offendere i musulmani facendo veder loro due gay che si baciano. E ti ripeto che in Olanda è già un po’ di tempo che l’omosessualità non è più considerata un oltraggio. Mi sembra normale che gli immigrati sappiano che cosa li attende. Anche se ormai è troppo tardi queste cose dovevano essere fatte prima.

lik

Poi l’ultima chicca dell’articolo

“Per evitare fraintendimenti: pensa al modello canadese che consente alle autorità religiose di dirimere piccole cause civili?
Il contesto dovrebbe essere, ovviamente, quello del rispetto di alcuni diritti fondamentali. Ma non possiamo pensare di imporre i nostri principi attraverso sanzioni amministrative o penali senza neppure il tentativo di un confronto e soprattutto attraverso la forma con cui opera attualmente la nostra struttura giuridica, cioè con il regolo di ferro. Dobbiamo avere la possibilità di avviare forme di regolazione flessibile, capaci di rendere compatibili le differenze culturali con i principi fondamentali. Chiaramente non si possono permettere omicidi rituali, o la pratica dell’infibulazione, su questo non ho dubbi, ma su un buon numero di questioni…”

E i fraintendimenti non sono stati evitati perché non si è capito o no se Marco Revelli è contrario ai tribunali religiosi oppure no….

Giuseppe Murante

@lik
…miseria, io PERSONALMENTE non ho assolutamente nulla contro gli omosessuali, mi stanno sulle scatole quelli che hanno qualcosa contro di loro, ed ammiro il modello sociale olandese e/o scandinavo.
Di qui a pensare che tutto il mondo la pensi come me, pero’, ce ne passa.
Il punto la’ non era “non offendere i musulmani”, era piu’ “non pretendere dai musulmani una visione sociale piu’ avanzata di quella che la stessa societa’ italiana ha, o comunque aveva fino a pochi anni fa, come scusa per non farli entrare in Italia”.
Convieni, non e’ la stessa cosa.

L’articolo di Revelli lo conosco e NON sono d’accordo con lui, ne’ con il modello canadese in questione. Checche’ tu ne pensi, non tutti i comunisti e/o lettori del manifesto portano il cervello all’ammasso e “non sono capaci di accettare nessuna critica” 🙂

Secondo me pero’ e’ piu’ facile costruire una qualche visione laica con le persone del manifesto che con quelle de il giornale o di libero, ecco.

Per rispondere alla tua domanda fondamentale, che avevo lasciato indietro perche’ la risposta la davo per scontata: PER ME la religione non deve avere NESSUN riconoscimento pubblico dallo stato. E’ una questione personale, come il credere o meno agli ufo, agli elfi o allo spaghetti monster.
Purtroppo nel mondo in cui viviamo questo *non* e’ scontato, quindi sarebbe meglio che litigassimo meno tra noi (spero tu non ti offenda se ti conto come parte del “noi”) e cercassimo di piu’ di far valere le ragioni comuni.

lik

@ Giuseppe

D’accordo che non ci dobbiamo troppo litigare tra di noi, ma su certe cose bisogna avere le idee chiare, ora per me la sinistra radicale sviluppa delle ideologie MOLTO pericolose nei confronti dell’islam e non mi piace per nulla quello che è successo in Olanda, in Francia nella maniera in cui sono riusciti ad aizzare i giovani musulmani, perché fondamentalmente con questa sinistra radicale condividono lo stesso odio contro l’occidente e soprattutto Israele.
Poi ripeto il manifesto è stato veramente patetico quando ci sono state le vignette blasfeme contro maometto che si son messi a pubblicare articoli che difendevano il boicottaggio, leggiti l’articolo “un boicottaggio non violento” quello che è fantastico è il “non violento”
Quindi poi quando lanciano volantini contro il Papa mi fanno ridere su. Non so io proprio di questi non mi fido.

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