«Attraverso il caso di nostra figlia, abbiamo già portato a conoscenza delle massime cariche dello Stato e di moltissimi cittadini un problema fondamentale di libertà, che siamo stati gli unici ad aver sollevato, dopo esserci caduti dentro. Il caso ha voluto che a caderci dentro fossimo proprio noi: Eluana, Saturna e Beppino. Noi che con il dialogo avevamo già ben definito le nostre rispettive concezioni di libertà, dignità, vita e morte». Con una lettera ancora una volta i genitori della ormai 35enne lecchese da quasi 15 anni in stato vegetativo in una camera d’ospedale ribadiscono lo sconforto che ne segue alla decisione della Corte d’Appello di rigettare la richiesta di staccare la spina.
«In cuor suo, sapeva benissimo di essere un autentico “purosangue della liberta”. Sempre con la massima felicità era solita dire: “Posso essere solo vostra figlia, ma ricordatevi che in fatto di libertà alle volte siete più attenti di me!”».
Tante volte Eluana aveva discusso in famiglia sull’eutanasia esprimendo chiaramente la sua volontà di non condurre una «non vita». Da quando ebbe l’incidente sopravvive solo grazie ad un sondino nasogastrico. Un anno prima aveva visto finire in coma permanente il suo amico Alessandro e questo l’aveva rafforzata nella sua convinzione. Da allora i genitori si battono per esaudire «non solo un desiderio di nostra figlia, ma anche un preciso diritto alla morte. Quando si parlava di casi come quello che poi diventerà il suo, provava orrore. Ce lo disse a caldo, ma anche nei mesi successivi, con serenità e lucidità: “Non a me, ricordatevelo!”». «A noi genitori – si legge ancora nella disperata lettera – non è mai stato possibile dare un senso a tutto quello che siamo stati costretti ad ascoltare dai medici e a leggere nelle sentenze dei magistrati. Il senso che intendiamo noi fa riferimento esclusivo all’universo dei valori della famiglia, che è valido in tutto e per tutto solo per noi stessi. E’ necessario “andare oltre”: lo dicemmo ai medici allora e ci permettiamo di ripeterlo ora, con assoluto rispetto, ai magistrati che hanno affrontato per la settima volta il caso. Sarà sempre una battaglia di libertà fondamentale, solo ed esclusivamente dentro la società. L’obiettivo era e sarà la ricerca di nuovi spazi da aggiungere alla sempre evocata cultura della vita. La vera cultura della vita non ha nulla da temere ed è insopprimibile e non scardinabile, è iscritta nella natura umana alla pari delle libertà fondamentali naturali. Le libertà fondamentali fanno riferimento al diritto naturale che viene prima di ogni norma giuridica positiva e non siamo stati certi noi a scoprire il giusnaturalismo al quale ci riferiamo».