Crediamo che sia lecito sul caso Welby non ritrovarsi nelle permanenti e contrapposte crociate fra cattolici integralisti e laicisti anticlericali (rivendico una posizione terza: laico né anticlericale né devoto). Nel caso Welby – che si sviluppa sul terreno della malattia incurabile e sempre più invalidante, delle cure sempre più invasive fino a diventare totalmente oppressive, del pericolo di una morte terribile per soffocamento prolungato per ore, e per altro verso su un piano che può degradare fino ad approdare ad una strada che porta ad un’eutanasia «facile» e banale – riteniamo sia indispensabile ragionare senza dar spazio alle reciproche invettive. Sappiamo che questa posizione moderata si espone ad attacchi da entrambi i lati: il rischio di uno scontro gridato fra opposti esibizionismi su una materia che fa tremare le vene dei polsi francamente ci appare un oltraggio alla civiltà e alla ragione. Per questo non ci ritroviamo né con chi ha urlato «assassini», né con il surplus di attività politico-mediatica dei radicali.
Detto questo, non possiamo non fare due premesse. La prima parte dall’articolo 32 della Costituzione che assicura la tutela della salute a tutti, compresi gli indigenti, e la seconda secondo cui nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. In questo articolo c’è molto. In primo luogo c’è il pieno riconoscimento della validità della posizione liberale espressa dall’on. Martino che ha affermato che giudice delle scelte fondamentali è l’individuo, non lo Stato e tantomeno uno Stato guidato da una superiore scelta religiosa o ideologica. La Costituzione non dà il via libera all’eutanasia, ma consente all’individuo, d’intesa con il medico, di rifiutare l’accanimento terapeutico. Siccome, poi, l’individuo non è un’entità astratta, allora bisogna misurarsi con quello che angosciava Piergiorgio Welby e sua moglie Mina. Mina Welby ha detto: «Lui aveva paura di morire in una maniera terribile, soffocato come purtroppo è successo al povero Luca (Coscioni)». Ma chi siamo noi che ci arroghiamo il potere di dire a Welby che deve correre il rischio di morire in quella maniera orribile perché ciò è imposto dallo Stato o dalla religione? Certo altri, nelle stesse condizioni, scelgono di continuare a vivere correndo quel rischio: anch’essi hanno ragione perché a prevalere nell’una e nell’altra ipotesi è la scelta individuale, anche se il garante della reale condizione clinica è il medico. Riteniamo che questa tematica, schematizzabile per ragioni definitorie nella configurazione dell’accanimento terapeutico, sia distinta dall’eutanasia alla quale siamo contrari. Essa darebbe il via libera a una concezione lassista e relativista dell’importanza della vita umana (che in questa ipotesi potrebbe essere interrotta, con l’ausilio codificato di terzi, di fronte a un generico disagio) che riteniamo inaccettabile e molto pericolosa.
Aggiungiamo anche che non condividiamo l’operazione polemica di chi fa d’ogni erba un fascio e mette insieme le cose più disparate (la contestazione dei crocefissi nelle aule, la moltiplicazione delle moschee, la timidezza di alcuni insegnanti a celebrare il Natale nelle forme tradizionali per non offendere gli studenti musulmani, l’esistenza delle coppie gay o eterosessuali di fatto, il divorzio e l’aborto) per affermare che siamo alla vigilia di un collasso della civiltà occidentale e che l’unica strada è quella di proclamare una nuova crociata. Siamo convinti che ci troviamo di fronte a una situazione pericolosissima perché alcuni Stati (l’Iran) e alcuni gruppi politico-religiosi (Al Quaida, ma anche Hamas, Hezbollah) stanno conducendo un’autentica guerra di civiltà che ha per oggetto Israele e gli ebrei, ma in ultima analisi l’Occidente e lo fanno ricorrendo in modo sistematico al terrorismo dei kamikaze, indotto dal fondamentalismo islamico. Rispetto a questo gravissimo pericolo la sinistra europea e forse anche i democratici americani stanno su posizioni deboli, contraddittorie […]
Detto questo, bisogna che ci intendiamo non solo sulle tecniche di combattimento (la guerra al terrorismo), ma anche sui valori per i quali combattiamo. Reputiamo inaccettabile e pericoloso contrapporre al fondamentalismo islamico l’integralismo cattolico. Così come nella lotta al nazismo e al comunismo sono stati decisivi sia il cristianesimo, e in esso il cattolicesimo liberale, sia il liberalismo, anzi il liberalsocialismo (basti pensare a Carlo Rosselli e a Giuseppe Saragat). Così oggi crediamo in una contrapposizione al fondamentalismo islamico, che non riconosce la libertà di culto, di opinioni politiche e ideologiche, che opprime la donna e ogni ipotesi di libertà sessuale, proprio in nome di una dialettica degli opposti ben temperati: il pluralismo delle idee, delle organizzazioni politiche, il riconoscimento della libertà di culto, la parità totale fra uomo e donna, il rispetto nei confronti dei gay, l’accettazione del divorzio e dell’aborto non come valori fondanti ma come gestione ragionevole di altrettante sconfitte dell’individuo e della famiglia. […] L’Occidente […] deve confrontarsi anche sul terreno dei valori, che devono essere fondati su liberalismo e tolleranza non sull’integralismo perché altrimenti finirebbe col subire l’egemonia del nemico.
Welby e i (troppi) fondamentalismi
11 commenti
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Qualcuno mi spiega cosa c’entra il caso Welby con il terrorismo islamico e l’attacco all’occidente ? Che proprio non l’ho capito.
Mamma mia che voli pindarici sti politici
Lui non starà nè con gli uni nè con gli altri, io sto con il povero Welby, con la sua famiglia e con chi ha urlato vergogna ai preti.
forse non ho capito bene il senso, ma vorrei sapere quanto ha contribuito il cristianesimo a combattere il nazismo…….mi risulta abbia taciuto quando addirittura non ha appoggiato dittature di destra anche più recenti, comunque cicchitto parla tanto ma non dice niente, come è d’uso tra i politici italiani
“Il Giornale” by Cicchitto: il peggio del peggio del peggio.
Con sto cazzo di relativismo hanno veramente scassato la minchia… c’è per caso un articolo della constituzione che vieta di assumere posizioni relativistiche? così, tanto per sapere…
L’inizio è promettente, quasi sorprendente, venendo da un forziota ma…
ma perchè poi va a infognarsi nella guerra al terrorismo , lo scontro di civiltà e “perate” varie? Forse gli hanno scritto la prima parte e lui ha dovuto concludere da solo.
Sono cattolico. Come tale potete partire dal presupposto che sia idota o affetto dal virus della demenza, come ho letto in alcuni preziosi interventi su questo sito. Ritengo tuttavia utile, anche per portare una voce diversa in questo interessante dibattito, precisare alcune cose.
In primo luogo, per la dottrina cristiana non vi è alcun valore nella sofferenza in sé. Al contrario, vi è una profonda dignità nell’uomo sofferente. Cristo, con la sua morte sulla croce, ha dato dignità non alla sofferenza, ma a coloro che soffrono, dicendo loro «Non siete soli. Io da questo trono di dolore ho redento il mondo. Se ci credete anche voi, uomini sofferenti, potete gioire ed esultare con me». E dato che non è possibile eliminare dal mondo la sofferenza (per quanto si cerchi in tutti i modi di dare e darsi la morte quanto prima), converrete con me che è messaggio straordinario, tale da far dire da duemila anni a molti uomini – insieme al centurione – «veramente quest’uomo era figlio di Dio».
L’altra questione, più attinente al problema dell’eutanasia, è questa: nel caso essa sia legalizzata chi decide forme tempi e modi della sua materiale esecuzione? Il malato che scopre di essere terminale quando acquista il diritto di morire? Ed ancora, colui che a causa di una forte depressione vuoe morire, perché non può chiedere che qualcuno gli dia la morte? In fondo, secondo la definizione di “malattia” dell’OMS è anch’egli un malato e voi saprete senz’altro quale grande, terribile e subdolo male sia la depressione.
In altre parole, il problema credo sia questo: l’idea che da una legge possa nascere una libertà è un’idea banale e infantile, e voi dell’uaar che siete i profeti della libertà dovreste saperlo. Da una legge nascono piuttosto “convenzioni di liceità”: in tema di eutanasia, ad esempio, sarà “convenzionalmente lecito” chiedere di morire dopo un dato momento e “convenzionalmente illecito” chiedere di morire prima dello stesso. In quest’ultimo caso i malati verranno comunque compressi nei loro diritti di libertà; nel primo caso gli stessi potranno decidere sì di morire, ma solo dopo che gli era stato precedentemente impedito. Comunque sia la libertà – per come la intendete voi – ne risulta condizionata, affievolita, limitata, sconfitta. Una tale libertà perde tuttavia, a mio avviso la sua essenza, di talché forse è il caso di utilizzare altri termini, come “diritto di morire”. E voi sapete che non sempre “diritto” e “libertà” si sposano.
Permettete, a questo punto, che vi lasci con una testimonianza diversa da quella di Welby. Non per fare confronti o graduatorie. ho il massimo del rispetto per Welby e per la sua tragedia. Solo per portare un controbuto alla riflessione.
E’ in corso la causa di beatificazione di Giacomino Gaglione, casertano. Era figlio primogenito di una famiglia ricca. Il padre, un celebre avvocato e la madre una nobildonna. Amava lo studio e lo sport, le feste, i balli, e le belle ragazze. Un giorno cominciò a sentire strani dolori, gli si gonfiarono le articolazioni di piedi, delle gambe, i dolori diventarono atroci, dopo pochi mesi era paralizzato. Furono interpellati i più celebri specialisti, intraprese cure di ogni genere, interventi chirurgici, ma inutilmente. Giacomino amava la vita, voleva vivere ad ogni costo e si batteva contro la malattia come un leone. Era già fidanzato e perse la ragazza. La disperazione fu tale che tentò il suicidio. Un giorno lesse un articolo su Padre Pio, e disse: “Voglio andare a San Giovanni Rotondo perché voglio guarire”. Fu portato da Padre Pio, ma di fronte a lui dimenticò il motivo di quel suo viaggio. Non chiese niente al Padre, ma tornò a casa cambiato. Di fronte alle stigmate di padre Pio aveva “intuito” il valore della sofferenza. Visse ancora 50 anni. Stava disteso su quella sedia-sdraio di ferro, perché non poteva neppure essere messo in un letto. Poteva muovere solo le mani, e le usava per consolare altri sofferenti. Scriveva in media 3.500 lettere l’anno ad ammalati che avevano bisogno del suo incoraggiamento, scriveva articoli per varie riviste, fondò un periodico, partecipava e guidava pellegrinaggi a Lourdes, a Loreto, a San Giovanni Rotondo. Morì il 28 maggio 1962. Una grande folla partecipò ai suoi funerali facendo capire quanto bene egli avesse silenziosamente compiuto.
Cordialmente
La chiesa ha combattuto il nazismo?? ahahahahahahahah ma è incredibile se ne sentono di tutti i colori …. nemmeno con un bignami di storia si potrebbero dire certe fregnacce.
Ancora la storia dei nazisti devotamente pagani e odinici?? mamma mia
x Alves: Ogni persona reagisce alla sofferenza in modo diverso, quel tizio di cui tu parli ha fatto una scelta, altre persone reagirebbero in maniera diversa. E’ impossibile generalizzare, perche’ ogni persona e’ diversa l’una dall’altra. Il problema e’ che non si puo’ pretendere di imporre alla gente di vivere nella sofferenza, quando non hai speranze di guarire. Per questo si deve poter aiutare chi decide di farla finita, quando ci sono persone che non possono farlo da sole. Da una legge che introduca l’eutanasia non vedo quale compressione dei diritti abbiano i malati, chi ne vuole approfittare puo’ farlo in piena liberta’, senza ricorrere a sotterfugi, chi vuole continuare a vivere continui pure. L’esempio pratico vale piu’ dei tuoi discorsi pieni di sottigliezze, guarda come in Olanda l’eutanasia e’ stata introdotta senza traumi, ridicolizzando cosi’ le perplessita’ del clero e dei politici italiani.
Per finire quando mi porti l’esempio di gesu’ morto in croce, mi sembra solo masochismo e basta, ammesso che sia esistito davvero, e l’evidenza dei fatti mi dimostra il contrario,la morte di un uomo che non e’ mai esistito, come puo’ redimere l’umanita’? Se ci credi tu in queste fregnacce va bene, ma vallo a dire a un malato terminale, questo discorsetto, e vedi come ti risponde, o in quale posto ti manda a fare in ….
Come può esistere la sofferenza senza un soggetto che soffre? Cosa vuol dire non dare dignità alla sofferenza ma darla al sofferente? Come potrebbe essere spiegata la prima senza il secondo? Che il sofferente abbia diritto a veder riconosciuta la sua dignità in quanto sofferente è veramente un messaggio straordinario… anzi straordinerio! Un sofferente ha dignità in quanto uomo, e questo basta ed avanza. Poi si potrebbe parlare anche di sofferenza animale, ma lasciamo perdere: sgozzare agnelli (e non solo) è uno sport molto in voga in tante religioni. Ed è proprio in nome di quella dignità che ogni uomo dovrebbe decidere della SUA vita, di come viverla e anche di come perderla, qualora lo ritenga opportuno. La legge non può certo inventare libertà, ma sancirle e riconoscerle senz’altro; ed è proprio questo che Piergiogio Welby chiedeva.
“l’idea che da una legge possa nascere una libertà è un’idea banale e infantile. […] Comunque sia la libertà – per come la intendete voi – ne risulta condizionata, affievolita, limitata, sconfitta.” ecc..
e’ come dire che non ci dovrebbe essere il suffragio universale perche ai minorenni non e’ concesso e questo sconfigge la liberta. a me sembra semplicemente ridicolo. sospetto che neanche i peggiori reazionari dell’epoca abbozzassero argomenti simili per non concedere il diritto di voto.
Per essere stato scritto da Cicchitto e pubblicato su “Il giornale” mi aspettavo di peggio.