Credo che ci sia sempre bisogno, oggi più che mai, di testimonianze di speranza, di storie vere che ci riconciliano con il meglio dell’umanità.
Una di esse è sicuramente quella di Roberta Adami, una farmacologa di 43 anni dell’Isola d’Elba, raccontata in un reportage dalla rivista Jesus. Nonostante il tumore che le è stato diagnosticato nel 1991 e che l’ha costretta a sottoporsi a ben otto interventi chirurgici, dal 2001 si sta dedicando allo sviluppo di un ospedale cattolico del Burkina Faso in un contesto di grande povertà e carenza dell’assistenza sanitaria basilare.
Dice: «Morirò sapendo di aver piantato questo seme, e se gli uomini si incontreranno e se i muri si costruiranno, allora questo seme germoglierà».
Leggi la storia di Roberta.
finalmente un bell’esempio….
….da cariarsi i denti….
beh buon per lei.
ha uno scopo nella sua vita.
se fosse stato un ateo a fare tutto questo comunque, probabilmente “jesus” se ne sarebbe allegramente fottuto.
Non ho capito perché un ospedale debba essere cattolico, protestante o buddista. All’ospedale ci si va per curarsi, mica per avere i miracoli.
… se ne sarebbe interessata l’uaar. Spezziamo una lancia a favore dei credenti che lavorano fuori campo, che sono i migliori. Il potere dà alla testa.
Credente o no, almeno ha fatto una cosa davvero buona. Anche io non capisco come mai un ospedale debba avere connotati religiosi, tanto se stai male puoi essere anche un bracco inglese ma ti servono lo stesso le medicine e le cure.
Forse questa è una delle poche persone che si è voluta affidare a dettami religiosi interpretandoli a fin di bene e non a fin di soldi come qualcuno di nostra conoscenza!
Questo dimostra che ci sono sicuramente cose sulle quali credenti e non credenti possono essere d’accordo: ad esempio che c’è sempre chi sta peggio
Chiederei, sommessamente ed anche umilissimamente, alla devota e comunque ottima dottoressa Roberta Adami di spiegarci la differenza tra un ospedale in Burkina Faso ed un ospedale cattolico in Burkina Faso.
Penso che la differenza sia la stessa che passa tra madre teresa di calcutta e un operatore di medici senza frontiere.
In un ospedale cattolico ti “curano” anche l’anima; anzi, nel caso di sr. teresa direi che ti curano soprattutto l’anima (interessante la scheda sul sito UAAR).
Detto questo, non c’è dubbio che in nome della religione vengano fatte anche delle cose buone, e meno male.
Aspetta di finire a un pronto soccorso cattolico dove una cagna bastarda con un camice bianco non lascia entrare la tua compagna se sei lesbica e poi vedrai la cosa da un’angolaziona diversa…
Credimi sulla parola.
Ma come, dio la chiama e lei si rifiuta di andare a trovarlo?