Si diffonde la religiosità “diagonale”

[…] Assistiamo a una grandiosa trasformazione: il Cristianesimo si ritira dalla società europea come una bassa marea ed emigra in altri continenti. Le cause sono molte, anche se la rivoluzione francese e quella russa hanno avuto conseguenze devastanti per la religione. La pratica religiosa è diminuita in maniera consistente nei Paesi più sviluppati e in Giappone. Nella Cina che ci ostiniamo a chiamare comunista il 70% della popolazione si dichiara «non religiosa». In Italia il declino è stato costante negli ultimi cinquant’anni. Se guardiamo alle religioni istituzionali, il costante declino è presente in tutta Europa salvo la Russia. Ma si tratta di declino o di cambiamento? Accanto alla religione istituzionale ne esiste un’altra più intima e radicata nell’esperienza individuale. Una prova è data dal fatto che alla domanda tradizionale sull’esistenza di Dio si sono sostituiti strumenti più raffinati. Oggi spesso si domanda: «Lo chiami Dio o meno, si è mai sentito influenzato da una presenza diversa dal suo essere quotidiano?». Risponde positivamente, in Italia come in altri Paesi, fra poco più del 30% e poco meno dell’80% degli intervistati. Questa nuova forma di esperienza religiosa è più diffusa fra coloro che hanno un più consistente livello di istruzione, che già vivono nel nuovo universo culturale. Ma risponde positivamente anche un’elevata percentuale di agnostici e atei, il che significa che la parola religione acquisisce significati nuovi. Ma c’è dell’altro: chi fa capo a una religiosità meno organizzata, spesso dichiara di vivere l’esperienza religiosa in condizioni nuove e diverse, ad esempio: «incontrando amici carissimi», «ammirando la natura», «quando sono innamorato», «mentre faccio l’amore». Si arriva, quindi, alla conclusione che si sviluppa una religiosità «diagonale» rispetto alle tradizionali esperienze religiose, che attraversa in forme diverse le esperienze degli atei, degli agnostici, dei credenti praticanti e non praticanti. […]

Il testo integrale dell’articolo di Sabino Acquaviva è stato pubblicato sul sito della Stampa

11 commenti

Francesca

Domanda: “si è mai sentito influenzato da una presenza diversa dal suo essere quotidiano?”
Risposta: “Si, la CEI”

Scherzi a parte, mi sembra un pò un articolo riempibuchi, c’è dentro un gran pout pourri, e di fondo traspare l’idea che un essere umano sia solo la sua parte emotiva.

orso_zen

Secondo me, qui come altre volte, si gioca con i termini.
Bisognerebbe definere che cosa si intende con termini quali:
– religione
– dio
– presenza diversa dal suo essere quotidiano (!?)
– esperienza religiosa
– etc.
Finchè non c’è una chiara definizione si può dire tutto e il contrario di tutto.

Leo55

«Lo chiami Dio o meno, si è mai sentito influenzato da una presenza diversa dal suo essere quotidiano?»

Bhe….se incontro un gatto nero che mi attraversa la strada, oppure un funerale, spesso faccio le corna o altro.

Inoltre le varie reti televisive locali abbondano di cartomanti, chiromanti, chiaroveggenti, maghi otelma e do nascimiento……

Marco G.

Può esistere un luogo comune più balordo di quello secondo cui “la rivoluzione francese ha avuto conseguenze devastanti per la religione”? Se oggi in Francia le comunità ebraiche e protestanti possono contare su qualche centinaio di migliaia di aderenti è solo grazie alla rivoluzione francese. Il declino della religione in Europa è cominciato con le guerre del XVII secolo. Oggi gli storici considerano la rivoluzione francese un processo di un secolo che va da Turgot a Gambetta dove l’anticlericalismo giacobino non è che un episodio fra tanti e di breve durata. Come mai i paesi scandinavi, che non hanno mai avuto rivoluzioni, o l’Inghilterra, che ne ha avuta una un secolo prima seguita da una restaurazione monarchica che dura fino ai nostri giorni, sono paesi altrettanto secolarizzati della Francia?

Ernesto

La religione declina in tutti i Paesi in cui si diffonde benessere e istruzione, perché priva la religione dei suoi due fondamenti principali: la sofferenza quotidiana e l’ignoranza.

davide

Questa nuova forma di esperienza religiosa è più diffusa fra coloro che hanno un più consistente livello di istruzione, che già vivono nel nuovo universo culturale. Ma risponde positivamente anche un’elevata percentuale di agnostici e atei, il che significa che la parola religione acquisisce significati nuovi. Ma c’è dell’altro: chi fa capo a una religiosità meno organizzata, spesso dichiara di vivere l’esperienza religiosa in condizioni nuove e diverse, ad esempio: «incontrando amici carissimi», «ammirando la natura», «quando sono innamorato», «mentre faccio l’amore».
si sta tornando a una cosiddetta religione naturale in cui la componente spirituale sta tornando ad essere non più trascendente alle cose ma profondamente radicata in esse; questo porterà all’alba di un nuovo giorno in cui si realizzerà ciò che predicava Zarathustra: transvalutazione di tutti i valori e quindi progressivo indebolimento del sistema etico cristiano. Perchè quindi preoccuparsi tanto e non gioire per la lenta avanzata di una spiritualità laica che si basa sull’esperienza umana senza demonizzarla, destinata a soppiantare quella cristiana?

fabio

“Nella Cina che ci ostiniamo a chiamare comunista”

in che senso? revisionismo storico? Non vorrete dire che la cina non è comunista?
Che gente strana! Continuano a chiamare Hitler nazista, Mussolini fascista, Stalin comunista, etc etc

http://fabiosacco.blogspot.com/

Damiano

“la rivoluzione francese ha avuto conseguenze devastanti per la religione”

… e grandi benefici per l’umanità, non vi dice niente?

Aldo

Articolo: “Ma c’è dell’altro: chi fa capo a una religiosità meno organizzata, spesso dichiara di vivere l’esperienza religiosa in condizioni nuove e diverse […]”

Vedrete che salterà fuori qualche furbone che troverà il modo per istituzionalizzare e sfruttare anche questa “nuova” tendenza. Penso che in proposito un etologo avrebbe da spiegarci ben più di un sociologo o di un antropologo. In effetti, credo proprio che la stesura dei libri di testo di storia dovrebbe essere affidata proprio a qualche etologo serio e capace. Potremmo scoprire tante cose…

Mauro Ghislandi

Ma che atei sono che rispondono positivamente alla domanda «Lo chiami Dio o meno, si è mai sentito influenzato da una presenza diversa dal suo essere quotidiano?»?
Personalmente, è da quando mi hanno detto che Gesù bambino non esiste e i regali li mettono sotto l’albero papà e mamma che cerco qualche traccia di una “presenza diversa”, ma proprio non ne ho trovate. Sfiga?

Francesca

@Mauro Ghislandi

Infatti, a mio parere, il problema è proprio questo, un ateo o agnostico dovrebbe essere colui che rifiuta qualsiasi forma di trascendenza, se si tratta unicamente di un rifiuto della religione, ovvero di un sistema organizzato di credenze, è solo una persona non religiosa.

Quello che traspare dall’articolo è la convinzione, pericolosa, a mio parere, per la razionalità, che un essere umano non possa prescindere dall’avere necessità di qualche forma di trascendenza, ignorando che moltissime persone vivono la loro vita con pragmatismo e concretezza, senza per questo essere incapaci di provare sentimenti, che sono, questi si, davvero naturali. Ovvero, è lo stesso discorso che fanno le varie autorità religiose, solo, visto dall’altra parte.

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