Caro direttore, monsignor Betori, segretario generale della Cei, ha affermato: «Pensiamo di non dover porre accanto alla famiglia che si costituisce tra un uomo e una donna, una famiglia diversa che attraverso l’inevitabile concorrenzialità finirebbe con lo scardinare la famiglia tradizionale». Bel modo di ragionare. Sarebbe come dire, non so, che non bisogna immettere un nuovo prodotto sul mercato, poiché finirebbe per danneggiare la vendita d’altri prodotti già in commercio. Ma non sarebbe il caso, invece, di entrare nel merito, e appurare se quel prodotto è buono oppure no? Vale a dire: è giusto che alle coppie di fatto siano riconosciuti determinati diritti, oppure no? Ma perché la Chiesa, riguardo ai Pacs, si arrampica sugli specchi con inconsistenti argomentazioni, e non dice la verità? Se ne vergogna forse? Perché non dice chiaramente che non ritiene giusto riconoscere diritti alle coppie di fatto, giacché le reputa tutte indistintamente in una situazione di grave peccato, vale a dire fornicazione per le coppie eterosessuali, secondo l’art. 2353 del Catechismo; e grave depravazione per le coppie omosessuali, secondo l’art. 2357? Suvvia, cari ecclesiastici, un po’ più di coraggio.
La lettera di Elisa Merlo è stata pubblicata oggi sul Riformista
Si sentono in colpa: l’Illuminismo ha insegnato anche a loro (subconsciamente) che peccato e reato dovrebbero essere distinti e quindi si inventano improbabili giustificazioni sociali…