Bioetica, la svolta che non c’è

La riduzione del numero complessivo, l’aumento del numero di donne, e la diminuzione dell’età media dei componenti costituiscono aspetti positivi del nuovo Comitato Nazionale per la Bioetica, che si è riunito venerdì scorso per la prima volta. Ma sono positività di tipo formale, che non bastano a dare quel segnale di novità sostanziale che ci si attendeva dall’esecutivo di centro-sinistra. La novità vera avrebbe dovuto prendere corpo cominciando con l’alternanza della Presidenza: la destra aveva designato un cattolico, e la sinistra avrebbe dovuto nominare un laico, o almeno un esponente di un’altra confessione, ad esempio un valdese, o di un’altra religione. La conferma di un altro cattolico romano rappresenta una continuità col passato che stona, segno di una preoccupante mancanza di vitalità su temi di grande rilevanza sociale. È vero che, per la ferma opposizione di alcuni ministri, si è evitata la presidenza a D’Agostino. Ma c’è poco da stare allegri per questo. Il fatto stesso che si sia pensato alla ricandidatura di D’Agostino è di per sé molto grave: D’Agostino è stato nominato presidente per ben due volte da Berlusconi ed una sua riconferma avrebbe significato che, in bioetica, non c’è alcuna differenza tra destra e sinistra. Un passo indigeribile che, saggiamente, è stato abbandonato. La scelta di Francesco Paolo Casavola, studioso serio che peraltro si è occupato abbastanza poco di bioetica, resta comunque deludente perché non muta la linea direttrice sul tema. Né, a questo punto, ci si può appellare alla differenza tra i «cattolici duri» e quelli «moderati», che su alcuni temi della bioetica e della famiglia (es. ricerca sulle staminali embrionali o sul divorzio) hanno posizioni diverse da quelle della dottrina ufficiale. Infatti, a parte uno stile caratterizzato da un’apprezzabile pacatezza e moderazione dei toni, sul piano teorico – a quanto è dato sapere dagli scritti – le posizioni di Casavola sono strettamente conformi, e sen za smagliature, alla dottrina cattolica, e quindi equipollenti a quelle di D’Agostino. In questo senso il centro-sinistra non cambia rotta rispetto alla destra e non apre al pluralismo etico con la decisione richiesta. Può darsi che la mia analisi sia sbagliata. Ma se non lo è, allora la nomina di Casavola mostra che, in Italia, anche ai cattolici «moderati» – come ai laici – è precluso l’accesso a posizioni istituzionali che diano rilievo pubblico alla loro posizione. Sulla loro candidatura, come su quella dei laici, cala il veto inflessibile delle gerarchie ecclesiastiche, le quali esigono persone affidabili capaci di confermare l’immagine di una solida «Italia cattolica». Questi veti – che hanno precluso la presidenza studiosi come Stefano Rodotà o Giuseppe Benagiano – fanno sì che in Italia si apra la «questione bioetica» – analoga per certi aspetti ad altre «questioni» che hanno caratterizzato la storia del nostro paese. Sarebbe stata auspicabile maggiore maturità ed autonomia da parte di Prodi non solo nella scelta del presidente, ma anche in quella della composizione complessiva. Oltre ai 35 membri ordinari, il CNB è composto da 5 presidenti onorari, dei quali due (Rita Levi Montalcini e Giovanni Berlinguer) sono di orientamento laico, e tre cattolici (Bompiani, D’Agostino, Ossicini). È prevedibile che, al contrario dei cattolici, i due laici parteciperanno raramente ai lavori del CNB. Dei 35 membri circa 19 o 20 sono cattolici duri, dell’università cattolica (3 erano e 3 sono rimasti, nonostante il taglio del numero complessivo), di Scienza e Vita o di altre associazioni accreditate presso le gerarchie ecclesiastiche. Alcuni di questi (come Lucetta Scaraffia o Assunta Morresi) sono noti per le dure critiche alle posizioni dell’Onu e dell’Unione Europea sul controllo delle nascite. Dei rimanenti, 6 o 7 sono di altra religione o laici «moderati» (ossia che operano la contrattazione politica già a livello teorico, invece di farla su quello applicativo), per cui la bandiera della laicità è difesa solo da 8 o 9 membri al massimo (su 40). La conta non è al millimetro, perché non sempre è chiara la collocazione teorica dei diversi membri, ma resta che – ancora una volta – i cattolici sono sovradeterminati rispetto alla situazione del paese reale. Infatti, è senz’altro vero quanto affermato da un sottotitolo de l’Unità del 9 dicembre: «Le statistiche rivelano un Paese molto più avanti delle sue leggi e della sua classe dirigente». Inoltre, al di là dei dati statistici, la rivoluzione bio-medica sta cambiando le strutture della nostra esistenza, cosicché in ogni caso è urgente promuovere una cultura ed una moralità aperte all’innovazione delle istituzioni e delle leggi. L’avere concesso ai cattolici il controllo pressoché monopolistico del CNB è un fatto grave, che ostacola la crescita della coscienza civile e la diffusione dei nuovi valori richiesti per riuscire a cogliere appieno la positività delle innovaz ioni offerte dalla rivoluzione bio-medica. Invece di essere viste come opportunità che ampliano la libertà, e quindi favoriscono la crescita morale, esse verranno presentate alla meglio come «rimedi» o «mali minori» da accettare sempre con qualche un senso di colpa o di imperfezione. Per questo, la composizione del CNB è deludente: dal governo di centro-sinistra avremmo voluto più coraggio nel difendere la laicità e minore acquiescenza alle richieste delle gerarchie cattoliche. C’è un altro aspetto che conferma questo quadro preoccupante. Oltre al CNB, Prodi ha nominato Francesco Donato Busnelli quale rappresentante italiano all’European Group on Ethics in Science and New Technologies, cioè alla Commissione etica di Bruxelles. Un altro cattolico in sostituzione del cattolico Carlo Casini. Perché, almeno lì, non un laico che rappresentasse l’Italia a Bruxelles? Si è detto che ci voleva un giurista: perché allora non Amedeo Santosuosso, direttore dello European Center for Lif e Sciences, Heath and the Courts ed autorità internazionale nel settore? Ancora una volta, pur essendo una minoranza, i cattolici hanno fatto la parte del leone. Poiché la speranza è l’ultima a morire, a dispetto dell’analisi fatta l’augurio è che il nuovo presidente faccia in modo che il CNB abbandoni la pretesa di lavorare in base ad una specifica etica prescrittiva, prospettiva che inevitabilmente porterebbe al tristo tentativo della maggioranza cattolica di imporre a tutti la loro etica, costringendo la minoranza a mozioni di dissenso. Il CNB dovrebbe cercare di approfondire e scandagliare quella che Carlo Flamigni chiama la «etica descrittiva», operando il chiarimento dei vari aspetti dei temi affrontati e delle implicazioni comportate dalle diverse possibili scelte. Questo modo di operare eviterebbe dall’inizio le fastidiose contrapposizioni e i tentativi di estenuanti mediazione che hanno caratterizzato i documenti precedenti: il lavoro del CNB diventerebbe un’opport unità di crescita della coscienza morale e della coscienza civile, con un guadagno netto per tutti. In attesa di vedere se i fatti confermeranno o no i pronostici e gli auspici, un’ultima osservazione. Quanto accaduto col CNB è la spia di atteggiamenti ed orientamenti diffusi nella leadership del centro-sinistra, pronta a concedere alle gerarchie ecclesiastiche la bioetica e i diritti civili ad essa collegati. Com’è possibile l’unità della sinistra e le ampie convergenze auspicate, se si concede tanto spazia a chi pone come requisito imprescindibile l’ossequio a valori «non negoziabili»?

L’articolo di Maurizio Mori è stato pubblicato due giorni fa sull’Unità

2 commenti

Daniela

leggendo i nomi già si era intuito che le cose non sarebbero cambiate

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