Pacs: il commento di Chiara Lalli

Il disegno di legge sui Pacs, ancora in fase di bozza, sta appassionando gli animi come uno sceneggiato interminabile: colpi di scena, tradimenti, ripensamenti e compromessi. Con la differenza che il risultato del dibattito parlamentare condizionerà molti cittadini italiani, al contrario del matrimonio fallito tra il bello e la fanciulla di turno. Ci sono alcuni articoli che rischiano di svuotare il testo normativo del suo significato originario – garantire tutele ai conviventi – e di renderlo un involucro vuoto. Successione, assegni familiari e reversibilità della pensione: concessi, ma con calma. Perché devono passare alcuni anni tra la certificazione di convivenza e la garanzia dei suddetti diritti. Quanti? Dipende dal ministro. Barbara Pollastrini suggerisce 5 anni; Rosy Bindi invece ne pretende 10, o addirittura 15. Che sono il tempo di uno sbatter di ciglia rispetto all’eternità; ma che sulla Terra sono una generosa porzione dell’esistenza umana. Se uno dei conviventi muore prima del raggiungimento della fatidica soglia? Perché i conviventi devono dimostrare la “bontà” della loro unione misurata in durata-anni? No alle adozioni per le coppie di fatto: perché il fantasma degli omosessuali si diverte a terrorizzare gli animi pavidi dei politici. I quali non si prendono nemmeno la briga di riflettere su questo scenario o di cercare le ragioni (senza invocare pregiudizi e luoghi comuni) per vietare ad una coppia omosessuale di adottare. E non osano ricorrere apertamente alla discriminazione che tranquillizzerebbe i loro animi: sì alle coppie eterosessuali, no a quelle omosessuali.

L’articolo di Chiara Lalli è stato pubblicato oggi su E Polis con il titolo Intorno ai Pacs il gran far west della politica