Testamento biologico, il via a Genova

È l’unico uomo in Italia ad avere redatto un testamento biologico la cui validità legale è stata riconosciuta prima dal comitato bioetico dell’ospedale San Martino di Genova, quindi dalla direzione sanitaria che alle volontà del paziente si deve attenere. E queste volontà dicono: «Rifiuto il mio consenso ad ogni accanimento terapeutico, ivi compresa l’idratazione e l’alimentazione forzata». Bruno La Piccirella, psicologo sulla soglia della pensione, ha raccontato la sua storia in un dibattito sul testamento biologico organizzato dall’Unione atei e agnostici alla biblioteca Berio di Genova. Il «paziente dissenziente», in questo modo era stato fino ad ora indicato, ha un’identità. «Non voglio diventare un cadavere vivente — dice — così ho preso le mie precauzioni».
E spiega: «Dopo una visita medica ho scoperto di avere un fattore di rischio. Sembrava che fosse necessario intervenire subito chirurgicamente, invece questo non è avvenuto. Ma il fattore di rischio è lì, se mi dovessi aggravare finirei in sala operatoria». L’intervento coinvolgerebbe l’ossigenazione cerebrale e La Piccirella su questo ha le idee chiare: «non voglio diventare un vegetale. Se dovesse andare male, per me niente macchine per la respirazione artificiale e nessuna alimentazione forzata». Ha chiesto una prima volta di poter esprimere la sua volontà al comitato bioetico del San Martino ma gli è stato risposto che come «privato cittadino» non poteva avere un parere, doveva essere formalmente un paziente. Così lo psicologo si è rivolto a un primario dell’ospedale che ha posto il quesito.
È stato un percorso burocratico non facile, ma La Piccirella ce l’ha fatta, il comitato ha redatto un «consenso informato» che è in realtà un dissenso: «È stata inserita una clausola nella normale dichiarazione di consenso che specifica quello che io non voglio mi sia fatto, quello per cui non dò la mia autorizzazione. In sintesi, se non ci sono possibilità di cura voglio che mi lascino morire in modo naturale». Tutto risolto? No, ovviamente. Il documento va aggiornato periodicamente e La Piccirella ne ha chiesto una copia all’ospedale per poterla esibire in caso di necessità anche se c’è sempre il rischio che il primario di un altro ospedale contesti questo «dissenso informato». Per ora, in tasca ha una fotocopia. È un po’ strano parlare di eventualità terribili che possono colpire la persona che ti sta di fronte ma lo psicologo genovese sdrammatizza: «Guardi, io sto benissimo. Sono a rischio, ma chi non lo è? La differenza è che io sono venuto a sapere, un po’ per caso, esattamente qual è il mio rischio e ho potuto valutarne le conseguenze. Per il resto, la morte è un tabù, non siamo capaci di parlarne». Perché ha partecipato a quel dibattito dell’Unione atei e agnostici, è un’idea che condivide? «Ne sono attratto…va beh, diciamo pure che sono un iscritto. Sul testamento biologico sono aperto al confronto. Durante il dibattito sono state fatte molte domande, anche obiezioni alla mia scelta». Ad esempio, che la vita non è nella disponibilità dell’individuo ma di Dio. «Bene — ribatte La Piccirella — ma se io non posso decidere se essere attaccato o no a un respiratore, se essere o no alimentato a forza, chi è che lo decide al mio posto? Un’istanza superiore? No, un medico, un uomo come me. E se non posso decidere io della mia vita in quanto uomo, perché deve decidere un altro uomo?. Ormai è stata medicalizzata la morte, non la vita. Si creano infinite agonie come quella della povera Eluana. Io ne voglio parlare senza fanatismi. Non considero il mio no a cure inutili su un corpo inerte, quando la persona ormai non c’è più, una forma di eutanasia passiva. L’eutanasia passiva non esiste, esiste invece il consenso o il dissenso informato, come il mio». E la legge sul testamento biologico? «Non so se ne avremo mai una. Ci spero, e soprattutto spero che si faccia bene».

Fonte: Corriere.it

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