Divineshadow, ombra divina, ha lo sguardo affilato su un volto magro e spigoloso. Capelli radi, occhiali quadrati, porta un gessato senza cravatta. Alle sue spalle, in una foto che circola sul web, si nota una piramide tronca sovrastata da un occhio incorniciato da un triangolo. Sembra un simbolo massonico, ma se la osservi bene, ti accorgi che quella è solo l’immagine stampata sulle banconote da un dollaro. Sì, perché i soldi a Fabio Ghioni, alias Divineshadow, il capo della sicurezza informatica di Telecom finito in carcere giovedì 18 gennaio, piacevano. E parecchio. Chi, davanti ai magistrati, ha parlato di lui, spesso ha raccontato che Divineshadow pretendeva una commissione del 10 per cento sulle forniture destinate alla security. Che fosse così in azienda lo vociferavano un po’ tutti, ma le verifiche sul comparto sicurezza, ha detto il responsabile dell’audit Armando Focaroli, non avevano mai fatto saltar fuori nulla anche perché dovevano essere condotte in “modo soft”.
Nella Telecom di Marco Tronchetti Provera, Ghioni del resto, occupa a partire dal 2002 un posto chiave. Difende i server dagli attacchi dei pirati del Web e attacca a sua volta i computer di quelli che considera nemici della multinazionale: giornalisti, manager, compagnie telefoniche concorrenti come Vodafone e anche le industrie di pneumatici che possono in qualche modo dar fastidio alla Pirelli di Tronchetti. La sua è guerra informatica continua. Una battaglia virtuale a colpi d’intercettazioni telematiche e invio di virus creati da un gruppo di ragazzi che hanno mutuato il loro nome dal gergo dei marines: il Tiger Team. […]
L’ambizioso ‘Tavola’ coltivava un sogno. Trasformare la sua security in una società autonoma in grado di vendere servizi sul mercato. Cosa fossero in grado di fare, i ragazzi di Telecom lo avevano dimostrato durante il vertice Nato di Pratica di Mare e la conferenza intergovernativa per l’approvazione della bozza per la Costituzione europea, quando la sicurezza delle comunicazioni e quella informatica erano state affidate a loro. Nel 2005, poi, come racconta con orgoglio proprio il cattolicissimo Tavaroli davanti al pm Nicola Piacente, i suoi uomini erano persino stati messi al servizio del Vaticano. “Abbiamo fornito prestazioni in materia di bonifica ambientale e di sicurezza delle telecomunicazioni anche in occasione dell’ultimo Conclave”, dice Tavaroli l’11 ottobre, facendo riferimento all’elezione di papa Ratzinger. Del resto proprio la costituzione pontificia emanata da Giovanni Paolo II prescrive all’articolo 51 accurati controlli contro microtelecamere e microspie da affidare a “persone di sicura fede e provata capacità tecnica”. Oggi fonti ufficiali della Santa Sede interpellate da ‘L’espresso’ assicurano che le bonfiche sono state eseguite da personale interno. Resta il fatto che Tavaroli non ha mai mancato di ostentare la sua fede e i suoi legami con le gerarchie ecclesiasitiche. Quando è stato perquisito, tra i documenti sono emerse parecchie carte che riguardano l’Opus Dei. E alla prelatura fondata da Escrivà de Balanguer fa anche riferimento un appunto, datato gennaio 2003, in cui il big boss della security elenca quelli che vengono indicati come “targets” (obiettivi), forse da colpire o forse da infiltrare: compaiono tra le altre le diciture “Cl-università cattolica”, un riferimento a ‘Tabacci’ (probabilmente Bruno, il parlamentare Udc), la sigla Ag, che normalmente sta per autorità giudiziaria, e quella della Guardia di Finanza, cioè Gdf, e poi i nomi di Umberto Bossi, del forzista Aldo Brancher e, infine, una serie dei giornali come ‘L’espresso’, ‘la Repubblica’, ‘il Mondo’ e tutto il gruppo Rcs. […]
Dio, patria e spioni
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Stile Codice Da Vinci
il cavalieri e gli artisti. giovani scritori padani? che confuzione? teoria infondata non e’ vero
i sondaggi dicono …..