Italiani che vanno a messa e italiani che dicono di andare a messa

[…] Uno dei dati che comproverebbe la tenuta e la vitalità del cattolicesimo in Italia è la frequenza alla messa domenicale. Da più di trent’anni tutte le rilevazioni concordano nell’attestare una frequenza regolare alla messa molto alta rispetto ad altri paesi d’Europa: stabilmente attorno al 30 per cento, cui va aggiunto un 20 per cento che va a messa da una a tre volte al mese e un altro 30 per cento che ci va a Natale, a Pasqua e nelle grandi festività. Ma questi alti indici di partecipazione fotografano con esattezza la realtà? Gli esperti di sociologia religiosa hanno sinora sempre accreditato come validi questi dati, ripetutamente raccolti con interviste da un campione della popolazione italiana. Semmai sono i preti ad esprimere in proposito dubbi e perplessità. […] Per la prima volta è stata condotta una ricerca che consente di rispondere a questa domanda con più cognizione di causa. La ricerca ha riguardato il patriarcato di Venezia retto dal cardinale Angelo Scola, una diocesi con 365 mila abitanti, una porzione piccola dell’Italia. I risultati non possono quindi essere estesi automaticamente all’intera nazione. […] La ricerca si è svolta in due tempi. In un primo momento, a tutti coloro che hanno preso parte alle 619 messe festive celebrate nel patriarcato di Venezia il 13 e 14 novembre 2004 è stato distribuito e fatto subito compilare in chiesa un questionario, nel quale si chiedeva a ciascuno di dire anche a quante altre messe festive avesse partecipato nelle quattro domeniche precedenti. In un secondo momento, nella primavera del 2005, a un campione della popolazione del patriarcato di Venezia è stata posta la consueta domanda sulla frequenza alla messa. […] Alla survey, le risposte hanno fornito risultati vicini a quelli nazionali degli ultimi trent’anni. Il 26 per cento ha detto di andare a messa tutte le domeniche e un altro 16,5 per cento ha detto di andarci da una a tre volte al mese. Sommati, i frequentanti sarebbero il 42,5 per cento della popolazione del patriarcato. Nettamente inferiori, invece, sono state le frequenze risultanti dal conteggio diretto in tutte le chiese del 13 e 14 novembre 2004. Quelli che hanno detto di essere andati a messa anche in tutte e quattro le domeniche precedenti sono il 15 per cento della popolazione. E quelli che hanno detto di esservi andati da una a tre volte sono il 7,7 per cento. Sommati, il 22,7 per cento della popolazione. […] Il dato che più colpisce è comunque la forte distanza tra le frequenze alla messa dichiarate nelle interviste e quelle riscontrate effettivamente nelle chiese. Le frequenze dichiarate sono molto più numerose di quelle reali. E i più propensi a sovradichiarare la propria pratica religiosa sono le persone con basso titolo di studio. Un altro elemento che colpisce è la coincidenza quasi perfetta tra le frequenze effettive alla messa e la percezione che i preti hanno del fenomeno. […] Ma perché avviene questa sfasatura? Castegnaro e Dalla Zuanna avanzano soprattutto tre motivi che spingerebbero a sovradichiarare la frequenza alla messa. Un primo motivo è la maggiore propensione a rispondere alle survey su questa materia che hanno le persone più religiose di bassa istruzione, rispetto a quelle lontane dalla Chiesa. Un secondo motivo è il diverso significato che la domanda sulla frequenza alla messa può assumere per chi la fa e per chi la riceve. L’intervistatore vuole misurare un preciso comportamento, mentre alcuni rispondenti pensano piuttosto a dar conto della propria generale adesione alla Chiesa. Un terzo motivo è la volontà, più o meno consapevole, di dare di sè un’immagine coerente con i propri convincimenti profondi. Dalla stessa indagine risulta che otto veneziani su dieci affermano di essere cattolici, di credere in Dio, di pensare a Dio almeno una volta al giorno, di rivolgersi a lui nei momenti difficili, di sentirlo presente e vicino. […] Bastano queste piccole singole variazioni perché la frequenza complessiva alla messa risulti, nelle survey, molto sovradimensionata rispetto ai dati reali. Ma da qui a concludere che la fede cristiana in Italia non sia “viva e radicata nel popolo” ne corre. Queste indagini tracciano piuttosto un profilo dell’intreccio tra gli italiani e la Chiesa cattolica più realistico. E più coincidente col giudizio che i pastori di questa stessa Chiesa, vescovi e preti, hanno da tempo già maturato sul campo, per esperienza diretta.

Il testo integrale dell’articolo di Sandro Magister è stato pubblicato sul sito dell’Espresso

8 commenti

Franco Siccardi

“Un altro elemento che colpisce è la coincidenza quasi perfetta tra le frequenze effettive alla messa e la percezione che i preti hanno del fenomeno.”

Monsieur de Lapalisse….

Il bottegaio e’ il primo ad accorgrsi di perdere i clienti.
Lo vede la sera, quando conta gli spiccioli della questua…

robi

Come si può valutare la forza di un Ente/Partito/Chiesa dal numero dei sostenitori se :
– i sostenitori vengono arruolati appena nati
– I sostenitori vengono arruolati da altri
– I sostenitori non devono confermare periodicamente la loro adesione
– I sostenitori fanno sostenere ad altri parte del peso economico
ecccc….
Se lo facesse un Partito o un’Azienda Commerciale , sarebbero già denunciati per truffa.

Skadivargr

Che vi sono cattolici praticanti, cattolici non praticanti e cattolici per moda o tradizione familiare lo sanno cani e porci, sta notizia mi pare una cazzata.

Pantzini

@Skadivargr
Come spiega l’articolo, uno degli argomenti preferiti dai vescovi per ingerire nelle faccende italiane è la supposta grande affluenza di fedeli alla messa domenicale. Questi dati svelano una realtà molto diversa.
Se quindi una classe politica intelligente (che non abbiamo) leggesse una statistica del genere e concludesse che essere baciapile non porta tutti quei voti, se si rendessero conto che magari un atteggiamento progressista, laico, aperto ne potrebbe portare di più; se cadesse quel pensiero anni ’50 per cui il bravo cittadino è un bravo cattolico…

Emi

Sarebbe interessante sapere anche il motivo per cui vanno a messa. Molti lo fanno per cogliere occasioni di socialita’. Conosco non pochi sposati che considerano l’evento un’ottima occasione al di sopra di ogni sospetto per comunicare agli amanti dettagli di servizio e tabelle orari, e non si tratta di voci di volgo ma riferitemi dai diretti interessati.

mstatus

Buona parte di chi va a messa lo fa per dare l’immagine di sé rispettosa ed osservante delle regole della morale cattolica (anche se magari prima ci sono state corna, ed altri comportamenti che di pio e devoto hanno ben poco), e soprattuttto per criticare, e spettegolare chi ci trova. Quando frequentavo, diversi anni fa, mi capitava spesso di sentire discorsi del tipo guarda come è vestita quella, guarda quello sta con quella, guarda lui le fa le corna, ma lei non lo sa, ecc. L’ipocrisia è totale (soprattutto in veneto): su 100 che vanno a messa la domenica o gli altri giorni, 101 farebbero bene a starsene fuori prete compreso!

RazionalMENTE.net

C’è pure chi ci va per far piacere alla moglie, la quale ci va per far piacere al marito. Atei tutti e due, ma senza mai aver avuto il coraggio di confessarselo.

E poi non si sa mai, scaramanzia… una messa, una toccatina alle palle, una preghiera, un amuleto.

E poi serve anche a fare bella figura. Se vai a messa significa che sei una persona per bene 🙂

Poi in ufficio ti guardi i filmini porno, eh… MASCALZONCELLO!!!! 🙂

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