Dico, ecco tutti gli aspetti ancora da chiarire

Lo stretto crinale sul quale è stato scritto il ddl Bindi-Pollastrini sui diritti dei conviventi (Dico) ha generato un testo un po’ contorto che, inevitabilmente, nasconde trappole e possibili scappatoie. Gli uffici legislativi dei vari ministeri hanno faticato per far quadrare il cerchio: a ogni passaggio, infatti, gli uni si dovevano difendere dall’accusa di voler scrivere un provvedimento troppo scolorito mentre altri erano costretti a ridimensionare le norme che richiamavano da vicino il regime matrimoniale. Ne è nato un compromesso che però nasconde rischi concreti sui permessi di soggiorno facili ed effetti paradossali.

POLIGAMIA — E’ stata tolta solo all’ultimo momento in consiglio dei ministri la norma che prevedeva per una persona la possibilità di stipulare uno o più Dico contemporaneamente. Una sorta di legalizzazione della poligamia che avrebbe generato situazioni incredibili (si pensi ai diritti di successione o di reversibilità della pensione al momento della morte di uno dei contraenti). Paradossalmente, a spingere erano proprio quei ministri cattolici che miravano ad evidenziare come il Dico sia altra cosa dal matrimonio, ovvero dal rapporto esclusivo tra due persone. Alla fine, il 1˚comma dell’articolo 7 ha saggiamente prescritto: «Il già convivente non può stipulare accordi di convivenza».

STRANIERI — Dico o non Dico, l’Italia si deve mettere in regola con la normativa UE 38/2004 (approvata dal precedente governo, ora in fase di pubblicazione) che concede al cittadino comunitario (un francese titolare di Pacs, per esempio) di ottenere il ricongiungimento familiare in tutta l’Unione (e quindi anche in Italia) con il suo partner extracomunitario. Quindi, si è posta la domanda: se un francese «pacsato» con una ragazza giapponese può ottenere il ricongiungimento in Italia, perché la medesima operazione non è concessa a un italiano titolare di Dico? Osserva il professor Stefano Ceccanti, capo dell’ ufficio legislativo del ministro Barbara Pollastrini: «Ecco, la legge sulle convivenze tende anche a risolvere un problema giuridico molto serio che rischia di penalizzare i cittadini italiani».

ABUSI — Il ddl prevede che ottengano il permesso di soggiorno anche i conviventi. Ma, come stabilisce il testo, sarà necessario predisporre un regolamento attuativo in qualche modo severo (lo scriverà il Viminale d’intesa con i ministeri della Famiglia e delle Pari opportunità) se non si vuole alimentare il mercato dei facili permessi di soggiorno a pagamento. In teoria, infatti, un cittadino italiano potrebbe stipulare anche decine Dico in un anno con altrettanti extracomunitari: dopo ogni revoca si stipula una nuova convivenza e così si apre la porta a tutti i finti partner che si crede. Il regolamento dovrà dunque prevedere verifiche puntuali sull’effettività della convivenza stabilendo, inoltre, modalità e durata di un permesso di soggiorno per Dico che dovrà per forza essere temporaneo. Le stesse precauzioni valgono per l’extracomunitario che vive con tutte le carte in regola in Italia e, in virtù del Dico, chiede il ricongiungimento familiare con un partner non comunitario. Conferma Alfonso Celotto, professore a Roma Tre e capo ufficio legislativo del ministro Bonino: «Questo è un problema delicato, sarà infatti necessario bilanciare questi giusti riconoscimenti con i tentativi di abuso finalizzati a lucrare un facile permesso di soggiorno».

REVOCHE E DIVORZI — Al momento dello scioglimento del Dico (atto unilaterale) non è stabilito un obbligo di mantenimento per l’«ex coniuge»: più che una dimenticanza questo sembra un vuoto normativo voluto per non richiamare troppo da vicino la disciplina delle separazioni e dei divorzi. Ma c’è una novità per i tanti separati che, una volta ottenuto il divorzio, magari dopo dieci anni di tribolazioni giudiziarie, vorranno formalizzare con un Dico la nuova famiglia che si sono formati: a quel punto il divorziato potrà chiedere la ricostruzione della sua «carriera» di convivente anche per gli anni in cui il Dico non era attivo.

BADANTI — Sono fuori dai rapporti di convivenza, come recita la lettera c del comma 1 dell’articolo 2: sono escluse le persone «legate a rapporti contrattuali anche lavorativi che comportino necessariamente l’abitare insieme». Ma anche in questo caso si renderà necessario un regolamento attuativo scritto d’intesa dal Viminale e dal ministero del Lavoro.
Fonte: Corriere.it

4 commenti

Mauro Ghislandi

Il testo che trovo sul sito di “Repubblica” non riporta, al primo comma dell’art. 7, quanto indicato nell’articolo, ma parla di tutt’altro. Se il testo di “Repubblica” è corretto, nulla vieta di stipulare accordi di convivenza multipli.

Lorenzo

insomma, se i due partner conviventi sono dello stesso sesso, e uno dei due mantiene l’altro, si prevede che quando il primo muore, anche il secondo morirà (di fame).
La Binetti è proprio assetata di sangue! E poi ce la vengono a menare con il cristianesimo religione dell’amore.

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