I diritti istituzionali delle Chiese

Gli interventi puntuali delle gerarchie cattoliche nella vita politica e nella attività legislativa del nostro paese non sono una novità. Ciò che è nuovo è la veemenza con la quale esse si pronunciano, giudicano, minacciano, intrigano presso i parlamentari affinché passi la linea del Vaticano, montano campagne false e tendenziose e mi viene voglia di aggiungere “atte a turbare l’ordine pubblico” come quella attuale sulla pretesa “distruzione della famiglia”. Se ci soffermiamo sul momento in cui tali ingerenze hanno assunto un tono assolutistico e un carattere continuativo, osserviamo due cose. La prima è che sono state accompagnate da affermazioni anch’esse “non negoziabili” sul diritto della Chiesa cattolica di essere una protagonista di primo piano della vita politica del paese e la seconda che tali comportamenti, nuovi sia nella forma che nella sostanza, sono avvenuti dopo l’adozione del testo del trattato costituzionale europeo nel novembre 2003. Papa Ratzinger ha detto che nel trattato sono “garantiti i diritti istituzionali delle Chiese”. Dunque per lui l’attuale protagonismo delle gerarchie cattoliche avviene in piena legittimità europea e non è altro che l’attuazione dell’articolo 52 del trattato costituzionale. È così? Siamo davanti a un concetto giuridico nuovo, ovvero la partecipazione delle chiese – organismi non eletti quindi non rappresentativi – al processo democratico interno agli stati nonché alla Unione europea? È ciò che sostengono la COMECE (Commissione della Conferenza episcopale della comunità europea) insieme alla CEC (Commissione Chiesa e società della Conferenza delle Chiese europee) le quali in una lettera confidenziale del giugno 2002,al presidente della Commissione Romano Prodi specificano che “La Commissione europea dovrebbe istituire una procedura di consultazione pre-legislativa che permetta alle Chiese e alle comunità religiose – insieme con altre organizzazioni della società civile – di esprimere il loro parere sulle leggi in preparazione”. Inoltre COMECE e CEC chiedono venga istituito un “ufficio di collegamento” che “idealmente si collocherebbe nel servizio orizzontale della Commissione, per esempio in seno alla Segreteria generale, in modo da essere informato di ogni iniziativa legislativa o politica alla quale le Chiese e comunità religiose potrebbero utilmente contribuire”. La richiesta di avere una sede all’interno dei servizi della Commissione ha un forte valore simbolico. Sancisce una forma di partenariato – altro termine che le gerarchie cattoliche prediligono per definire i loro rapporti con l’UE – oltre a consentire loro un intervento immediato nell’attività istituzionale europea, in particolare in quella legislativa. Invece come era prevedibile per fare il suo outing politico ufficiale il Vaticano ha scelto l’Italia. Ha esibito il suo nuovo diritto istituzionale invitando i cittadini a fare fallire un istituto democratico come il referendum sulla procreazione assistita, mentre per quello sulla devolution il cardinale Ruini ha precisato che “questa volta” non avrebbe dato indicazioni di voto. Adesso in occasione del disegno di legge sulle coppie di fatto le gerarchie cattoliche si comportano come un governo ombra che interviene puntualmente su ogni virgola del testo. Un tempo le proteste davanti a tali comportamenti suscitavano da parte delle gerarchie vaticane solo reazioni del tipo: allora ci volete impedire di parlare, mentre oggi a queste esse oppongono il diritto a intervenire. Allora dobbiamo chiarire se, come afferma il Papa, il trattato costituzionale europeo effettivamente garantisce alle chiese dei “diritti istituzionali”, dobbiamo precisare quali sono questi diritti, se sono compatibili con la nostra democrazia rappresentativa fondata sullo stato di diritto, ma anche semplicemente con la indipendenza e la sovranità dello Stato rispetto alla Chiese cattolica sancite dall’articolo 7 della Costituzione. Come ha scritto una volta Rossana: “lo scandalo è tutto dalla parte della sfera statuale” e, aggiungo io, della nostra classe politica.

L’articolo di Vera Pegna è stato pubblicato oggi sul Manifesto

4 commenti

Cris

😯
Qualcuno sa rispondere alla domanda posta dalla Pegna?
E’ vero che l’articolo 52 del trattato costituzionale della UE garantisce diritti istituzionali alle chiese?
E l’UE cosa ha risposto alle richieste del Vaticano di essere consultato in sede pre-legislativa?
Già soffro a vivere in uno stato laico solo sulla carta, ma non sopporterei il colpo se dovessi addirittura cominciare a preoccuparmi per la laicità della UE.

zumpappa

Si risponde precisando che c’è differenza tra stato laico e stato comunista, come lo vorrebbe la Pregna.

raphael

Articolo I-52: Status delle chiese e delle organizzazioni non confessionali
1. L’Unione rispetta e non pregiudica lo status di cui godono negli Stati membri, in virtù del diritto nazionale, le chiese e le associazioni o comunità religiose.
2. L’Unione rispetta ugualmente lo status di cui godono, in virtù del diritto nazionale, le organizzazioni filosofiche e non confessionali.
3. Riconoscendone l’identità e il contributo specifico, l’Unione mantiene un dialogo aperto, trasparente e regolare con tali chiese e organizzazioni.

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