Afghanistan Democrazia, giustizia e sviluppo, una conferenza alla Farnesina

Un ambiente estremamente austero, quello della Farnesina, per un incontro tra donne afghane e italiane che invece è stato estremamente franco e concreto. L’invito rivolto a donne afghane che in questi anni sono riuscite a conquistare uno spazio nella società e anche nelle istituzioni per discutere di «Afghanistan, democrazia, giustizia e sviluppo, il ruolo delle donne», è stato sicuramente un merito del ministero degli esteri. Ieri mattina [16 Febbraio, n.d.r.] si aveva l’impressione che per una volta, al di là dell’ambiente ovattato, il dialogo fosse diretto e non poteva che essere così tra donne che avevano già avuto modo di incontrarsi in luoghi diversi.
Gli interventi di Fawzia Koofi, vicepresidente della Wolesi Jirga, di Shukria Barakzai, altra deputata, di Hangama Anwari, commissaria dell’Afghanistan indipendent human right commission, di Gullalai Karimi, magistrato, dell’imprenditrice Shahla Nawabi fino alla governatrice di Bamiyan Habiba Sorabi, non hanno lasciato spazio a dubbi sulla realtà afghana. Loro non rappresentano tanto un’élite, perchè sono donne ben inserite nella società. Ma più che la società civile hanno ben rappresentato la realtà afghana.
Tuttavia rimaneva un’ambiguità di fondo, per chi non conosce quella realtà, Habiba, Fawzia, Shukria e le altre, non sono l’Afghanistan. Tolta questa ambiguità, che serve a chi vuole dimostrare i grandi passi in avanti fatti dalla democrazia afghana con la presenza militare straniera, perchè sostenere come ha fatto il ministro degli esteri Massimo D’Alema che oggi «abbiamo un Afghanistan democratico, con una costituzione, un presidente e un parlamento liberamente eletti» è evidentemente una forzatura. Basta guardare chi comanda il paese – i signori della guerra e della droga con le loro milizie – e la condizione di gran parte delle donne. Donne e bambini sono le principali vittime dell’estrema povertà, il reddito annuo pro-capite è di 250 dollari.
Tuttavia, se il nostro governo vuole sostenere progetti per migliorare il paese dal punto di vista della democrazia, della giustizia e dello sviluppo, le donne afghane che hanno partecipato ieri all’incontro sono le migliori interlocutrici. Se per Shukria Barakzai la sicurezza è una priorità, la viceministra Patrizia Sentinelli ha affermato che per garantire maggiore sicurezza in Afghanistan «occorre favorire l’esercizio dei diritti e sradicare la povertà. E tale missione non si può affidare a un intervento militare a tempo indeterminato». Una sicurezza che riguarda in particolare le donne e che deve essere combattuta anche cambiando la mentalità di molti maschi che pur essendo istruiti non permettono alle donne di andare al lavoro, come ha ricordato Habiba Sorabi.
E se, come in molti hanno notato, le donne hanno ottenuto il 27 per cento degli eletti nel parlamento (andando oltre la quota del 25) «abbiamo solo un ministro donna, anche perchè non potevano mettere un uomo agli affari femminili» ha detto Hangama Anwari riportando alcuni esempi di violenze contro le donne: rapimenti, stupri, matrimoni forzati (le bambine vengono promesse in matrimonio anche a pochi mesi), suicidi… Eppoi incendi di scuole, assassini di insegnanti, etc.
Da parte italiana è stato garantito oltre al mantenimento delle truppe (le afghane non hanno chiesto il ritiro) anche un impegno sul piano della cooperazione con «uno sforzo per il rafforzamento della società civile locale», ha ribadito Sentinelli. Anche se il problema, ha ricordato Fawzia Koofi, è che, nonostante i 12 miliardi di dollari dati all’Afghanistan, «la gente non vede segni di ricostruzione soddisfacente: non c’è acqua, elettricità, cibo, partecipazione delle donne alla costruzione di uno stato democratico». E questo porta a un altro problema: quello della corruzione. Ma per il presidente Karzai il futuro dell’Afghanistan è «roseo».

Fonte: ilManifesto.it