Ecco l’uomo più felice del mondo E’ un monaco buddista francese

La felicità non è di questo mondo? Almeno a giudicare il caso di Matthieu Ricard, monaco buddhista parigino, il vecchio motto deve essere assolutamente rivisto. Parola di scienziati. In particolare, di quelli dell’università del Wisconsin che ha sottoposto il monaco a una serie di test scientifici arrivando a un responso inequivocabile: Monsieur Ricard può essere considerato “Mr Happy”, l’uomo più felice del mondo.
Come è stato attribuito il titolo? Il gruppo di neuroscienziati dell’ateneo americano, guidati dal professor Richard K. Davidson, ha monitorato l’attività cerebrale del monaco con 256 sensori e una serie di scanning in profondità. La tecnica messa a punto dal professor Davidson – una delle massima autorità nel campo della neuroplasticità, la disciplina che studia la strabiliante capacità evolutiva e di adattamento del cervello – misura l’attività della corteccia pre-frontale, perché più alta è l’attività di quella regione della testa e più l’individuo osservato è ritenuto in pace con se stesso e con la realtà. Se i volontari sottoposti a questo esperimento hanno riportato in genere valori tra +0,3 (disperazione) e -0,3 (beatitudine), “Mr. Happy” è arrivato ad uno strabiliante -0,45.
Ma visto che lui è riuscito a raggiungerla, qual è la ricetta per la felicità suggerita dal monaco?
Secondo quanto scritto in un libro pubblicato di recente a Londra, Matthieu Richard – sessanta anni, figlio di una delle più grandi penne del giornalismo d’oltralpe (il defunto Jean-Francois Revel), una brillante carriere di biologo abbandonata per abbracciare il buddismo e ritirarsi in Nepal – la felicità è soprattuto una questione di igiene mentale. L’uomo, infatti, è una creatura malleabile, capace di grandi trasformazioni. Per questo, se riesce a modificare in modo positivo e altruistico il treno dei pensieri, può migliorare la percezione e l’interpretazione del mondo. Felici, insomma, si può diventare. Ma molti non lo sanno: “Molti essere umani – spiega Ricard – vivono come clochard, inconsapevoli del tesoro sepolto sotto la loro baracca”.
Come fare, dunque, per essere felici? La ricetta del monaco è, a sorpresa, molto british: autocontrollo. Mr Happy non crede infatti assolutamente che dar libero corso alle proprie emozioni intime sia una salutare valvola di sfogo. “Un attimo di rabbia – ammonisce – può distruggere anni di pazienza”.

Fonte: Repubblica.it 

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19 commenti

Barbara Monea

“Per questo, se riesce a modificare in modo positivo e altruistico il treno dei pensieri, può migliorare la percezione e l’interpretazione del mondo.”

Migliorare la percezione del mondo? Quindi imbellettare le storie, non guardare le guerre e le ingiustizie, ecc?
Solo ritirandosi in Nepal si puo’ essere “felici” di vivere così…

monia

per essere felici a quanto pare si deve chiudere gli occhi di fronte alla realtà. beh io mi tengo la mia infelicità continuando a lottare per ciò in cui credo. che se la tenga la sua felicità. io preferisco non avere rimpianti.

RazionalMENTE.net

Nell’Ecclesiaste si dice ciò che anche Epicuro, Leopardi, ecc. dicevano, e cioè che la conoscenza rende infelici. Non è una novità.

Certamente isolarsi dal mondo che ci circonda può renderci più felici, più sereni. Secondo me l’ideale è una posizione di mezzo, essere informati su ciò che avviene nel mondo, partecipare (la libertà è partecipazione diceva Gaber), ma anche farsi i cazzi propri, insomma non cercare di imporre agli altri un certo comportamento (semmai suggerire). Questa mi sembra la formula più equilibrata.

zumpappa

Ma chi l’ha finanziata la ricerca? Che razza di lavoro è, misurare la felicità?

Cris

E’ noto che la meditazione permetta di arrivare ad un controllo stupefacente del proprio corpo. Se è possibile rallentare il battito del proprio cuore e il metabolismo, probabilmente sarà anche possibile modificare l’attività della corteccia prefrontale… ma è veramente segno di felicità? O solo una simulazione di felicità “a comando”?

zumpappa

Al massimo si può essere sereni. Per come va il mondo attorno, la felicità è troppo o èda stupidi.

Libero

E’ ovvio che conoscere rende meno felici. Però essere ignoranti magari rende sereni (così come avere una particolare visione del mondo), ma non so se è meglio non sapere e credere alle favole oppure avere una visione di ciò che è certo e apprezzarlo, cioè vivere per la vita presente e non per cose non certe. Comunque per la realtà generale non si può che essere pessimisti. Tuttavia lottando per qualcosa e apprezzando le cose insignificanti si può avere una sorta di felicità o almeno di appagamento, che è poi un ottimismo che deriva dal fatto di non sprecare la propria vita.

Rudy

Che un buddista possa essere quantomeno più “felice” di un cattolico non mi stupisce, anche neurologicamente parlando.

RazionalMENTE.net

# Cris scrive: E’ noto che la meditazione permetta di arrivare ad un controllo stupefacente del proprio corpo. Se è possibile rallentare il battito del proprio cuore e il metabolismo, probabilmente sarà anche possibile modificare l’attività della corteccia prefrontale… ma è veramente segno di felicità? O solo una simulazione di felicità “a comando”?
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Chiedimi se sono felice 🙂 Chi può dire cosa sia la felicità? La felicità è uno stato della mente assolutamente incostante, una sensazione passeggera, un’illusione.

Davide

Come capita spesso anche in altri esperimenti di questo genere, non è affatto detto che la relazione causa->effetto sia proprio quella che appare ad una lettura superficiale (meditazione -> attività della corteccia/serenità).
Può darsi benissimo che sia vero l’opposto: persone particolarmente predisposte (determinati valori di attività della corteccia) tendono ad essere mediamente più serene e/o trovare piacevoli attività quali la meditazione.

E’ facile per il bradipo dire al furetto che non deve agitarsi!

Carlo

A mio parere se esiste una “tecnica” per essere piu’ felici, ben venga che scienziati e buddhisti collaborino per trovarla. Non mi sembra una cosa da sottovalutare. E questo non vuol dire non vedere i problemi, ma vederli in maniera piu’ distaccata, forse.

A quanto so io del buddhismo, peraltro, il raggiungimento della felicita’ non e’ condizionato all’esistenza di dei o al seguire a tutti i costi una morale, ma al controllo delle proprie emozioni e sentimenti. Come gia’ diceva Nietzsche, il buddismo e’ una religione molto piu’ “positivista” del cattolicesimo…

gianni

personalmente non sono scettico a riguardo, la meditazione indubbiamente aiuta ad avere una visione diversa della vita, ma magari bisogna intendersi sulla parola felicità, sicuramente è più appropriato serenità, uno può essere felice di compiere un reato o una violenza, ma difficilmente è sereno, va anche detto che il buddhismo non è una religione ma una pratica di vita e non occorre andare in nepal per raggiungere la serenità, ognuno se la porta dentro, deve solo usare le tecniche adatte per esserne cosciente ed usarla, senza bisogno di invocare divinità varie, la serenità non ci viene da un dio ma dal essere uomini liberi.

Aristocle

Razionalmente scrive: Chiedimi se sono felice Chi può dire cosa sia la felicità? La felicità è uno stato della mente assolutamente incostante, una sensazione passeggera, un’illusione.

Anche il buddhismo dice questo, ma riguardo alla felicità che si basa sulle sensazioni. C’è invece una felicità più profonda, o meglio una serenità che deriva dall’equanimità verso tutte le sensazioni vissute con più distacco. Non è una rinuncia ai piaceri ma neanche un completo abbandonarsi ad essi. E’ la Via di Mezzo che va oltre gli estremi dell’auto mortificazione e dell’indulgenza sensuale. In certi casi è meglio rinunciare a certe gratificazioni perché ci possono danneggiare o danneggiare gli altri; in altri è meglio soddisfarli perché fanno bene a noi e agli altri.

Paul

“Un attimo di rabbia – ammonisce – può distruggere anni di pazienza”.

Concordo, anche perchè spesso la rabbia la si riversa sugli altri, e fa diventare irrazionali

giulia

meditare non significa fare finta che tutto vada bene, ma cercare di trovare un equilibrio interiore ti consente di vedere la stessa realtà con occhi diversi e magari perchè no riuscire con la carica interiore acquisita a fare qualcosa ‘per cambiarla’ anche se con un piccolissimo contributo.
anche solo regalare un sorriso ad una persona che soffre…. 🙂

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