Intervista a Dennett: L’incantesimo divino si rompe

Daniel Dennett, direttore del Center for Cognitive Studies e professore di filosofia presso la Tufts University di Boston, è l’autore di uno dei più famosi e criticati libri che trattano il rapporto tra religione, scienza e società, Breaking the Spell: religion as a natural phenomenon, la cui traduzione italiana, con il titolo Rompere l’incantesimo è in pubblicazione per Raffaello Cortina Edizioni.

L'”incantesimo” a cui allude Dennett è quello che protegge la religione. La fede, sostiene il filosofo, è un fenomeno naturale e come tale può essere sottoposta a studi scientifici. Una teoria destinata a suscitare polemiche, perché rompere l’incantesimo è come aprire un vaso di Pandora.

Professore, come mai ha deciso di affrontare il tema della religione da un punto di vista scientifico?

La religione ha un ruolo importante nella vita di un gran numero di persone, al punto da spingere fino al rifiuto della teoria darwiniana. Molti vi investono energie e non pochi sono disposti a morire in suo nome. Questo, dal punto di vista biologico, apparentemente non ha senso.

Nel libro affronta la religione come un fenomeno naturale.

I culti religiosi dipendono dalle menti e dai corpi tanto quanto il linguaggio e la musica. Si tratta di fenomeni che si trasmettono a livello culturale, non genetico, selezionati nel corso dell’evoluzione. L’unità base della diffusione dei fenomeni culturali è il meme, il cui analogo biologico è il gene. Il primo a parlare di memi è Richard Dawkins nel 1976, nel suo più famoso libro Il gene Egoista. I memi sono come virus che replicano le idee, per i quali valgono le stesse leggi della selezione naturale. Per la trasmissione dei memi è fondamentale che vengano insegnati e ripetuti, motivo per cui esistono le cerimonie pubbliche. Ed è importante istituire una figura che ne aiuti la diffusione, ecco il senso delle autorità religiose.

Intendere la religione come fenomeno naturale, e non soprannaturale, significa farne oggetto di scienza. La domanda, però, non è se sia possibile fare una buona scienza della religione – cosa che è certamente possibile – ma se dobbiamo farlo. Mi sono interrogato sul rischio che, sottoponendo le religioni a un’analisi meticolosa e scientifica, il loro fascino venga meno. Si ha paura della rottura dell’incantesimo: infrangendo il tabù cosa potrà succedere?

E perchè intende studiare i meccanismi evolutivi alla base della fede?

Mi propongo di capire perché la gente ami così tanto la religione e a quali vantaggi essa porti. Karl Marx ha detto che la religione è l’oppio dei popoli: aiuta a tenere le persone tranquille, la gente ne è soggiogata perché il proprio interesse viene sottoposto a quello della divinità. La religione è un buon surrogato delle polizia: crea delle regole che stabiliscono un ordine sociale.

Da un punto di vista evolutivo, come spiega l’esistenza delle religioni?

Le religioni si sono radicate a livello sociale per tre motivi principali: confortare nelle sofferenze e placare la paura della morte, spiegare le cose altrimenti inspiegabili, incoraggiare la cooperazione nel gruppo. C’è poi l’effetto chiamato “piuma di Dumbo” (la piuma con cui l’elefantino di Walt Disney credeva di poter volare, ndr): si tratta della fiducia che da qualche parte c’è chi sa cosa è buono per te. Comportarsi in un certo modo è giustificato da questa stampella che sorregge la nostra anima nelle scelte difficili della vita.

Nel suo libro parla di Believers in belief, letteralmente “fedeli alla fede”. A chi si riferisce?

Sono persone per cui la cosa più importante è la fede, non la divinità. In questi casi, il fenomeno sociale eclissa l’oggetto. Nella storia dell’umanità la gente ha avuto fede in moltissime divinità. Oggi riteniamo assurdo credere a Zeus quanto a Babbo Natale. Io ritengo che, come dice Richard Dawkins ne Il cappellano del Diavolo, ‘siamo tutti atei nei confronti della maggior parte delle divinità in cui l’umanità ha creduto. Alcuni di noi vanno semplicemente un dio oltre.’ I “fedeli alla fede” credono – forse inconsciamente – che la fede sia qualcosa di socialmente buono e vantaggioso, che meriti di essere diffuso, insegnato e incoraggiato.

Perché il suo libro è così fortemente attaccato?

Qualcuno mi ha accusato di trattare la religione come qualcosa di sciocco, ma non è vero. Sono interessato al suo studio per la grande importanza che ha questo fenomeno. Quando mi chiedo se la religione sia una cosa positiva, non intendo arrivare a negare che lo sia. Ma fino a quando non ne studieremo a fondo i meccanismi questa frase rimarrà priva di un reale significato.

Si aspetta la stessa reazione anche in Italia?

Si. Molte persone rimangono inorridite dal modo di guardare alle religioni con occhio freddo e analitico. Io propongo di ricostruire, procedendo a ritroso, l’evoluzione delle religioni e del cervello di una persona religiosa. Per vedere come funzionano e per capire come sono arrivate ad avere le caratteristiche che hanno.

Fonte: Jekyll

12 commenti

papa Nazinger

Tutto molto lodevole e coraggioso; solo una cosa vorrei dirti caro Dennet: perchè ti ostini a non voler evidenziare la natura lamarckiana dell’evoluzione culturale?

papa Nazinger

E non fare finta di non sapere a cosa mi riferisco Daniel: se a causa di un incidente perdo una gamba, mio figlio nascerà con entrambe le gambe, nell’evoluzione culturale invece ogni accidente, ogni esperienza che segna lo sviluppo psicologico del genitore può essere trasmessa.

Ernesto

I memi sono, analogamente ai geni, soggetti a variazione ed ereditabilità. Se un gene subisce una mutazione, esso viene trasmesso in questa nuova forma alla discendenza: diresti che anche l’evoluzione genica è lamarckiana??

Mangiapreti

@ papa Nazinger
Premetto ed ammetto la mia scarsa conoscenza della questione.
Detto questo penso che, forse, si possa ragionare in termini diversi.
Tenendo conto delle differenze tra l’evoluzione genetica e quella culturale.
Infatti, diversamente dalla trasmissione biologica dove i geni sono forniti solo dai genitori, nella trasmissione culturale i “memi” provengono anche dai parenti, dagli insegnanti, dagli amici, dai concittadini, dagli autori di libri e chi più ne ha più ne metta!
Non è tanto il genitore che cresce il figlio quanto l’ambiente socio-culturale che forma le nuove generazioni.
Inoltre se il patrimonio genetico risulta determinato e stabile non si può dire lo stesso del “patrimonio memetico”.
Ancora: come molti geni in comune determinano una razza od una specie così molti memi in comune determinano una cultura … ma gli incroci restano sempre possibili.
Quindi quando parliamo di cultura in termini universali siamo costretti a fare considerazioni statistiche perché i memi sono molto più inconsistenti e mutevoli dei geni.
Data la minor entità dell’impatto delle variazioni individuali sulla totalità non trovo sbagliato considerarle alla stregua di mutazioni casuali.

papa Nazinger

Ernesto scrive:
I memi sono, analogamente ai geni, soggetti a variazione ed ereditabilità.

Direi che basta così.
Questa è l’unica analogia che si può fare tra evoluzione culturale ed evoluzione biologica.
Ma di che tipo di eredità parlimo quando trattiamo le idee?
1) Le idee sono sviluppate durante l’ontogenesi di ogni individuo, quindi sono informazioni acquisite, non innate come l’informazione genetica
2) le idee sono ereditabili
L’eredità delle idee è una eredità di caratteri acquisiti, quasta si chiama eredità lamarckiana.

Inoltre mi associo al Mangiapreti (evidentemente un buongustaio) che giustamente fa notare come il regno delle idee sia maggiormente soggetto ad ibridazione.

Non abbiamo bisogno di analogie con la teoria darwiniana, ma di una nuova teoria evolutiva che sappia interpretare al meglio le peculiarità del mondo della cultura.

papa Nazinger

Un’ultima cosa su cui riflettere: le mutazione ereditabili di cui parla Ernesto sono mutazioni che devono intervenire sul genotipo, mente le idee sono supportate da stutture neuronali ed appartengono al fenotipo, l’informazione per Lamarck proveniva dal fenotipo.
E’ ovvio che alcune mutazioni vengono ereditate, ma sono solo una parte infinitesimale del genoma (e spesso vengono corrette), quando si parla di caratteristiche genetiche ci si riferisce a un’informazione già scritta al nostro interno e non predisposta per essere rinnovata durante il nostro sviluppo.
Le caratteristiche fenotipiche invece sono dipendenti dall’espressione dei geni nell’ambiente.
Il nostro cervello è un’organo che si evolve durante la nostra vita e che immagazzina informazioni acquisite durante il suo sviluppo, la sua crescita è legata alle idee con cui è plasmato.
Le idee sono SOLO caratteri acquisiti, il genoma invece è un programma essenziale per la vita e come tale deve essere conservato, le mutazioni sono perlopiù degli “incidenti”.
Bisogna ricordare che sono estremamente rari i casi di mutazioni vantaggiose a livello adattivo, e per questo che si sono evoluti meccanismi di variazione differenti come la riproduzione sessuale.

Ernesto

papa Nazinger
Tu prendi la cosa troppo alla lettera, e così facendo non cogli l’analogia. Le idee son paragonate al genotipo (e possono variare) e le azioni al fenotipo. In questo senso l’evoluzione memetica non è lamarckiana.
Se essa fosse lamarckiana, in questo senso, uno che ti constringesse a compiere una data azione, ti “trasmetterebbe” automaticamente l’idea che la sottende. Così non è.

Ernesto

“Bisogna ricordare che sono estremamente rari i casi di mutazioni vantaggiose a livello adattivo, e per questo che si sono evoluti meccanismi di variazione differenti come la riproduzione sessuale.”
Anche questo è estremamente controverso e probabilmente proprio SBAGLIATO. Tu stai dando per scontata l’idea della selezione per gruppi, che come saprai è screditata dagli anni ’60-’70 (“Williams revolutions”). Si pensa che il sesso si sia evoluto come protezione contro i parassiti.

Ernesto

Con controverso e sbagliato non mi riferivo a “Bisogna ricordare che sono estremamente rari i casi di mutazioni vantaggiose a livello adattivo”. Questo è scontato!

papa Nazinger

ERNESTO: Se essa fosse lamarckiana, in questo senso, uno che ti constringesse a compiere una data azione, ti “trasmetterebbe” automaticamente l’idea che la sottende. Così non è.

Suppononiamo che qualcuno mi dica: “passami l’acqua” oppure: “ti ordino di passarmi l’acqua”; non dovrei comunque tradurre questo messaggio in base alle nozioni che ho appreso culturalmente? francamente non ti capisco, i neuroni sono fenotipo ed esattamente come il DNA contengono l’informazione memetica, questo lo capisco!

Ora prendiamo un essere umano: 99% l’informazione genetica che trasmette è innata, tutti i memi che trasmette sono acquisiti, anche questo mi sembra abbastanza chiaro!

Se un meme smette di essere usato scompare da una popolazione lentamente scompare, questo è l’uso e disuso dei caratteri acquisiti, non ti pare?
Non ti sembra ovvio che con i geni si nasce e con la cultura si cresce?

Che mi dici delle capacità di ibridazione della cultura?

ERNESTO: Tu stai dando per scontata l’idea della selezione per gruppi, che come saprai è screditata dagli anni ‘60-’70 (”Williams revolutions”). Si pensa che il sesso si sia evoluto come protezione contro i parassiti.

1) la selezione gerarchica di cui parlo (popolazioni, specie, ecc…) è un’idea innovativa nell’ambito del darwinismo e gli oppositori sono propio gli evoluzionisti più conservatori

2) l’origine evolutiva spesso si discosta nel tempo e acquisisce nuove funzioni, dire che il sesso si è evoluto come protezione dai parassiti non vuol dire che non sia una fondamentale causa di variazione (qui mi sa che sei tu che devi aggiornarti)

papa Nazinger scrive e ribadisce: Non abbiamo bisogno di analogie con la teoria darwiniana, ma di una nuova teoria evolutiva che sappia interpretare al meglio le peculiarità del mondo della cultura.

Ernesto

Nazinger
1) la selezione per specie proposta da Gould&C è in effetti “nuova” ma non ha da dire molto sul caso specifico del sesso perché gli svantaggi che sembra procurare a livello dell’individuo (in cui la selezione è di gran lunga più forte che non a livelli superiori) sono enormi (prole dimezzata rispetto a individuo che si riproducesse asessualmente).
2) tu avevi scritto ““Bisogna ricordare che sono estremamente rari i casi di mutazioni vantaggiose a livello adattivo, e per questo che si sono evoluti meccanismi di variazione differenti come la riproduzione sessuale.”
Il sesso non è un meccanismo di variazione in primo luogo, ma di ricombinazione di roba che già c’è. A parte questa precisazione, il sesso si è evoluto (probabilmente) come difesa dai parassiti proprio perché introduce nuove combinazioni di alleli.
Tu devi aggiornarti, perdona la franchezza.

“papa Nazinger scrive e ribadisce: Non abbiamo bisogno di analogie con la teoria darwiniana, ma di una nuova teoria evolutiva che sappia interpretare al meglio le peculiarità del mondo della cultura.”
Ernesto scrive e ribadisce: alcune analogie posson esser fatte fra evoluzione genetica e memetica; le idee sono ovviamente modificabili nel corso della vita, ma non è questo il punto. Alcune tecniche sviluppate dagli evoluzionisti sono applicabili anche alla diffusione di memi (es: ESS, teoria dei giochi, etc).
Non polemizzare per forza!

Jean Meslier

se passa da queste parti, Gabriele dira’ che il vostro disaccordo e’ la prova della inconsistenza della teoria dell’evoluzione!

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