«Mauritania, dopo il golpe sono arrivate le quote rosa»

Con il suo abito rosso sgargiante, tipico della donne arabe della Mauritania, Mehle Mint Ahmed – ministro della cultura, della gioventù e della famiglia – si trova in una strana posizione qui al convegno di Bamako: rappresenta un paese catapultato improvvisamente dal livello più basso di tutta l’Africa occidentale in campo di promozione delle pari opportunità, a una vera e propria posizione d’avanguardia.
La giunta militare arrivata al potere con il colpo di stato del 3 agosto 2005 e presieduta dal colonnello Mohammed Ould Vall – la cui permanenza al potere scadrà il prossimo 11 marzo, con le elezioni presidenziali che concluderanno la transizione – ha approvato una legge che prevede quote obbligatorie di rappresentanti femminili sia alle elezioni locali che alle nazionali.

Una legge per le quote rosa al sud del Sahara. Era davvero necessaria?
Senz’altro. Le donne mauritanie sono sempre state estremamente attive, ma scarsamente rappresentate a livello del potere. Con la legge approvata dal Consiglio militare per la giustizia e la democrazia hanno finalmente il loro giusto posto nelle istanze rappresentative. Oggi, si può parlare di una vera e propria rivoluzione: ci sono 27 parlamentari donne su 94, per non parlare delle migliaia di sindaci donna.

Eppure, nessuna donna è candidata alla presidenza della repubblica nelle imminenti elezioni…
È vero. Ma sono sicura che questo avverrà fra cinque anni. Non si possono fare terapie d’urto. Al tempo del regime di Ould Taya (il presidente-autocrate rimasto al potere un ventennio primo di essere rovesciato dagli uomini della sua stessa guardia ndr) c’erano appena sei parlamentari – tre alla Camera e tre al Senato – di sesso femminile. Le donne erano soggetti a diritto dimezzato.

E a livello di società civile, qual è il ruolo delle donne?
È un ruolo importantissimo. A capo del Forum della società civile, che riunisce circa 400 associazioni, c’è oggi una donna. Le donne hanno fatto un lavoro straordinario in questo anno e mezzo seguito alla caduta di Taya. Oggi, nel mio paese, si parla liberamente, si possono stampare giornali che esprimono senza censure le loro opinioni e punti di vista, si può criticare il potere. In questo processo di apertura della società – sotto l’impulso della giunta militare transitoria – le donne hanno avuto un ruolo propulsivo, irrinunciabile.

Fonte: ilManifesto.it

8 commenti

Nikky

Wow anche la Mauritania è più avanti di noi!
Qui un presidente della repubblica donna ce lo sogniamo, altro che tra cinque anni

Gianfranco

Aggiungiamo che una dittatura militare riesce ad essere più liberale della CEI…

Emilio Gargiulo

La differenza tra noi e la mauritania è che li hanno politici migliori della gente,come accadeva da noi prima di berlusconi. Da quando hanno scoperto che rincoglionire la gente a suon di TV rende, i soliti noti hanno investito tutto, ed i risultati purtroppo si vedono. Ci sarà sempre più involuzione culturale se non si toglie la TV come arma di propaganda politica distruttiva dalle mani di coloro che preferiscono barbari al posto di cittadini.

Emilio Gargiulo

..ed è un ulteriore prova del fatto che la civiltà è superiore a qualunque religione, anche quella considerata ( a torto!) la più oscurantista.

Hanmar

Eh eh eh…
Ma voi ve li immaginate i bodyguard dell’unto che si organizzano e fanno un golpe?
Sarebbe una bella scena da Repubblica delle Banane.

Saluti
Hanmar

Emi

beh, politici migliori della gente prima che arrivasse berlusconi mi senìmbra eccessivo… abbiamo sempre avuto un mix di malfattori, mezze calzette, opportunisti ecc. dal 1945… che poi oggi siano ancora peggio su questo siamo d’accordo.

Emilio Gargiulo

Non migliori nel senso di onesti, ma all’epoca non esisteva nessun partito espressamente razzista. (Forse il MSI, ma non cisì apertamente). Un personaggio come calderoli non sarebbe mai esistito.

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