Andare alla radice e giocare fino in fondo la sfida della cultura, in tutte le sue dimensioni, che è poi la questione della grande transizione di questi anni e quindi del futuro. Il cardinal Ruini consegna, con quella lungimiranza che è stata il tratto distintivo di sedici anni di presidenza della Cei, una impegnativa consegna concludendo l’VIII forum del progetto culturale, che aveva a tema proprio “la ragione, le scienze e il futuro delle civiltà”. Invita ad evitare il semplice gioco di rimessa, la tentazione di accettare di rassegnarsi ad un ruolo marginale, assumendo il tono da “subcultura”, invitando alla proposta ed all’elaborazione. E’ una doppia sfida, culturale e organizzativa, com’è nell’essenza stessa del progetto culturale, su due piani connessi, ma strettamente collegati. E’ la sfida ad allargare gli spazi della razionalità, proponendo così – sulla via tracciata dal Papa – non solo un dialogo, ma un nuovo incontro della fede cristiana con la ragione del nostro tempo. E’ l’impegno ad entrare nella ragione dell’agnosticismo contemporaneo, che è una condizione di tanti, in Europa, che genera una “strana penombra”, che tende a rimuovere come politicamente scorretto il tema di Dio, con tutte le sue implicazioni. Bisogna insomma “porre la questione di Dio”, al di là delle stesse seduzioni dell’agnosticismo: che non è una questione solo teorica, ma anche eminentemente pratica. Ed esiste uno stretto nesso tra questione dell’uomo e questione di Dio. Tutti i saperi sono chiamati in causa, come si è visto al Forum, di fronte a questo impegno, dalla filosofia e dalla teologia, al diritto, alle scienze. Ma non si tratta solo di un impegno di elaborazione, ma anche di un abito spirituale, la prospettiva cioè della sintesi di una fede amica dell’intelligenza e una prassi di vita caratterizzata dall’amore del prossimo, secondo la formula lanciata dal Papa a Verona. Accanto all’impegno di proposta, di elaborazione e di incontro e dialogo culturale c’è insomma anche la dimensione organizzativa: è tutta la comunità ecclesiale protagonista, è una Chiesa che resta chiesa di popolo che si mette n gioco anche sul piano dell’elaborazione e della proposta. La Chiesa in Italia d’altra parte non può non avere un ruolo “esemplare” di un dinamismo cattolico: un cristianesimo piantato in occidente e capace di universalità. “E’ un’Europa senza radici e senza pathos”, si è detto nel dibattito, quella che festeggia il cinquantenario, che misura il limite, l’incapacità delle classi politiche di elaborare proposte per il futuro. Proprio l’incalzare degli eventi, la questione dell’uomo che non può non rinviare anche alla questione di Dio, invita ad operare con serenità e chiara determinazione.
Cattolici, cultura e società
3 commenti
Commenti chiusi.
siamo alle solite, niente di nuovo.
Confondiamo la gente, gettiamo fumo, parliamo di aria fritta sì, ma parliamone bene che fa più effetto. Tutto per abbagliare e distogliere lo sguardo della persone dalla verità vera, che hai visto mai il popolo bue si mette a ragionare e a fare due semplicissimi conti, e qui questi si ritrovano tutti in mezzo ad una strada.
” La Chiesa in Italia d’altra parte non può non avere un ruolo “esemplare” di un dinamismo cattolico: un cristianesimo piantato in occidente e capace di universalità ”
“Dinamismo” cattolico? Ma in che senso, spaziale o progressista?
Tutte le religioni sono a mio avviso capaci di universalità, proprio per la loro caratteristica vocazione di soddisfare un bisogno spirituale “interiore” dell’uomo.
Siamo alle solite: per i cattolici il cattolicesimo è la migliore tra tutte le religioni, perciò gli “italiani” – non si sa bene a quale titolo – debbono cooperare ed esportarla in tutto l’occidente. Pena la dannazione eterna o la perdita di unità culturale per l’Europa.
Parola di Camillo.
Mi sorprende sempre la capacità che il clero ha di giocare con le parole per dire sempre le stesse cose ossia: noi siamo dalla parte del bene voi da quella del male
Una separazione netta come se mai potessero sovrapporsi e confondersi
Una ingenuità che si spinge fino a negare ogni evidenza