Dolce e Gabbana fanno ammenda. «Scusateci, non volevamo offendere proprio nessuno, tanto meno le donne. Le consideriamo regine e non manchiamo mai di dimostrarlo in tutte le nostre sfilate».
Gli stilisti non si apettavano di scatenare un tale scandalo con la loro pubblicità, che da un paio di giorni è stata vietata in tutta l’Italia. Così ha deciso il Comitato di Controllo, deputato dal Codice di Autodisciplina Pubblicitaria. Il provvedimento è scattato definitivamente l’altro ieri, dopo le numerose richieste di far sparire quell’immagine immortalata dal mago del clic Steven Klein, che mostra una donna a terra, bloccata per i polsi da un uomo a torso nudo, mentre altri tre ragazzi assistono alla scena.
Il manifesto spiega anche che la fotografia è stata ritenuta in netto contrasto con gli articoli 9 («violenza, volgarità, indecenza») e 10 («convinzioni morali, civili, religiose e dignità della persona») del codice di autodisciplina. «Abbiamo aderito alla richiesta del comitato di ritirare la campagna pubblicitaria date le polemiche che ha sollevato», dicono Dolce Gabbana e non si sottraggono alle spiegazioni di questa vicenda che da giorni fa discutere. […]
Dolce e Gabbana “Donne scusateci ma non ci pentiamo”
18 commenti
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Mah, forse vi pentireste se da domani smettessero di regalarvi soldi per delle cianfrusaglie sopravvalutate…
@Damiano
D&G (e molti altri stilisti), accanto ad un mucchio di fuffa comprata effettivamente da gente che ne vuole solo “esibire” il logo, producono vestiti di eccellente fattura, grande sobrietà e buon gusto. Ovviamente questi vestiti li puoi riconoscere solo se sei un “intenditore” di sartoria e linee, cosa effettivamente non comune.
Questi non sono i modelli utilizzati in genere nelle pubblicità, né quelli più notati nelle sfilate, proprio perché “normali” e apparentemente poco caratterizzati.
Non prendertela con gente che il suo mestiere sa farlo ottimamente e che, in più, riesce anche a vendere fuffa agli ignoranti solo perché c’è il loro nome stampigliato addosso…
Non sono un intenditore.
Ma quelle mutande con l’elastico largo 3 centimetri (come quelle che portava mio nonno a militare) con scritto D&G che debordano dai jeans a vita bassa mi rendono poco arrapante anche il più bel culetto del mondo! 😉
Vestiti di eccellente fattura se ne trovano anche senza griffe.
sorry…
C’è un articolo interessante della dominijanni sul manifesto che conclude in questo modo:
“E, spiace per il Foglio, non uno stupro gay, ma la fantasia omosessuale che c’è dietro ogni stupro di gruppo eterosessuale.”
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/06-Marzo-2007/art23.html
La fantasia omosessuale esiste molto spesso dietro al sesso di gruppo, anche senza stupro.
Ad esempio un rapporto di tipo “tradizionale” (cioé senza contatto omosessuale) tra due uomini e una donna spesso nasconde fantasie omosessuali, la donna in questo caso è solo un mezzo tra i due uomini per avere un rapporto erotico senza esplicitarlo. Questo è spesso vero. Come del resto puo’ esserlo la sodomia anale con una donna. Detto questo mi sembra pero’ esagerato dare troppa importanza a questa pubblicità. Non bisogna cadere nella deriva francese dove il legislatore sembra impegnato a dare protezione psicologica ai vari gruppi discriminati (donne, gay, ebrei ecc.), ma piuttosto conservare le energie per i diritti, contro le discriminazioni, per l’uguaglianza salariale tra i sessi. E questi non si ottengnono con la censura di D&G, peraltro giustificabile in questo caso.
Il prezzo ragionevole dipende da che cosa ti interessa: a me ad esempio sembra assolutamente irragionevole spendere soldi per un’auto, per una trasferta di calcio o per un cellulare, mentre spendere 1500 euro per un vestito (avendoceli) sembra ragionevolissimo: questione di gusti ed obiettivi.
D&G, come molti altri stilisti, hanno diverse linee, alcune delle quali puntano tutto su chi vuole la griffe (vedi mutandoni griffati, per me orribili) e sull’identificazione di gruppo. Negli anni 80 c’erano i Moncler e le Timberland, oggi ci sono altri orrori. Ma non è un problema dello stilista, è una questione di persone che vogliono identificarsi in un “gruppo” (ricco, alla moda, trendy…).
Questo comunque non identifica in toto l’attività di un settore (sempre non riferendomi solo a D&G) che raggiunge vette di qualità assolutamente pregevole.
Quanto a vestiti di ottima qualità senza griffe… beh… se hai un ottimo sarto che ti fa le cose su misura e COPI i modelli degli stilisti, forse sì, altrimenti no, ve lo garantisco… E’ come paragonare i mobili dell’Ikea con il lavoro di ebanisteria…
Mi stupisce comunque il moralismo che trasuda dai giudizi emersi in questo e nel post precedente sull’argomento… Sembra quasi di sentir parlare la Binetti… Guardate che la funzione dell’apparire bene (sia a livello di richiamo sociale, che a livello di identificazione di gruppo e di posizionamento nella sua gerarchia) è quanto di più utile possibile a livello biologico: inutile fare i buonisti, l’apparenza CONTA tra gli esseri umani, così come tra gli animali…
scusate: richiamo sociale=richiamo sessuale
E “l’apparire bene” sarebbe girare con un pezzo di stoffa da 1500 €? che fai, giri con la targhetta del prezzo ?
Suvvia, non vorrai farmi credere che un maglioncino (fatto confezionare magari in fabbriche orientali da manodopera a basso costo ma con un eccellente sistema di controllo della qualità) può avere un valore di 500 o 1000€ ?
Questo non è “apparire bene”, questo è “buttare i soldi” esattamente come è buttare soldi spendere 200€ per un’automobile, è solo un modo per ostentare ricchezza, l’oggetto smette di essere funzionale e diventa “culto”.
@Silvia:
Scommetto che lo sai meglio di me:
quanto può raggiungere il ricarico del venditore venditore in un negozio di prodotti griffati?
scusa…
quanto può raggiungere il ricarico del venditore finale in un negozio di prodotti griffati? (le cosiddette “butiques”…)
Ciò che mostri di te è una forma di comunicazione.
Se ciò che vuoi dire di te è “io faccio parte di un certo gruppo” usi dei simboli esteriori.
P.es.:
– se vuoi fare il giovanotto bene in un mucchio di “rozzoni” ti metti le mutande griffate con un logo grosso così che tutti possono leggere
– se vuoi sembrare un intellettuale di sinistra extra-parlamentare ti vai a cercare un eskimo sporco in un negozio di seconda mano
– se vuoi sembrare un professionista con un solido back-ground, ti metti giacca la cravatta di un college prestigioso (dove in genere non c’è una scritta vistosa, ma una particolare rigatura regimental)
– per una signora “bene” può essere portare dei vestiti di alta sartoria, che distingui dallo stile e dai particolari (tipo la qualità dei tessuto, la finitura di asole, gli aggiustamenti “su misura”)
Tutti questi codici possono essere capiti oppure no. In genere si sa riconoscere molto bene ciò che identifica qualcuno “simile” a te.
Un vestito per gli esseri umani NON serve solo ed essenzialmente per coprirsi, ma serve anche per comunicare e come fonte di identificazione sociale.
Se a una ragazza per essere accettata dal suo gruppo è utile spendere 300euro per un paio di jeans o a una signora bene 1200e per un maglione (o ad un uomo 20.000 euro per una macchina, o sfoggiare una bella donna di 20 anni più giovane), evidentemente sono bene spese.
Il valore non sta nel bene in sé, ma nella simbologia associata. Ti sei mai chiesto come mai uno dei primi reperti associati alla civiltà sono i gioielli e i pezzi di abbigliamento (era un dono funerario tipico fin da prima dell’antico egitto)? Lo sai che nella Roma classica una delle pochissime rivolte femminili era avvenuta perché era stato vietato alle matrone di esibire ornamenti di lusso? E grandi retori le avevano difese (cosa strana per la mentalità romana) dicendo che erano gli ornamenti che ne qualificavano il valore (leggi: la posizione sociale).
Ampie ricerche evoluzionistiche mettono in risalto sempre di più la selezione intra-specifica piuttosto che quella tra specie diverse: tra individui della stessa specie la competizione è più forte che tra specie diverse, perché si hanno le stesse esigenze. In questi scenari è essenziale appartenere alla fascia più fitted (o che appare tale). Per un uccello può consistere nell’avere un piumaggio sgargiante che dice: le mie piume attirano predatori, ma sono vivo quindi sono più forte (o furbo o veloce) dei predatori; oppure: guarda come devo essere sano e mangiar bene per avere colori così vivaci! Ciò attira partner sessuali e, nelle specie sociali, alleanze. Per gli esseri umani non ci sono le piume, ma i vestiti.
Farci sopra del moralismo, ripeto, fa molto Binetti o Ruini. Per inciso, è notorio che per una donna giovane vestirsi modestamente ha storicamente 2 significati ben precisi:
– sono pudica e non ti tradirò
– sono economa e non dissiperò le tue risorse.
Entrambe orientate al matrimonio in una società in cui le donne dipendono a lungo termine dall’uomo per le risorse. Quindi il grande puritanesimo in materia di abbigliamento è in certe culture una “strategia di accalappiamento” assolutamente equivalente ad una minigonna.
Gabbana dovrebbe invece scusarsi, non solo con le donne, ma con l’umanità intera, per quel patetico spot pubblicitario di un’auto in cui recita la parte dell’eterosessuale convinto…. (dopo secoli di lotte per i diritti, ecco finalmente il politically correct contronatura)
Se il testimonial è così poco credibile, lo sarà anche l’oggetto pubblicizzato.
“Per inciso, è notorio che per una donna giovane vestirsi modestamente ha storicamente 2 significati ben precisi:
– sono pudica e non ti tradirò
– sono economa e non dissiperò le tue risorse.
Entrambe orientate al matrimonio in una società in cui le donne dipendono a lungo termine dall’uomo per le risorse. Quindi il grande puritanesimo in materia di abbigliamento è in certe culture una “strategia di accalappiamento” assolutamente equivalente ad una minigonna.”
Sarai sorpreso di sapere che ci sono persone che escono da queste categorie animalesche. Se ti piace entrare, o te l’han fatto piacere, in queste categorie, ciò non significa che le tue regole valgano per tutti.
Mi ricordi un amico giapponese con cui ho chattato tempo fa, che mi diceva di aver letto in un libro che per far piacere ad un’italiana bisognava dire “bella gnocca”. Io cercavo di spiegargli che in Italia questa frase non è apprezzata molto… e lui mi contraddiva (dal Giappone e senza aver mai vissuto in Italia) perchè sul suo libro era scritto così quindi era vero.
@Silvia:
Non per quanto mi riguarda, forse ti sorprenderà (o forse no) il fatto che io MAI nella mia vita mi sia posto il problema di cosa mettermi in funzione di cosa voglio sembrare.
E’ un discorso che comunque ho sentito fare altre volte, infatti quando qualcuno mi dice che ad un colloquio di lavoro bisogna andare vestiti eleganti, io lo guardo come se fosse un marziano (sarà perchè sono ingegnere, boh…)
A testimoniare questo fatto potrei portare mia madre e mia sorella, infatti è piuttosto notoria in famiglia la mia sistematica e inguaribile reticenza a passare piu di 10 minuti di orologio all’interno di un negozio d’abbigliamento (massimo 1 volta all’anno!!).
Quando ancora studiavo e vivevo a casa, mia madre andava a prendermi capi d’abbigliamento da sola (con mio grande sollievo), qualsiasi cosa portasse a casa che non mi facesse sembrare un clown, io la indossavo senza nessun problema, unico prerequisito la praticità: odio indossare abiti delicati che mi costringano a prestare attenzione a tutto ciò che faccio perchè “se no si sciupa!”.
Messa in questo la faccenda è addirittura peggiore di quanto pensassi, mi stai dicendo che uno non spende 1500€ perchè è semplicemente un collezionista (snob) di “oggetti preziosi” da esibire, o perchè semplicemente preda del consumismo fine a se stesso, ma addirittura perchè questo gli fornisce una sorta di nulla osta per l’accettazione sociale (mecojo!! stiamo messi bene…).
Vedi, quello che mi stai dicendo è un tantinello diverso dalla realtà che mi circonda: nel mio caso sono io che mi son sempre scelto i gruppi in base alle mio modo di essere, non c’è nessun moralismo in questo, potrai non crderci ma è proprio così. Prendiamo ad esempio la moto, per quasi 30 anni ho sognato di avere una moto, mi son sempre piaciute fin da piccolo, solo che, come spesso capita, la mia famiglia si è sempre rifiutata di accontentarmi per motivi per così dire “salutari” (e di questo assolutamente non li rimprovero, anzi). Finita l’università arrivano i primi lavori e i primi soldi e una delle prime soddisfazioni che mi son levato è stato proprio l’acquisto di una moto (usata e in comproprietà con mio cugino). Ovviamente questo ha comportato il contatto con un mondo nuovo, ho iniziato a conoscere gruppi di motociclisti, mi sono iscritto ad un club e così via. Tuttavia il rapporto causa effetto è stato assolutamente inverso rispetto a quello che hai descritto, non mi sono comperato la moto per far parte di un gruppo di motociclisti (infatti prima ne conoscevo pochi come chiunque altro), ma piuttosto è stata la passione per la moto a farmi conoscere il gruppo.
Tuttavia, per tornare al discorso di D&G e della loro speculazione, sono perfettamente convinto che il costo della qualità abbia un limite (se non altro perchè la qualità stessa è un attributo limitato), quindi non sono sarei affatto sorpreso dal fatto che tu non sia in grado di distinguere, per strada, una persona che indossa un abito da 1500€ da una che ha speso “solo” 500€ per un abito del tutto simile (se non guardando il marchio ovviamente…).
Il resto, dal mio punto di vista, e “fumo”, anche se questo non toglie che al mondo ci sia chi ha bisogno di fumo per vivere, e su questo posso anche concordare.
@Damiano
Confermi ciò che dicevo…
Tu con il tuo modo di vestire comunichi proprio ciò che sei, una persona che probabilmente non ha grande bisogno di identificarsi con un gruppo preciso, che dimostra di badare ad altre cose rispetto all’esteriorità, che vuol mostrare di avere altre priorità rispetto a schemi di un certo tipo… Insomma: sei un INGEGNERE!! 😉
Ma non tutti sono così, altre persone sono diverse e con il loro abbigliamento lo comunicano.
By the way… non per giustificarmi (non me ne vergognerei), ma non è che vada in giro “firmata” né costosa, personalmente per l’abbigliamento spendo pochissimo, in assoluto meno che per i libri, semplicemente mi piacciono molto le “arti minori” (ebanisteria, gioielleria…), in più sono cresciuta con una nonna sarta, e quindi un bell’abito mi lascia incantata quanto un Rembrandt. Poi il discorso “socio-antropologico” sull’abbigliamento mi interessa.
@Barbara
Mi dispiace per te ma SIAMO animali e una delle motivazioni più forti che abbiamo è quella della riproduzione (lo diceva anche Freud, parlando però di “sesso”).
Comunque forse hai frainteso i termini: l’abbigliamento “modesto” vuol dire quello socialmente accettato per le donne “oneste”: vedi tra i puritani del 1600 le donne con la cuffietta e neanche un capello fuori, per le donne islamiche portare il velo, per molte famiglie italiane tuttora non portare la minigonna…
E’ vero o no che tutt’oggi si identifica la “ragazza seria” con quella senza scollature, semplice, non provocante etc.? E il messaggio sotteso alla “ragazza seria” è proprio l’orientamente verso un legame “serio”. Se non te ne sei mai accorta, sei tu ad essere vissuta in un’altra cultura…
E con questo non voglio dire che se vai in giro scollata devi avere per forza un certo tipo di comportamento, o dire che nel 100% dei casi è SEMPRE così: per fortuna i modelli culturali cambiano e il comportamente non è “fisso”. Mediamente però è così… Scusa, ma se vedi le foto di Britney Spears che va in giro in mini senza slip, secondo te che “messaggio” o idea di sé vuol dare?
@Barbara
non so se leggerai, visto che ormai il post è vecchio… Comunque, visto che ho in precedenza apprezzato diversi tuoi interventi, mi spiacerebbe farmi etichettare da te in un modo che non reputo competermi..
Cerco di rispiegarmi con termini diversi, in un certo senso meno “tecnici”.
La maggior parte delle persone (uomini e donne) ambiscono ad avere amicizie, affetti, compagni stabili ed affidabili, figli (cioè appartenere a gruppi, stringere alleanze, riprodursi). Personalmente non sono tutte mie scelte di vita, ma in questi obiettivi non ci vedo nulla di male. Per raggiungerli, le persone (esattamente come gli animali) adottano dei comportamenti più o meno consapevoli (le strategie) ed utilizzano metodi di comunicazioni basati anche su ciò che si vede di noi. In questo senso, l’abbigliamento per gli esseri umani è un linguaggio e, come il linguaggio, si compone di elementi consci ed inconsci e si evolve nel tempo e cambia a seconda delle culture.
Per quanto riguarda le donne, nei secoli passati siamo dipese fortemente dagli uomini per avere una forma di vita decente, in pratica, per la donna media, qualsiasi forma di realizzazione o sussistenza dipendeva dal trovare un marito affidabile. Jane Austen 200 anni fa diceva che c’erano poche cose più patetiche di una zitella senza mezzi economici. Per fortuna le cose stanno cambiando, ma anche oggi non puoi negare che per moltissime donne anche italiane il matrimonio è visto come l’obiettivo e realizzazione di una vita.
Non mi sento di condannare una donna che adotta delle strategie per trovare un buon compagno, non lo trovo “animalesco”: lo trovo molto umano. E, che piaccia o no, la bellezza e la desiderabilità sono mooooolto “accalappianti” (leggilo in modo scherzoso, magari pensando ad una velina che si avvinghia ad un calciatore). Ma in tempi e culture non molto distanti, donne che adottavano stili di vita o comportamenti sopra le righe si tagliavano fuori da qualsiasi legame serio; non andare molto lontano: nel paese di mia nonna, quando ero bambina (anni 70/80) mi davano della puttanella perché mettevo i calzoni corti, giocavo a calcio e andavo in montagna con i maschi. Dicevano alle figlie di non frequentarmi perché ero una poco di buono e la mia cattiva reputazione (purtroppo assolutamente immotivata… sob…) poteva “contagiarle”. Comportarsi (nonché vestirsi) “male” era e spesso è ancora qualcosa che pregiudica possibilità per molte donne essenziali. Magari non in una grande città, ma non ci sono solo quelle…
Io mi ritengo fortunata di poter scegliere come vestirmi, come parlare, che lavoro fare, di frequentare i maschi per farci sesso o solo per amicizia, ma non per tutte la scelta è facile o immediata, tipo per molte islamiche portare il velo (o per certe ragazzine non cedere al “must” dei mutandoni griffati).
Spero di aver chiarito…. Ciao
E’ bello invece lo spot……Mette proprio in evidenza quanto le donne di oggi siano,ahimè,sottomesse agli uomini,se tali possono essere definiti quelli usati da dolce&gabbana……La donna di oggi,purtroppo,è solo corpo e per corpo intendo seno e sedere,di materia grigia ne è rimasta poca…..ed è giusto mettere in evidenza questa triste realtà…