FIRENZE – L’aumento costante di analisi, visite e approfondimenti sulle donne in gravidanza non serve ad assicurare diagnosi esatte, il miglioramento della tecnica non ha permesso di cancellare l’errore di ecografie, amniocentesi e villocentesi. Lo rivela una ricerca europea: solo il 45% delle malformazioni del feto viene scoperto prima della nascita. Lo conferma la presidente della società degli ecografisti ostetrici-ginecologi Tullia Todros: “Occorre che le donne siano consapevoli della reale efficacia dell’ecografia, che non supera comunque il 50%”.
Negli anni dal 2000 al 2005, rileva l’Istat, il numero delle donne che hanno fatto tre o più ecografie durante la gravidanza è passato dal 75 al 79%, quello di chi ne ha fatte sette o più è salito dal 23 al 29%. Anche le visite sono aumentate. Il 56,5% delle gestanti ne ha fatte almeno sette nel 2005, cioè quasi il 4% in più di cinque anni prima.
La maggiore medicalizzazione della gravidanza, che ha permesso di scoprire più malformazioni, non ha fermato il calo costante degli aborti. Nel 1982 erano state 234 mila le donne che avevano chiesto l’interruzione volontaria, quasi il doppio di quelle che hanno fatto la stessa scelta nel 2005, cioè 129 mila. Il 2,6% di questi aborti sono stati terapeutici, cioè effettuati oltre i 90 giorni dall’inizio della gravidanza.
Le famiglie hanno deciso di abortire quasi sempre dopo che gli esami hanno scoperto una grave malformazione. Ma molti problemi sono scappati, soprattutto alle ecografie.
La prova scientifica arriva da uno studio concluso di recente in mezza Europa, la ricerca Euroscan dell’univertà di Strasburgo. Sono stati esaminate ben 709 mila gravidanze (cioè quasi 200 mila in più di quelle registrate in un anno in Italia) portate a termine in un periodo di 2 anni e mezzo in aree, tra le altre, della Danimarca, della Spagna, della Germania, della Francia. […]
Se nel campo diagnostico la tecnica non è ancora in grado di prevedere tutti i problemi, in quello della rianimazione neonatale sono stati fatti passi avanti che generano dubbi nei professionisti, sospesi tra cure efficaci ed accanimento terapeutico soprattutto quando si parla di neonati particolarmente prematuri, di 22 e 23 settimane. Difficoltà accentuate quando la tecnica viene utilizzata per rianimare bambini dopo l’aborto. E così si prendono decisioni in ordine sparso. Al San Camillo di Roma si consegna alle famiglie un modulo di consenso informato per dare solo cure compassionevoli al feto che dovesse sopravvivere. A Milano la clinica Mangiagalli ha deciso di non praticare aborti dopo la ventiduesima settimana, quando aumentano le possibilità di rianimare il feto. E società scientifiche e comitati etici scrivono codici e linee guida. Come la “Carta di Firenze” per i neonati di 22 settimane di età gestazionale chiede “solo cure confortevoli salvo in quei casi del tutto eccezionali che mostrassero capacità vitali significative”.
Il testo integrale dell’articolo di Michele Bocci è stato pubblicato sul sito de La Repubblica
“Nel 1982 erano state 234 mila le donne che avevano chiesto l’interruzione volontaria, quasi il doppio di quelle che hanno fatto la stessa scelta nel 2005, cioè 129 mila.”
Accidenti, Don Oreste Benzi celebra 129.000 funerali all’anno? Oppure salta sù solo quando l’effetto mediatico è assicurato e la strumentalizzazione è perfetta? Col calar delle vocazioni c’è sempre più bisogno di stakanovsti come lui nel mondo relativista odierno.