C’è un ateo in toga al citofono

Solo la rivendicazione di una forte identità può salvare i cattolici dal relativismo. Ecco il decalogo per le altre comunità che non vogliono essere da meno

Secondo il pensiero del cardinale Giacomo Biffi e il magistero di papa Ratzinger, solo la rivendicazione di una forte identità può salvare i cattolici dal relativismo, ribadendo in ogni istante della propria vita privata e pubblica la propria fede e i propri convincimenti etici. Sull’esempio dei cattolici, e per non dare la cattiva impressione di essere meno determinati dell’esprimere la propria identità, ecco alcuni consigli per alcune delle altre comunità presenti nel nostro paese.

Atei. Il buon ateo dovrà far notare ogni giorno ai vicini di casa che Dio non esiste, citofonandogli e imponendo che l’argomento venga messo all’ordine del giorno durante le riunioni di condominio. In ascensore, piuttosto che divagare con le consuete chiacchiere sulle condizioni meteorologiche, dovrà avvertire il vicino di pianerottolo che, dopo la morte, egli si dissolverà nel buio eterno, senza speranza. Per non correre i rischi del relativismo, qualora suonassero le campane della chiesa di quartiere, dovrà affacciarsi alla finestra intonando canti priapici o dionisiaci, ribadendo così la propria totale estraneità al culto cattolico. L’ateo davvero attento alla propria identità culturale non si limiterà a non battezzare i suoi figli, ma disturberà attivamente il battesimo dei figli altrui, distraendo il prete con argomenti divaganti. L’abbigliamento consono all’ateo è la toga indossata alla Seneca, facendo però attenzione, nelle ore di punta, a non impigliarsi nelle porte della metropolitana.

Immigrati. Gli immigrati di ogni provenienza, per non dissolvere nell’anonimato metropolitano la propria identità, devono indossare il costume tipico del Paese d’origine. Il lappone in pelliccia di foca, il tartaro con la mantellina di capra, il centrafricano con il tamburo sempre a tracolla, il russo con il colbacco, l’arabo con il cammello, l’australiano con il boomerang, il brasiliano vestito da calciatore, l’argentino da gaucho, l’olandese con gli zoccoli di legno, l’egiziano sempre di profilo, il brianzolo con un finanziere che lo rincorre: solo così nelle nostre strade potremo riconoscere le diverse identità nazionali e salvarle dalla deriva relativista.

Comunisti. Con barba e capelli lunghi (se si è calvi, con il pizzo alla Lenin), il vero comunista dovrà salutare con il pugno chiuso anche quando entra dal panettiere. In ogni momento della sua giornata dovrà onorare il marxismo scientifico fermando i passanti e facendogli domande a bruciapelo sulle differenze tra struttura e sovrastruttura, sgridandoli severamente qualora fossero impreparati. […]

Libertini. Come può il vero libertino distinguersi dalla generica sessuomania oggi in auge? Come evitare che una seria, motivata professione di libertinaggio si confonda con lo sbiadito, banale malcostume imperante? Semplice. Con la parrucca sempre in ordine, bene incipriato, il libertino consapevole estrarrà dal giustacuore bigliettini licenziosi che offrirà a tutte le donne che gli capitino a tiro. La sua casa sarà un’alcova, coperta di velluti e cuscini fin dall’ingresso (necessario un aspirapolvere molto potente), con vedute di Venezia e di Parigi alle pareti. Deve avere la sifilide.

Il testo integrale dell’articolo di Michele Serra è stato pubblicato sul sito de L’Espresso

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6 commenti

mauro

I Cattolici dovrebbero portare un distintivo ben visibile per rimarcare la propria identità.

Flavio

@mauro
Già ce l’hanno uno stemma, è una specie di X fatta con due bastoncini, uno verticale e uno orizzontale più corto. Solo che per salvarci tutti preferiscono inchiodarlo ai muri degli edifici pubblici…

cloroalclero

minkia…io ke sono ateo e libertino….quante cose devo fare al giorno??
non oso pensare a quante cose deve fare un sovietico,ateo,e a cui piace scopare!:-)

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