I laici cattolici chiedono di poter parlare

Ormai è certo: il 12 maggio tutti in piazza San Giovanni, a Roma, a difendere la famiglia. La manifestazione, che avrà come slogan «Più famiglia», sarà la prima, vera risposta a un attacco che si è intensificato negli ultimi mesi ma che è all’opera da tempo, grazie alla diffusione di una cultura che porta alla disgregazione del tessuto sociale e del senso comune, senza proporre concrete alternative.
Dove conduce, infatti, questa cultura? La risposta è che si tratta di conquiste di civiltà, e che l’Italia sarebbe l’unico Paese, in Europa, a non accogliere con entusiasmo norme che si limiterebbero a prendere atto di un mutamento già avvenuto. Ma a un’indagine appena attenta si scopre che nelle altre nazioni europee i danni sono tangibili e non facili da riparare: l’aumento delle unioni di fatto corrisponde regolarmente a un’alta percentuale di separazioni, a una crescita delle madri sole, all’eclissi o alla transitorietà della funzione paterna, all’impoverimento femminile, a un calo delle opportunità per i figli, e talvolta, come è stato messo in evidenza nel caso inglese, a un drammatico incremento della violenza e del disagio giovanile.
Inoltre, da noi le coppie di fatto sono appena il 4% del totale, dunque non si tratta di sanare situazioni preesistenti, di regolare un imponente fenomeno di costume, ma di promuoverlo e incoraggiarlo, creando opzioni alternative. Mentre il matrimonio è fortemente impostato sui doveri, per tutelare il più possibile i soggetti deboli, le nuove forme di convivenza sarebbero centrate sui diritti, e produrrebbero uno squilibrio oggettivo. […]

Il testo integrale dell’articolo di Eugenia Roccella è stato pubblicato sul sito di Avvenire

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