Jeremy Paxman ha intervistato Richard Dawkins per il programma BBC news intitolato “The Newsnight Book Club”. Si tratta di una breve intervista di meno di 10 minuti in cui Dawkins espone sommariamente i punti di vista chiave che peraltro costituiscono alcuni dei fondamenti topici del suo libro “The God Delusion”. Pubblichiamo qui di seguito la traduzione dell’intervista curata da Andrea Valente (grazie Andrea) .
Jeremy Paxman: «Professor Dawkins, perchè Lei è così preoccupato a proposito della posizione della Fede nella nostra società?»
Richard Dawkins: «Mi preoccupo della verità, in quanto scienziato mi interessa palesemente la verità, e considero le pretese religiose in merito all’universo come pretese scientifiche alternative. Quindi la pretesa che l’universo contenga un Dio, un’intelligenza creativa è una pretesa scientifica, in quanto l’universo sarebbe molto diverso con un Essere di questo tipo rispetto a come sarebbe senza di esso. Quindi è parte di ciò, dell’interesse per la verità; ma Lei ha formulato la frase dicendo perchè sono preoccupato della nostra società… e credo proprio che uno dovrebbe guardarsi attorno, nel mondo, per comprendere la ragione per cui bisogna preoccuparsi della presenza della religione nella società»
JP: «Ma quando Lei sente, come ad esempio oggi che è il nuovo anno ebraico, il Rabbino Capo parlare alla radio di come ci sia uno scopo nella nostra esistenza, cosa pensa?»
RD: «Dunque, in un certo senso c’è uno scopo nella nostra esistenza, ed è la propagazione del DNA, ma non si tratta di uno scopo particolarmente elevato e comunque non di uno scopo come lo intende lui.
Penso che ci sia uno scopo in ogni esistenza individuale, e questo è lo scopo che ci diamo noi stessi. Lei si dà il suo scopo, io mi do il mio scopo, si tratta di uno scopo molto diverso rispetto a come lo intende il
Rabbino Capo»
JP: «Sono rimasto colpito da una frase del suo libro, più o meno a metà: “Dio, quasi certamente, non esiste»
RD: «Sì.. »
JP: «Lascia aperta la possibilità che esista?»
RD: «Certamente: ogni scienziato lascerebbe aperta questa possibilità. Non si può provare in modo assoluto la non-esistenza di alcunché. Nello stesso modo in cui non possiamo confutare l’esistenza di Zeus, Thor o del “mostro degli spaghetti volanti”, allo stesso modo non possiamo essere dogmatici e dire che siamo certi che Dio non esiste. Possiamo dire che è improbabile, come è improbabile che esista Thor con il suo martello. Potrei definirmi un athorista per rendere l’idea»
JP: «Ma la sua conclusione, o la sua ambizione suppongo, è che le persone che leggono il suo libro abbandonino ogni forma di credo nel Divino»
RD: «Questa un’ambizione assurdamente ambiziosa, ed è la mia ambizione. Non trovo nulla di male nel mirare in alto anche se so che ci sono molti irriducibili credenti che non cambieranno mai. Ma penso che ci sia una terra di mezzo piuttosto consistente di persone che non ci hanno ancora pensato molto. Si sentono religiosi ma non ci hanno pensato molto, e spero davvero che loro possano essere cambiati»
JP: «Ma, lei è uno scienziato e la scienza è estrapolazione di ciò che percepiamo attraverso i nostri sensi, giusto? E alcune persone hanno un senso di Dio»
RD: «Sappiamo che il cervello è una cosa molto molto complessa. Sappiamo che è capace di simulazione. Simula sempre, simula il mondo. Simulare un Dio, una visione, una voce calma sarebbe un gioco da ragazzi per un computer di tale sofisticazione»
JP: «Non è mai stato in cima ad una montagna o qualcos’altro, sentendosi sbalordito da ciò che vedeva e percependo un senso spirituale?»
RD: «Assolutamente sì. In ogni caso è un senso molto diverso rispetto ad un senso spirituale religioso. Intendo questo: il primo capitolo del mio libro è dedicato alla religione einsteniana, e Einstein provava questo
sentimento, come me, osservando l’universo o contemplando le leggi della fisica. Questo non ha nulla a che vedere con Dio come le persone comuni lo intendono, ovvero come un essere personale che legge i tuoi pensieri, perdona i tuoi peccati, sa tutto ciò che fai, ti resuscita dai morti e così via»
JP: «Allora cos’è la Bibbia?»
RD: «E’ una raccolta di documenti scritti da persone nel primo millennio a.C. Come ogni altra mitologia tribale che cerca di dare un senso al mondo. Tutte le tribù ne hanno, tutte diverse. In questo caso si tratta di quella ebrea»
JP: «E il Nuovo Testamento?»
RD: «Il Nuovo Testamento è una modifica che è giunta fino a noi grazie all’invenzione del Cristianesimo, da parte di San Paolo, nel primo secolo»
JP: «E i resoconti dei miracoli sono assurdità, giusto?»
RD: «Sicuramente sì. Voglio dire…»
JP: «La nascita della Vergine? »
RD: «Sì»
JP: «La Resurrezione?»
RD: «
JP: «L’Ascensione? »
RD: «Se guardi, sì»
JP: «Sono tutte assurdità?»
RD: «Se guardi ad ogni religione appartenente più o meno allo stesso periodo, ti accorgi che tutte quelle storie sono duplicate molte volte attraverso il mondo antico. Sono miti molto molto comuni. Ed è capitato che li abbiano raccolti tutti nel Nuovo Testamento»
JP: «Accetteresti almeno il fatto che la posizione, o il possesso di un credo religioso dia alle persone un senso di conforto, e un codice morale?»
RD: «Certo, un senso di conforto lo dà sicuramente, ma questo non ha alcuna influenza sul valore di verità delle pretese religiose. E’ una cosa…»
JP: «Ha importanza?»
RD: «Penso che ce l’abbia»
JP: «Perché?»
RD: «Probabilmente perchè mi capita di essere un tipo di persona a cui interessa la verità. Se tu sei il tipo di persona che dice “Non mi interessa ciò che è vero, ma solo ciò che dà conforto, voglio sentire le buone
notizie, non voglio mi sia detto nulla di quanto è vero”, allora sei il benvenuto. Ma non penso tu sia questo tipo di persona, e non credo rispetteresti una persona di questo tipo»
JP: «Dov’è la prova che una società razionale sia in qualche modo più morale, o un miglior posto in cui vivere, rispetto ad una cultura basata sulla religione?»
RD: «Non so se vi siano prove, suppongo che ce ne siano, ma anche se non ci fossero non penso vorresti vivere in una società che si racconta bugie. Penso preferiresti vivere in una società con una visione veritiera del mondo – del mondo reale – anche se questo conducesse ad una felicità minore – anche se non credo per un momento che sarebbe così. Ma se l’unica giustificazione per la religione è che essa rende le persone felici, allora potresti assumere droghe e renderti felice in quel modo»
JP: «Che c’è di male nell’essere felici?»
RD: «Nulla! Ma alcuni di noi pensano che essere veritieri o affrontare il mondo della realtà chiaro e tondo e onestamente, sia meglio che raccontarsi una bugia»
JP: «Pensa che i leader politici siano peggiori, o più pericolosi, se hanno una convinzione religiosa?»
RD: «Non sono tutti peggiori, ma penso che alcuni lo siano. Se credi di avere una missione divina, se credi che Dio ti abbia detto di invadere l’Iraq. Se in casi ancor più estremi credi – non penso che alcun leader politico vivente lo pensi, ma alcuni dei suoi elettori in America sicuramente sì – che la fine del mondo sia da desiderare devotamente perchè essa significherà il secondo avvento di Cristo… molti elettori di Bush pensano questo, desiderano la guerra nucleare. Lui no, ma è supportato da molte persone che la vogliono. Potrebbe benissimo darsi che essere religiosi, avere quel genere di fede, quel genere di convinzione, di convinzione incrollabile potrebbe essere molto pericolo per un politico. Significa che non ascolti, non ascolti i consigli. Sai semplicemente ciò che è giusto perché te l’ha detto Dio oppure il Libro Sacro»
JP: «Pensa anche che tutti gli scienziati con inclinazioni religiose siano cattivi scienziati?»
RD: «No. In ogni modo, molti scienziati con inclinazioni religiose, ad un esame più approfondito, si dimostrano religiosi in un senso prettamente einsteiniano, quello di cui ho parlato prima»
JP: «Ma ci sono molti scienziati, scienziati autorevoli…»
RD: «Ce n’è qualcuno»
JP: «… che invece hanno convinzioni religiose»
RD: «Sì»
JP: «… che contesterebbero violentemente tutto ciò»
RD: «Beh, ce ne sono alcuni ma bisogna stare molto attenti. Quando uno scienziato dice di essere religioso, solitamente si scopre che gli crede che l’universo sia un luogo molto misterioso, nel senso in cui l’avrebbe inteso Einstein. Ora, ci sono anche scienziati genuinamente religiosi, cristiani. Non sono molto numerosi e devo dire che mi sconcertano»
JP: «Crede siano cattivi scienziati?»
RD: «No no, non lo credo. Ma penso che riescano ad essere così solo attraverso una compartimentazione della loro mente»
JP: «Non capisce come possano conciliare questi due modi di guardare al mondo?»
RD: «No, davvero no. Suppongo che probabilmente ognuno di noi tende un po’ a ragionare a compartimenti, e penso di poter cominciare a comprendere flebilmente la cosa da questo punto di vista. Ma è piuttosto difficile per me»
JP: «Cosa spera di ottenere con questo libro, perché è sicuramente una lettura molto interessante, ed è molto molto convincente. È lievemente stridente in alcuni punti, perché è ovvio che il tema le interessa molto…»
RD: «Sì»
JP: «Ma cosa spera di ottenere con il libro?»
RD: «Spero di persuadere – non tutti, ma un numero sostanziale di persone a metà strada – che non c’è nulla di male a non credere in Dio, non c’è nulla di bizzarro. È probabilmente così che essi sono realmente, se lo ammettessero a se stessi, quindi suppongo sia una sorta di auto-aiuto per l’ateismo»
JP: «Beh, certamente queste persone direbbero – citando uno show americano – cosa risolve la tua giornata?»
RD: «(Ride) La stessa cosa che risolve la giornata a molti altri; ovvero amore per la fratellanza umana, l’amore della natura, dell’arte, del mondo, della vita, della scienza, dei bambini, della musica. Ciò che tutti hanno»
JP: «E trae conforto da tutto ciò?»
RD: «Certo, ma anche se non ne traessi non smetterei di credere in tutto ciò; non credo che noi siamo qui per avere conforto»
JP: «Richard Dawkins, grazie molte»
RD: «Grazie molte a te»
Grande uomo Richard dawkins…………in alcune sue affermazioni mi sembra di rinvenire il pensiero di Bertrand Russell.
Analisi lucidissima ed assolutamente condivisibile.
Interessante e decisamente condivisibile.
In particolare mi soffermerei sulla parte finale dell’intervista. Resto sempre un po’ perplessa quando mi accorgo che gli atei sono considerati, dai credenti, delle persone strane. Anche qui l’intervistatore vuole capire qual’è lo scopo della vita di Dawkins, in cosa crede, cosa gli piace. E’ come se, tolto Dio, l’uomo fosse un’incognita.
Questo aspetto mi affascina molto. Cerco di mettermi nei panni di un credente, uno che vive la sua vita immaginendo che ci sia un’entità sovrumana intenta a vegliare su di lui in ogni momento, per giudicarlo e/o proteggerlo.
Agli occhi di un credente un ateo, forse, è una persona vuota, arrabbiata con il mondo, priva di qualunque spiritualità, incapace di commuoversi, magari dalla moralità dubbia…
Spesso, quando mi è capitato di sentire un credente parlare di Dio, lo faceva con un sorriso velato sulle labbra, un’espressione che diceva “io ho un dono prezioso, io so che qualcuno mi ha voluto e dall’alto mi ama”. Mia zia una volta mi ha detto che la fede è un dono e dobbiamo pregare Dio di darcela.
Noi atei dobbiamo fare i conti con questo atteggiamento. Dobbiamo far capire che siamo delle persone normali, che possiamo essere felici, e ogni volta mi stupisco che tutto questo sia necessario…
Condivido le tesi di R.Dawkins. Rilevo solo un dettaglio tecnico. Molti genetisti (Lewontin, Gould) non sono d’accordo nell’ identificare con la propagazione del DNA lo scopo dell’esistenza, concetto che del resto Dawkins stesso corregge due righe sotto. Il DNA è solo uno dei molti livelli ai quali si può studiare l’evoluzione della vita sulla terra. Il concetto di scopo, dell’esistenza in particolare, è una superba costruzione forse solo umana.
Faj,Genova
In breve rispondo a Chiara P:
sono d’accordo con te,ma aggiungo che dobbiamo far capire che essere atei/agnostici spesso porta nei fatti a una spiritualità e a un’etica anche migliore e più vera!
Scusate ma cosa intendete per “spiritualità”?
Leggo sul dizionario: “Attitudine a vivere secondo le esigenze dello spirito e a dare loro preminenza.”
… e per “spirito”?
Qui sta il problema:
E’ possibile che intendiate il “complesso delle facoltà morali, sentimentali, intellettuali e sim.” e sono d’accordo.
Però faccio notare che bisogna tener presente il significato che gli attribuisce un credente per il quale lo spirito è un “principio immateriale attivo, spesso considerato immortale o di origine divina, che si manifesta come vita e coscienza”.
Da questo significato, per il credente, deriva l’altro che non avrebbe senso altrimenti.
Quello che tentate di fare è affermare il significato derivato negando quello originale.
Secondo me è molto meglio abbandonare l’inneffabile concetto di spirito e riferirci, ad esempio, alla coscienza come attributo naturale, che non ha bisogno del divino.
In questo senso mi sento veramente “privo di spiritualità” e naturalmente sono anche di “moralità dubbia”!
Intendo che non vedo necessità di principi divini e che è piuttosto la “moralità certa” a destare in me molta preoccupazione.
Concludendo, per riallacciarmi a Dawkins, è un caso simile alla religiosità di Einstein: si pretende di far passare per “religione” qualcosa che per il senso comune e storicamente non può definirsi “religione”.
O vogliamo fare come i cattolici che cercano di far passare per laicità (pure sana!!!) una forma di clericalismo moderato?
Dawkins è un vero mito!
Grazie Richards Dawkins .
Ce ne vorrebbero altri 1000 di Richard Dawkins!
Dawkins è un vero genio ed è davvero difficile trovare qualcosa su cui potrei dargli torto.
La cosa che più mi sconcerta e a volte mi fa sorridere è che parlando con alcuni credenti siamo noi a doverci giustificare del fatto che non crediamo in nessun dio… E’ incredibile!!! E’ assurdo!!! Rendendo le cose più semplici e più razionali, dovremmo giustificarci!? Per questo ammiro lo sforzo (disumano!) di Dawkins che cerca di stravolgere questo principio, a cominciare dall’educazione dei bambini.
Ammiro Richard Dawkins, è chiaro, diretto, scrive in maniera stupenda. Ho letto il suo libro in lingua originale (e non essendo di madre lingua inglese sono certo di essermi perso qualcosa) e sto attendendo con ansia la traduzione in italiano per poter “regalare” a molti amici “credenti o presunti tali”.
Danilo hai centrato il problema in pieno:
per quanto sia discutibile il dualismo ‘strano’ e ‘normale’ io ho sempre considerato ‘strani’ i credenti e ‘normali’ gli atei. Invece, paradossalmente, ci troviamo a dover giustificare la nostra posizione che dovrebbe essere quella di base.
Cerchiamo di essere noi i Dawkins della situazione … parliamone al lavoro , tra gli amici e conoscenti … siamo fieri del nostro non-credere e prendendo esempio da quest’uomo cerchiamo di essere più visibili sputtanando le falsità di questa congrega di ladri .
Il lasciar correre non paga … si lotta contro un nemico mortale che qualche secolo fa non esitava a bruciare i suoi oppositori … e non sono cambiati , non possono più bruciare persone ma la loro crudeltà è rimasta tale .
x Faj
Concordo, anch’io lo avevo notato, fortuna che Dawkins si corregge alla fine.
@ Chiara
“Agli occhi di un credente un ateo, forse, è una persona vuota, arrabbiata con il mondo, priva di qualunque spiritualità, incapace di commuoversi, magari dalla moralità dubbia…”
Io penso che questo atteggiamento sia abbastanza naturale da parte di quei credenti che fanno coincidere le religioni con i messaggi di amore per il prossimo che “dovrebbero” veicolare. Messaggi assolutamente condivisibili e che sono l’unica cosa che si potrebbe salvare.
Il problema è che queste stesse persone non sono generalmente in grado di separare il piano delle emozioni da quello della logica, e finiscono per fare della fede un blocco unico, da accettare o rifiutare in toto.
E’ un peccato, perchè ciò irretisce molte persone cariche di altruismo e di buona volontà in un mondo di falsità che non meritano.
“eravate dei materialisti induriti, ed era quindi naturale che foste in bilico al limite di una fede; eravate sul punto di credere a qualunque cosa. (…) Non avrete pace fino a che non crediate in qualche cosa di definitivo” [C.K. Chesterton]
E’ questo qualcosa di definitivo che manca all’ateo, l’origine delle ultime domande dell’intervistatore si ritrova proprio qui, le convizioni assolutistiche dell’ateo non si basano su nulla di assoluto.
“Sicché nell’atto stesso in cui cervavo di dimostrare che Dio non esiste – che tutta la realtà, in altre parole, è priva di senso -, mi trovavo a desumere che una parte della realtà (cioè la mia idea di giustizia) fosse piena di senso. Di conseguenza, l’ateismo risulta troppo semplice. Se tutto l’universo fosse privo di senso, non scopriremmo mai che ne è privo: così come se nell’universo non ci fosse luce e quindi non ci fossero creature provviste di occhi, non sapremmo mai che esso è buio. Buio sarebbe una parola senza significato.” [C.S. Lewis]
@ Faj
concordo, inoltre non è fantascienza pensare che prima o poi nasceranno persone il cui DNA è stato “programmato”: non dobbiamo aspettare che si interrompa la catena della trasmissione del DNA per capire che non è quello lo Scopo dell’esistenza (ammesso che ce ne sia uno).
@Chiara P.
l’ateismo è gioia e libertà, ma questo i credenti non possono capirlo, loro credono…
“Dire che i credenti sono più felici degli atei è come dire che un ubriaco è più felice di un sobrio”
Commenti flash.
A me non piace avere dubbi che possano condizionare la mia vita e con ragionamenti logicodeduttivi sono arrivato a ritenere per certo l’ inesistenza di Dio…fino a prova contraria.
Mi ritengo quindi ateo e non agnostico ( prima ero deista, poi ho capito il concetto di spazio-tempo).
Per senso della vita, tipica invenzione umana come le religioni, intendo qualcosa di simile all’ istinto di sopravvivenza: ogni entità biologica, dalla cellula all’ individuo, ha come unico scopo la sopravvivenza nelle migliori condizioni possibili e siccome l’ unione fa la forza rafforza la propria specie.
Spirito o mente o intelligenza o personalità o intelletto, in contrapposizione a materia : ma tutto è materia o frutto della materia, ergo…
Risposta lampo a chi si stupisce che io sia ateo: ho smesso di credere alle favole!
il problema principale è dato dall’indottrinamento precoce, a cui sono legati molti ricordi affettivi, es le raccomandazioni della mamma o della nonna sull andare a messa, gli amici al catechsmo etc….. anche un credente sa che tutti gli dei sono falsi…. tranne il suo! ragazzi, questo dubbio è davvero intriso di buonismo e finto rigore intellettuale che deriva principalmente dal giocare con le parole, che dio non esista non vi sono dubbi, quel che sconcerta è che pure noi a volte possiamo avere dubbi a riguardo…la realtà e scofinata ed oscura…ma non accontentiamoci della spiegazione più facile…
Per non credere in dio basterebbe leggersi con occhi innocenti la storia della chiesa cattolica.
Consiglio di non farsi dare la bibliografia da un sacerdote cattolico pero’…
@chiara, @filosofo bottiglione:
Il coraggio di scrutare la volta celeste e cogliere il silenzio di Dio, la vertigine dell’abisso siderale, la consapevolezza dell’inesistenza di un ordine finalistico o – se preferite – di un progetto amorevole, coraggio che caratterizza noi atei ed agnostici razionalisti … beh, dobbiamo ammettere che lascia un po’ di vuoto dentro, per così dire.
Per quanto mi riguarda, faccio mia la citazione di Freud ne “l’avvenire di un’illusione”, a pié di pagina: “Den Himmel ueberlassen wir
Den Engeln und del Spatzen”
(H.Heine/trad.”il cielo lasciamolo agli angeli ed ai passeri”).
Chi rinunzia ai propri sogni metafisici, rinuncia alla protezione del padre, dunque é pervaso da una vena di sottile malinconia. Non trovate?
@Claudio De Luca:
“Chi rinunzia ai propri sogni metafisici, rinuncia alla protezione del padre, dunque é pervaso da una vena di sottile malinconia. Non trovate?”
No.
Dawkins coglie esattamente il problema quando dice – parafraso – che l’uomo è più felice nell’illusione che nella verità. Da ciò discende anche che all’uomo non interessa la verità, non la sopporta. Sono cose che altri hanno intuito prima, da Schopenhauer a Nietzsche.
Oggi il ruolo che un tempo svolsero questi pensatori nella diffusione dell’ateismo, è stato rilevato da altri pensatori, e dalle scienze, che però come si sa non riescono ad esercitare un ascendente sulle grandi masse.
Penso quindi che l’argomento del “valore di verità” – per quanto esattissimo – non sia sufficiente per diffondere una cultura alternativa; se ci si guarda attorno si comprende che l’uomo comune interpreta sempre fatti, situazioni, pensieri, nel modo che gli è più congeniale piuttosto che secondo i canoni del vero.
E’ evidente che sarebbe meglio vivere tutti eternamente, quindi ci si crede, anche se le prove a sostegno di questa possibilità sono infime. Che la morte sia il nulla non diverte molto come pensiero..meglio scartarlo.
Quindi penso che ancor prima del desiderio di un Dio, sia da cambiare l’anelito metafisico in senso lato, che non è che la metafora o se vogliamo l’embrione del credo religioso, ma può essere presente anche in assenza di quest’ultimo e in forme meno virulente (la terra di mezzo di cui parla Dawkins). E’ ovviamente un problema titanico da affrontare perchè non si tratta di cambiare una convinzione occasionale, bensì di far leva su una predisposizione connaturata che l’uomo ha e si tramanda culturalmente da secoli.
Ma non si tratta neppure di una dicotomia, perché come mostrano molti pensatori, da Einstein a Wittgenstein, il metafisico può co-esistere con il razionale, a patto che non lo prevarichi o che non si traduca in norma o principio guida dell’intelletto, o peggio ancora in una forma di conoscenza.
Ecco, penso che conoscere e dominare razionalmente questo senso che definirei “cognitivo” del metafisico, senza privarsi dei suoi aspetti positivi e fertili, sia la sfida che ogni cultura alternativa a quella religiosa dovrebbe porsi, prima di promuovere la verità che interessa a pochi.
No, dico davvero, anzi, direi che aiuta ad apprezzare maggiormente le meraviglie della natura.
“Chi rinunzia ai propri sogni metafisici, rinuncia alla protezione del padre, dunque é pervaso da una vena di sottile malinconia. Non trovate?”
Magari all’inizio sì e anche intimorito, ma quando hai imparato a camminare nella foresta ti senti forte e libero. Indietro , nel recinto “sicuro”, non si torna.
All’inizio (cioe’ quando ci si stacca dalla fede inculcata) si’. Col tempo passa, anche se non escludo che possa tornare. Indubbiamente non e’ facile convivere con la consapevolezza che la nostra vita non ha un Senso Oggettivo.
OT:
Signor UAAR (Raffaele?) c’e’ l’ora legale! AGGIUSTATE L’OROLOGIO!
@ Claudio De Luca
Per un ateo quell’abisso può essere veramente senza fine. E senza fine la vertigine.
E, soprattutto, la vita un’incredibile missione senza scopo.
per quel che mi riguarda è un pieno di sensazioni che non scambierei con dio
@emilio gargiulo@damiano:
Beh, probabilmente é un mio problema.
Da agnostico razionalista quale sono, non credo in un ordine finalistico, nel peccato, nel bene e nel male.
Ovviamente, tutto ciò non impedisce un rigoroso giudizio etico sulle cose.
Né mi é estranea la bellezza del Cosmo, in tutta la sua magnifica complessità.
Sapere che il sole é una stella costituita da idrogeno, non impedisce l’emozione di un bel tramonto.
Ma rimane tutavia la speranza di sbagliare.
Agnosticismo vuol dire anche questo.
Spero però che questo Dio tanto celebrato dai credenti, non assomigli così da vicino all’essere umano, come invece pretendono questi signori.
Sarebbe un essere odioso, arrogante.
Buon compleanno.
http://richarddawkins.net/happybirthdayRD
Anche Ratzinger legge Dawkins:
http://richarddawkins.net/bdayPics/benedict-xvi-reading.jpg