Chi tiene alla famiglia non sfila al Family Day

Bisogna ammetterlo. Ancora una volta la Chiesa cattolica e il cattolicesimo organizzato sono riusciti a imporre i termini del dibattito sulla famiglia. La trovata del «Family day» è indubbiamente geniale in un paese in cui non si fanno figli non perché ci siano i Dico o perché ci siano troppi omosessuali o transessuali, ma perché i giovani trovano poche ragioni per uscire dalla famiglia di origine e per provare a farsene una propria. E dove la famiglia basata su saldi rapporti di solidarietà intergenerazionale continua a costituire la principale rete di protezione, ma anche di trasmissione delle disuguaglianze, in uno Stato sociale insieme frammentario e poco equo.

Anche a causa di una cultura laica poco radicata e di una politica sottomessa e impaurita, la Chiesa è infatti riuscita a creare nell’immaginario collettivo un corto circuito politicamente e simbolicamente dirompente tra l’assenza di politiche significative di sostegno alle responsabilità familiari e il riconoscimento di alcuni diritti civili e di libertà – e le contestuali responsabilità che ne derivano – a chi non vuole o non può sposarsi, tra un tasso di fecondità ai minimi termini e la diffusione di omosessualità e transessualità. Come se l’assenza di politiche di sostegno alle responsabilità familiari non fosse una eredità che proviene da decenni di governo democristiano e di una ben più lunga influenza della Chiesa, del suo magistero e della sua cultura sul discorso pubblico sulla famiglia – certo anche con l’indifferenza della sinistra. […]

Certo, sarebbe bello sviluppare un discorso pacato e ragionevole su tutto ciò, quando si parla di famiglia e anche quando si parla di riforma delle pensioni o di ammortizzatori sociali. Perché è lì che si gioca in larga misura la partita delle risorse da destinare a chi vuole «fare famiglia», che significa assumersi responsabilità durature verso altri. Ma non è questo che interessa agli organizzatori del Family day, non è questo il dialogo che vogliono. La contrapposizione frontale ai Dico da cui nasce il Family day segnala che in gioco non è la definizione di politiche ragionevoli ed efficaci che sostengano coloro che vogliono avere un bambino, occuparsi di un genitore divenuto fragile, sostenersi reciprocamente nella buona e cattiva sorte. C’è la pretesa di mantenere il monopolio della definizione di quali sono i rapporti responsabili e quali no, quali gli amori leciti e quali quelli illeciti.

Ricordo che in nome di questa pretesa a lungo non sono stati riconosciuti pienamente i diritti dei figli naturali, e solo oggi, nel 2007, si è finalmente arrivati a una proposta di legge bipartisan che elimina ogni disparità tra figli legittimi e naturali. […]

Non andare al Family day, contrariamente a quanto sembrano pensare Lucia Annunziata e altri, non significa non sostenere il valore dei rapporti familiari, e neppure sostenere le ragioni degli omosessuali e transessuali in opposizione a quelle della famiglia. Non si può dialogare con chi delegittima a priori ogni posizione diversa e spesso manca di rispetto per le vite e le scelte altrui, specie quando non sono ipocrite, ma alla luce del sole. Attaccarsi al carro del Family day per legittimarsi come difensori della famiglia non solo non porterà alcun beneficio politico al centro-sinistra, ma rafforzerà nell’immaginario collettivo quella contrapposizione tra diritti individuali e difesa della famiglia, e anche tra orientamento sessuale e comportamento etico, che invece occorrerebbe correggere.

Il testo integrale dell’articolo è stato pubblicato sul sito de La Stampa

5 commenti

Aldo

Articolo: “[…] l’assenza di politiche significative di sostegno alle responsabilità familiari […]”

Le responsabilità familiari non sono e dovrebbero diventare una questione strettamente privata. Non è lecito caricare la collettività di un peso che deriva da scelte personali sulle quali la collettività stessa non ha modo di pronunciarsi.

In altre parole, non vedo perché chi i figli, per un motivo o per l’altro, non li vuole o non li può avere debba farsi carico (come oggi accade) dei figli altrui.

Basta con questa neppure troppo implicita istigazione alla riproduzione!
Per una serie di ragioni, l’apologia riproduttiva dovrebbe essere un reato.

Aldo

Articolo: “[…] l’assenza di politiche significative di sostegno alle responsabilità familiari […]”

Le responsabilità familiari dovrebbero diventare una questione strettamente privata, cosa che con le mille tutele e regalie attuali non accade. Non è lecito caricare la collettività di un peso che deriva da scelte personali sulle quali la collettività stessa non ha modo di pronunciarsi.

In altre parole, non vedo perché chi i figli, per un motivo o per l’altro, non li vuole o non li può avere debba farsi carico (come oggi accade) dei figli altrui.

Basta con questa neppure troppo implicita istigazione alla riproduzione!
Per una serie di ragioni, l’apologia riproduttiva dovrebbe essere un reato.

Aldo

Articolo: “[…] l’assenza di politiche significative di sostegno alle responsabilità familiari […]”

Le responsabilità familiari dovrebbero diventare una questione strettamente privata. Purtroppo, con le mille e mille tutele e regalie attuali, invece la scelta rimane individuale ma la responsabilità è collettiva. Non è lecito caricare la collettività di un peso (e che peso!) che deriva da libere scelte personali.

In altre parole, non vedo perché chi i figli, per un motivo o per l’altro, non li vuole o non li può avere debba farsi carico (come oggi accade) dei figli altrui.

Basta con questa neppure troppo implicita istigazione alla riproduzione!
Per una serie di ragioni, l’apologia riproduttiva dovrebbe essere un reato.

Aldo

Scusate l’invio plurimo (dovuto ad un errore “di manovra”). La versione valida è la terza.

Mangiapreti

Aldo, sono d’accordo con te che non è il caso di esortare alla riproduzione!
Anche questo articolo per quanto intelligentemente critico, purtroppo, non mette in discussione il punto chiave.
Però non sono d’accordo che i figli debbano essere solo a carico dei propri genitori.
Per il semplice fatto che le giovani generazioni rappresentano il futuro della società, per questo il loro “corretto” sviluppo interessa tutti in quanto cittadini.
Proprio questo interesse collettivo e non individuale (!) rende controproducenti le politiche familiari (del tipo bonus-bebè, ecc.) perché sono contributi che vengono sfruttati arbitrariamente dalle famiglie (… e possono far aumentare la natalità).
Mentre, poiché l’interesse è collettivo, il contributo di tutti si dovrebbe concretizzare in opere durevoli come scuole migliori, centri ricreativi o di sostegno, ecc.
In questo senso ritengo giusto farsi carico dei figli altrui o meglio della loro formazione (come della salute) ma non certo del loro benessere economico.

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