Non esistono convivenze buone e convivenze cattive

Che fanno i Ds sulla famiglia? Si può insieme sostenere i Dico e aderire al Family day? Il dilemma è reale. Si capisce che una manifestazione del genere, che si preannuncia molto partecipata, crei qualche malessere ai dirigenti di un partito che, giustamente, ha sempre rivendicato di essere anche un partito di cattolici. E si capisce che non ci si voglia identificare con una posizione radicale o passare per nemici della famiglia. Ma qual è la concezione della famiglia nella sinistra riformista? Qualche giorno fa sulla Stampa Lucia Annunziata ha sostenuto che «il movimento operaio e i suoi dirigenti hanno sempre abbracciato (fino al moralismo) un sistema di vita personale e familiare di massima austerità, indicando in questa scelta una intera scala di valori che si opponeva orgogliosamente alla “libertà” con cui il mondo borghese viveva i suoi legami familiari». Le cose in verità stanno un po’ diversamente. L’austerità familiare è stata abbracciata dai dirigenti comunisti solo dopo la guerra, come parte della rilegittimazione popolare del partito. Nella tradizione comunista la famiglia era una sovrastruttura, destinata ad essere superata nella sua forma giuridica: vedere il convegno dell’Istituto Gramsci ancora nel 1964. Proprio per questo le questioni attinenti i diritti civili e la stessa liberazione della donna erano ritenute secondarie rispetto alla questione sociale. O vogliamo pensare che la tepidezza del Pci nei confronti del divorzio e in genere delle istanze femministe fosse dovuta al suo attaccamento alla famiglia? Sappiamo bene che era dovuta a una politica di prudenza nei confronti della Chiesa e delle masse cattoliche, oltre che alla generale indifferenza ai temi civili.
Questa svalutazione della libertà individuale – in primo luogo delle donne – è durata sino alla fine del Pci. Soltanto l’implosione di quel partito negli anni Ottanta ha consentito di superarla. […]

non è l’importanza della famiglia che divide una concezione riformista e liberale da quella che in questi mesi una parte del mondo cattolico sta fortemente sostenendo. La linea di divisione è un’altra: se si pretende che una sola di quelle diverse forme di convivenza sia buona e giusta, o se si pensa che anche le altre abbiano una funzione positiva e vadano valorizzate. In modi diversi e con strumenti diversi. È ciò che stanno facendo tutti i paesi europei, spesso con risultati ottimi, come in Francia, dove abbiamo insieme i Pacs, le politiche per la famiglia, l’aumento dei matrimoni e della natalità. Perciò sarà bene non andare al Family day: perché, tra una visione radicale e una visione conservatrice, ambedue irrealistiche, i riformisti dovrebbero tenere la loro posizione, senza temere di essere travolti.

Il testo integrale dell’articolo di Claudia Mancina è stato pubblicato sul sito de Il Riformista