Il Primate della Coscienza

E´ improponibile che dei membri di un parlamento liberamente eletto possano essere vincolati a un´obbedienza estranea alle loro convinzioni di coscienza. E´ quasi incredibile che i Vescovi vogliano impegnare la loro autorevolezza su questo argomento, mentre trascurano di invitare i parlamentari a negare il loro voto a atti di guerra, ben più anti evangelici delle unioni di fatto.

(tratto da un articolo di Giuseppe Alberigo pubblicato su Repubblica di venerdì 30 marzo 2007, a pagina 23)

Torna il punto nodale del primato della coscienza: i Dico vanno contro l’ordine naturale delle cose e quindi una sana coscienza deve opporvisi.
Ma, come giustamente nota Alberigo, e come prima di lui mi aveva fatto notare il sempre ottimo avv. Mauro M., affezionato lettore di alteredo.org, com’è che, con tanto di dottrina pastorale della pace e della fratellanza fra i popoli, la Cei non impone obblighi analoghi anche con riguardo al voto per il finanziamento delle missioni belliche?

La risposta sta tutta qui, nel primato della coscienza rivendicato dalla Chiesa. Solo che devono aver commesso un piccolo, quasi invisibile, errore di stampa, che ha contribuito a far salire in cattedra il prode Bagnasco: e ora i politici cattolici si trovano a dover seguire un primate che della sua coscienza fa costituzione materiale universale indisponibile. Una costituzione, dunque, assai pelosa…

La prossima volta, al vertice della Cei, sarebbe meglio mandarci la pecora Dolly. Quadrupede per quadrupede, almeno qualcosa per la ricerca scientifica ci scappa pure di farla…

Fonte: Alteredo.org

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57 commenti

Andrea

Hanno sempre trovato un terreno fertile sul suolo italiano. Trovano sempre un terreno fertile nei paesi piùarretrati nell’istruzione o che sono arrivati tardi all’istruzione di massa.

Bruna Tadolini

Il Darwinismo e la psicologia evoluzionistica che ne deriva sono arrivati ad alcune considerazioni interessanti. Una è questa: poiché il fine della vita è la sopravvivenza, ogni atto di ogni vita, direttamente o indirettamente, ha questo fine. Uno dei meccanismi con cui i viventi si assicurano la sopravvivenza è il prevalere degli uni sugli altri (individui o gruppi a seconda del caso).
Nelle specie inferiori il potere lo si conquista con la forza; in quelle più evolute, come la nostra (ma non solo perché molti primati lo fanno), con l’intelligenza. Nella nostra, che ha acquisito il linguaggio, l’intelligenza è supportata da questo fantastico strumento.

Cosa voglio dire? Che tutte le manifestazioni che stiamo osservando sono gli strumenti di un immane scontro di potere: sono come i diversi argomenti che si usano per prevalere in una discussione. In realtà non importa/è secondario l’oggetto della discussione; quello che importa è prevalere!
Le religioni stanno combattendo la loro battaglia, utilizzando i DICO o il sesso, perché pensano di poter vincere su questo piano contro i loro nemici, cioè i laici razionalisti! Non si lanciano nella battaglia contro la guerra poiché non sarebbero dalla parte opposta dei loro nemici! E per vincere il nemico, come prima cosa, bisogna essere su campi diversi e contrapposti!

JSM

“Nelle specie inferiori il potere lo si conquista con la forza; in quelle più evolute, come la nostra (ma non solo perché molti primati lo fanno), con l’intelligenza. Nella nostra, che ha acquisito il linguaggio, l’intelligenza è supportata da questo fantastico strumento”

eccellente, professoressa Bruna! aggiungo solo che è l’intelligenza capace di produrre l’inganno, strumento preferito delle nostre eminenze..

Bruna Tadolini

aggiungo… peggio!
L’istinto a prevalere è tanto forte che la mente umana addirittura, inconsciamente, si autoinganna per essere convinta della propria ragione. Infatti se sai di aver torto …. fai fatica ad impegnarti, ma se sei convinto di avere ragione!!!!

provato scientificamente, non chiacchiere da bar!

JSM

le balle le raccontano così bene che finiscono col crederci pure loro……..

DavideM

Mi sembra un argomento un po’ pretestuoso ritenere che la chiesa dovrebbe essere d’ufficio contro le missioni militari. Solo i pacifisti integralisti sostengono il non-intervento sempre e comunque, ma questa non è affatto una posizione razionale. E’ del tutto ragionevole che in certi casi (senza qui entrare nel merito) l’intervento di un contingente armato possa essere uno strumento efficace per minimizzare i danni.

JSM

DavideM,
il pacificista ritiene che la guerra non sia una soluzione ma una mancanza di soluzione, il disastro. Personalmente sottoscrivo questa visione della guerra e credo che non abbai senso parlare di guerra giusta o ingiusta ma di guerra evitabile o inevitabile.
Oggi credo che i pacifisti non sostengano il non intervento sempre e comunque ma il fatto che certi interventi militari erano assolutamente evitabili. I fatti dimostrano che in Iraq sono morte quasi 700.000 persone e non si è ottenuto niente di più di quel che c’era prima dell’intervento armato.

DavideM

JSM, in teoria l’Italia non fa guerre di conquista – anche in pratica visto che non traiamo grandi vantaggi dalle nostre missioni, ma questo è un altro discorso. In una missione di peace-keeping ci si aspetta di ridurre le perdite umane della popolazione, quindi non c’è ragione per cui il Vaticano sia contrario.

La frase sui pacifisti voleva significare che è un atteggiamento integralista essere contrari a priori ad ogni intervento.

Vassilissa

E no, un quadrupede ha 4 piedi e coi piedi si fa poco. Un primate invece è un quadrumane e con 4 mani puoi arraffare mooolto, mooolto di più! 😉

Andrea

Così come integralista è l’atteggiamento di essere contrari a priori al riconoscimento di ogni altra forma di convivenza che non sia il matrimonio tradizionale.
Se stiamo qui a parlare di integralismo, la chiesa cattolica insieme ad altre religioni non la batte nessuno.

Marco T.

@ Per Bruna Tadolini.
Cara Bruna, attenzione. Una visione scientifica delle cose, che io mi auguro si diffonda sempre più in questo nostro misero Paese tenuto in ostaggio da dibattiti medievali grazie alla Chiesa e alla compiacenza dei politici e dei media (pensa alla questione dell’esistenza del cosiddetto “diritto naturale”: un ossimoro così ridicolo che al confronto la disputa sugli universali sembra post-moderna), dovrebbe evitare di scivolare verso forme più o meno occulte di metafisica scientista. E uno dei modi per farlo è ad esempio quello di maneggiare con prudenza formule assolutamente non scientifiche come “il fine della vita è la sopravvivenza”, che tu hai usato. Un asserto del genere, infatti, così com’è, non può in alcun modo essere sottoposto a controlli sperimentali e dunque non può far parte di ciò che la scienza è in grado di sostenere con sufficiente grado di conferma. Anzi, se riformulato in una maniera tale da poter essere ‘controllato’, esso si trasforma in una ipotesi continuamente falsificata (pensa alle specie estinte e in estinzione…).
A rigor di termini, è solo un modo di dire che incorpora vecchie mitologie teleologiche residue, risalenti ad Aristotele. Già il vecchio Kant sapeva bene che una formula del genere non rientra nell’ambito della scienza, ma potrebbe far parte di una visione del mondo assunta al più come ideale regolativo. Da esseri viventi immersi fino al collo nel fenomeno della ‘vita’ insieme a molti altri esseri viventi, noi non non saremo mai in grado di asserire alcunché sul ‘fine’ della vita. Come minimo dovremmo starne fuori, o esserne i creatori. Ma, dato che la vita non l’abbiamo creata noi, sai quanto ce ne potrebbe fregare contemplarne il fine da morti… 😉

mauro

avete sentito l’ultima un nuovo Miracolo.Una suorina è stata miracolata in francia pare per intercessione del pope paolo.la chiesa romana è in grado di pilotare anche i miracoli. siamo alle solite i medidia lo strombazzano da tre giorni.

Bruna Tadolini

x Marco T

Il fine di una guerra è la vittoria! il fatto che ci siano dei perdenti non significa che ciò sia falso!

Sul fatto poi che “Da esseri viventi immersi fino al collo nel fenomeno della ‘vita’ insieme a molti altri esseri viventi, noi non non saremo mai in grado di asserire alcunché sul ‘fine’ della vita.”…. mi sembra quel bel ragionamento filosofico che dice “poichè la scienza, per sua ammissione, non è in grado di darci la verità assoluta, la scienza non ci può dare la verità e quindi non serve!”

AQUALUNG

E’ dai tempi di Darwin che la Chiesa si batte per la sua “reinvenzione” della natura. Roba da second life, virtuale, appunto. Basta essere anche un distratto osservatore della natura per capire che questa se ne frega di dio e della chiesa, e va avanti per conto suo, secondo regole variabili, libere. In natura esistono varie forme di concubinaggio, e addirittura l’omosessualità. L’uomo deriva dagli animali, e per quanto evoluto, rimane un “animale” nel senso naturale del termine. Ma a differenza degli animali, non riusciamo ad accettare la notra natura e quella degli altri.
Allora diveniamo bestie.

AQUALUNG

A Viva Radio 2 Fiorello sta cantanto col pubblico: “Osanna”!… Bastaaaaaaaaaaaa!!!!!

Pacs

Credo che l’accelerare il processo di santificazione do GPII proprio adesso sia soltanto propaganda, propaganda, propaganda.
E tanti ci cascheranno.

iGod

Sottoscrivo Marco T.
I processi chimici che stanno alla base della vita non sanno cosa è la vita. Semplicemente osserviamo gli essere viventi come agenti in un sistema che ha assunto la vita come forma stabile rispetto alla contingenza delle condizioni ambientali. Matematicamente si potrebbe affermare che il sistema attuale ha delle retroazioni tali per cui si mantiene stabile. Questo non significa assolutamente che la vita sia una finalità. Alle volte la psicologia si nutre di categorie che afferiscono alla sfera emozionale.

papa Nazinger

X Bruna
Non capisco perché sei cosi reticente ad accettare l’uso di corretti termini evoluzionistici, ti apprezzo per la tua disponibilità e per la tua curiosità, non mi deludere.
Propongo un piccolo dizionario per tradurre i tuoi scritti senza incorrere in fraintendimenti.

-fine: origine adattiva di un determinato carattere
-specie inferiori: specie meno complesse
-specie più evolute: specie che si sono evolute in tempi geologicamente recenti ma non per questo più complesse

Marco T.

>.

Lo vedi? Hai cominciato usando il caso della guerra, in relazione alla quale, essendo un prodotto umano, è perfettamente lecito parlare di “finalità”. Lo stesso dicasi per lo sport, per i cacciavite, per le astronavi, ecc.

Hai poi proseguito con una parafrasi del mio ragionamento che trovo del tutto fuori luogo. Se pensassi che la scienza non serve perché non può darci verità assolute, non avrei certo sprecato gli ultimi 13 anni della mia vita a studiare la filosofia della scienza e a pubblicare testi su Popper! Personalmente credo che se la scienza non potrà mai darci la teoria generale del Tutto (ci sono argomenti inoppugnabili a sostegno di questa affermazione, uno dei quali è quello elaborato da Stephen Hawking alla fine di “Dal Big Bang ai buchi neri”), compresa naturalmente una teoria generale sul “fine della vita”, non c’è nessun’altra attività umana che potrà farlo (questo sia detto per gli epigoni di Heidegger e Gadamer, che infestano anche la filosofia italiana, e soprattutto per i fedeli delle religioni del libro, la cui epistemologia è semplicemente miserabile).
Con il mio “Da esseri viventi immersi fino al collo nel fenomeno della ‘vita’ insieme a molti altri esseri viventi, noi non non saremo mai in grado di asserire alcunché sul ‘fine’ della vita”, volevo dire esattamente quello che ho detto. E lo stesso, per semplice estensione, vale per il ‘fine’ dell’universo fisico.
Ciao

Marco T.

“Bruna Tadolini scrive:

30 Marzo 2007 alle 13:31
x Marco T

Il fine di una guerra è la vittoria! il fatto che ci siano dei perdenti non significa che ciò sia falso!

Sul fatto poi che “Da esseri viventi immersi fino al collo nel fenomeno della ‘vita’ insieme a molti altri esseri viventi, noi non non saremo mai in grado di asserire alcunché sul ‘fine’ della vita.”…. mi sembra quel bel ragionamento filosofico che dice “poichè la scienza, per sua ammissione, non è in grado di darci la verità assoluta, la scienza non ci può dare la verità e quindi non serve!” ”

———–

Lo vedi? Hai cominciato usando il caso della guerra, in relazione alla quale, essendo un prodotto umano, è perfettamente lecito parlare di “finalità”. Lo stesso dicasi per lo sport, per i cacciavite, per le astronavi, ecc.

Hai poi proseguito con una parafrasi del mio ragionamento che trovo del tutto fuori luogo. Se pensassi che la scienza non serve perché non può darci verità assolute, non avrei certo sprecato gli ultimi 13 anni della mia vita a studiare la filosofia della scienza e a pubblicare testi su Popper! Personalmente credo che se la scienza non potrà mai darci la teoria generale del Tutto (ci sono argomenti inoppugnabili a sostegno di questa affermazione, uno dei quali è quello elaborato da Stephen Hawking alla fine di “Dal Big Bang ai buchi neri”), compresa naturalmente una teoria generale sul “fine della vita”, non c’è nessun’altra attività umana che potrà farlo (questo sia detto per gli epigoni di Heidegger e Gadamer, che infestano anche la filosofia italiana, e soprattutto per i fedeli delle religioni del libro, la cui epistemologia è semplicemente miserabile).
Con il mio “Da esseri viventi immersi fino al collo nel fenomeno della ‘vita’ insieme a molti altri esseri viventi, noi non non saremo mai in grado di asserire alcunché sul ‘fine’ della vita”, volevo dire esattamente quello che ho detto. E lo stesso, per semplice estensione, vale per il ‘fine’ dell’universo fisico.
Ciao

Joséphine

Concordo con Andrea.

Di fatto, l’istruzione in Italia è antiquata e quasi sempre conformista.

Chi è fuori dal coro, deve emigrare.

Mi domando in che cosa CL pensi di distinguersi dagli islamici moderati.

AQUALUNG

@ Marco t.

Mi associo. Da assoluto non credente, sostengo fermamente la scienza pur nella consapevolezza che l’essere umano, dati i suoi limiti e data la breve parabola della nostra civiltà) non riuscirà mai a comprendere in tutto l’universo. Questo però non deve indurre ad arrendersi nè a giustificare l’esistenza di alcun dio creatore o di fenomen i paranormali ai quali associare la causa dell’esistenza umana. In fondo, quanto più comprendiamo, anche se perfettamente coscienti di non poter approdare a tutto, tanto più la nostra esistenza si emanciperà dal giogo degli dei e dei loro ministri in terra.

papa Nazinger

X Marco T. che scrive: il caso della guerra, in relazione alla quale, essendo un prodotto umano, è perfettamente lecito parlare di “finalità”

Io: non è affatto lecito parlare di fine per nulla che vive o che è il prodotto di viventi, nè per la vita tutta nè per i suoi singoli aspetti.
Il fine ultimo è un’illusione umana proittata sul resto dei viventi.
Bisognerebbe cominciare a domandarsi il perchè delle cose (in senso evoluzionistico) e non il fine.

Joséphine

Anche le dighe vanno contro l’ordine naturale delle cose,
impediscono il defluire delle acque.

Eliminiamo anche quelle, già che ci siamo??

Bruna Tadolini

X papa Nazinger

mi hanno da poco accusata di fare frasi troppo lunghe e complesse. Cerco di semplificare dove posso per rendere più scorrevole il discorso. Il tuo dizionario mi può andare bene
-fine: origine adattiva di un determinato carattere
-specie inferiori: specie meno complesse
-specie più evolute: specie che si sono evolute in tempi geologicamente recenti ma non per questo più complesse

ma allora dobbiamo aggiungere
-specie superiori: specie più complesse

X Marco T

ti trascrivo un brano del mio libro, brano che appunto è intitolato Il fine della vita che chiarirà il mio pensiero:

“Il fine della vita
Come abbiamo visto, ogni passaggio nella lenta costruzione della vita è stato casuale e non finalizzato. Per questo motivo ci aspetteremmo che la macchina vivente che ne è originata non avesse un fine, uno scopo. Ma la realtà invece è ben diversa!
Per capire questa incongruenza immaginiamo di unire dei pezzi a caso e di ottenere fortunosamente una macchina capace di compiere una operazione meccanica: ad esempio tornire. Nella costruzione di questo tornio non c’è stato un fine ma ora che la macchina esiste essa viene usata per compiere tale operazione. A questo punto se ci chiedessimo: ”qual’è lo scopo di questa macchina? a cosa serve?” risponderemmo “ a tornire” e la useremmo a tale fine. Quale conclusione possiamo trarre da tutto questo? Che la struttura ha generato la funzione e la funzione il fine. La casuale costruzione della macchina vivente ha ottenuto come risultato una struttura che sa costruire e perpetuare la vita e questo è divenuto il suo fine, il suo scopo. La macchina vivente, a differenza del tornio del nostro esempio, ha però una caratteristica peculiare: si è generata da sola e non ha bisogno di nessun operatore per fare quello che sa fare. Ciò l’ha resa completamente autonoma ed incontrollabile nel suo procedere verso il raggiungimento della sua meta. Dalla sua comparsa sulla terra, la prima macchina vivente ha quindi spontaneamente seguito questa sua innata tendenza-capacità-scopo: costruire la vita, costruire forme di vita sempre più perfezionate, cioè in grado di spargere con sempre maggior efficienza la vita nello spazio e nel tempo. ”

X papa Nazinger

la causa della guerra è il voler prevalere! = origine adattativa di un certo comportamento = fine
Ti torna?

papa Nazinger

Io: Quello che voglio dire è che non esistono specie superiori o inferiori ma solo differenze in complessità.

Bruna scrive: la causa della guerra è il voler prevalere! = origine adattativa di un certo comportamento

Io: Ora mi torna! fine=una parolaccia di cui non abbiamo bisogno
Quanto alla teleologia leggi cosa dice E. Mayr in un’intervista:

“Nel campo di tutte le scienze fisiche, ogni volta che queste scienze venivano applicate a qualcosa di non fisico, c’era la tendenza ad affidarsi alla teleologia. Kant, nella sua Kritik der Urteilskraft, dedicata alla scienza della vita, si affidò completamente alla teleologia. Darwin invece affermava, e la biologia moderna concorda con lui, che i cosiddetti fenomeni teleologici relativi agli organismi non rispondono alla definizione che i filosofi teleologisti ne hanno dato: non sono, cioè, qualcosa che procede verso una meta, uno scopo ultimo, e dimostrò invece che la direzione della meta, che di fatto esiste nella natura vivente, dipende da un programma genetico insito in ogni organismo. Se in autunno un particolare uccello migra verso l’Africa, lo fa perché è geneticamente programmato per farlo. La meta di questa migrazione è già presente nel suo programma genetico; non è la meta in sé a dirigere la migrazione, bensì il programma genetico. Lo stesso vale per una tartaruga marina che raggiunge a nuoto la costa americana dal centro dell’Atlantico per deporre le uova, o per un uccello maschio che corteggia la femmina. Benché tutto questo sia all’apparenza di natura teleologica, in realtà è stampato nel programma genetico dell’individuo, questo concetto di programma che naturalmente al giorno d’oggi ogni operatore di computer conosce bene, era del tutto sconosciuto in tutta la letteratura e la filosofia della scienza fondate sulla fisica.”

Marco T.

X Bruna
Ti sembrerà strano, ma con le cose che dici nel brano del tuo libro che hai riportato sono sostanzialmente d’accordo. Nel brano, tra l’altro, è implicita la stessa obiezione che farei alla seguente affermazione di “papa Nazinger”: “non è affatto lecito parlare di fine per nulla che vive o che è il prodotto di viventi, nè per la vita tutta nè per i suoi singoli aspetti”. Per i prodotti umani la domanda sul ‘fine’ equivale alla domanda sulla funzione (“A che serve?”), ed è impossibile negare la liceità di tale domanda, altrimenti non sapremmo più spiegare perché, per andare da un posto all’altro, prendiamo la macchina e non saliamo in sella a una scopa. Viceversa, condivido in pieno quest’altra affermazione di “papa Nazinger”: “Il fine ultimo è un’illusione umana proittata sul resto dei viventi” (il cui contenuto è logicamente compatibile con la negazione della precedente).

Tuttavia, Bruna, nel tuo argomento c’è una fallacia, che è esattamente quella rilevata da Hume nell’argomento del disegno intelligente (che all’epoca aveva la forma dell’argomento dell’orologiaio). Esso, infatti, benché sostenibile in altri modi, nella forma in cui lo presenti tu si fonda su una errata analogia tra prodotti umani (il tornio, l’orologio) e ciò che prodotto umano non è (la materia organica, il mondo fisico). Con minime varianti, quindi, il tuo argomento è molto simile a quello dei sostenitori del disegno intelligente, notoriamente debole.
Questo non significa che per me non esistano ‘fini’ parziali in natura. Per esempio, l’evoluzione dell’occhio umano è stata ‘guidata’ dal grandissimo vantaggio adattivo che comporta il possesso di fotorecettori e di un cervello in grado di elaborare visivamente le loro informazioni in modo sempre più differenziato. Lo stesso dicasi per la capacità biologica di produrre lingue. Da qui a parlare di un ‘fine’ intrinseco della ‘vita’ nel suo complesso, però, c’è un salto logico che a mio parere la scienza non potrà mai compiere. Non a caso la nozione di ‘fine’ così intesa è pascolo (abusivo) per metafisici e teologi di ogni genere.

Ho anche detto che, in un certo senso, la formula “Il fine della vita è la sopravvivenza” (se intesa come un’asserzione universale ed empiricamente controllabile), si rivela un’ipotesi falsificabile e di fatto falsificata, e ho tirato fuori l’esempio delle specie estinte, che probabilmente, lo ammetto, non è il migliore (anche se non lo prenderei troppo sotto gamba). Ce n’è però ALMENO UNO decisivo, ed è quello del suicidio umano singolo o di gruppo. Questo vuol dire semplicemente NON che il fine della vita NON è la sopravvivenza, ma che esistono forme viventi per le quali la sopravvivenza non è LO scopo. A livello umano, dunque, la sopravvivenza è una questione ANCHE di scelta, e non di semplice istinto ineluttabile.
Ciao

civis romanus sum

Statisti: Ignazio La Russa al funerale del terrorista Nico Azzi

Caspita!… mica ai funerali di uno qualsiasi… e poi, tutto quel pattume fascista… non mancava niente: labari, aquile, fasci littori, saluti romani, teste rapate e teste di cazzo… Nico Azzi non è uno qualsiasi: è un terrorista condannato per le bombe sul treno Roma-Torino del 7 aprile 1973. Terrorista e un pò coglione, visto che riuscì, nel tentativo di innescare due bombe nella toilette del treno (sarebbe stata una strage, l’ennesima di stampo fascista) a farsi scoppiare un detonatore fra le palle, e a dilaniarsi una gamba, morendo quasi dissanguato…
Neanche la chiesa è una chiesa qualsiasi: siamo nella basilica di Sant’Ambrogio, patrono di Milano, addobbata, per l’occasione, come una specie di Palamussolini.. Manca solo Eminence Ruini che guida il coro “chi non salta comunista è, è…” Insomma, qui si celebrano i funerali di Nico Azzi, mica cazzi… stiamo mica parlando di uno “morto in peccato mortale” come Piergiorgio Welby; qui si accompagna all’estremo riposo uno che era quasi riuscito a compiere l’ennesima strage di massa, del tipo “ando cojo, cojo”
Camerata La Russa? Presente! Ma “a titolo personale”. Precisazione superflua, perché non vediamo a quale altro titolo avrebbe potuto essere presente.

papa Nazinger

X Marco T. che scrive: “non è affatto lecito parlare di fine per nulla che vive o che è il prodotto di viventi, nè per la vita tutta nè per i suoi singoli aspetti”. Per i prodotti umani la domanda sul ‘fine’ equivale alla domanda sulla funzione (”A che serve?”), ed è impossibile negare la liceità di tale domanda, altrimenti non sapremmo più spiegare perché, per andare da un posto all’altro, prendiamo la macchina e non saliamo in sella a una scopa. Viceversa, condivido in pieno quest’altra affermazione di “papa Nazinger”: “Il fine ultimo è un’illusione umana proittata sul resto dei viventi” (il cui contenuto è logicamente compatibile con la negazione della precedente).

Perchè questa esclusività dei prodotto umani? Cosa li rende così speciali? Non sono forse anche loro frutto di evoluzione? non fanno forse parte di un processo conoscitivo più ampio che chiamiamo vita?

papa Nazinger

Se la teleologia è una interpretazione fallace della causalità dei viventi allora deve valere per tutti i loro aspetti.

Marco T.

Scusami, ma credo che stiamo rischiando di incartarci in una serie di fraintendimenti. Non ti seguo in questa tua strana avversione nei confronti dell’idea che i prodotti umani abbiano uno scopo o un fine che coincide con la loro funzione. A me sembra una cosa del tutto ovvia. O forse sto capendo male quello che intendi dire? Resettiamo e cominciamo da capo. Dunque, mi par di capire che per te chiedere “A che serve una macchina?” è lo stesso che chiedere “A che serve la vita sulla Terra?”, per cui, essendo ques’ultima una domanda insensata (come credo anch’io), lo è anche la prima. Dico bene? Dai, non posso credere che sostieni una cosa del genere!

papa Nazinger

Io invece non riesco a capire su cosa basi la tua visione escusiva (e antropocentrica) dei prodotti culturali.
Che mi dici degli attrezzi degli scimpanzè?
E dei gusci delle lumache?
Sono finalizzati anche quelli?

Non credi che ci si possa chiedere il perchè e non il fine delle caratteristiche dei viventi?
I due concetti non coincidono se ci si libera da illusioni teleologiche.

papa Nazinger

Visto che non mi sembra che tu abbia letto il testo che ho riportato precedentemente te ne estrapolo una parte particolarmente illuminante.

“Se in autunno un particolare uccello migra verso l’Africa, lo fa perché è geneticamente programmato per farlo. La meta di questa migrazione è già presente nel suo programma genetico; non è la meta in sé a dirigere la migrazione, bensì il programma genetico.”

Marco T.

Neanche a me piace molto la parola “fine”, e infatti ho più volte detto che preferisco la parola “funzione”.
Però non capisco in che senso usi la nozione di domanda-perché. Alludi a una spiegazione causale di tipo fisico-biologico? Ma chiedersi “come si produce il guscio di una lumaca” non è lo stesso che chiedersi “a cosa serve”. Si tratta di ordini di discorso totalmente differenti, che ammettono modelli esplicativi diversi (l’uno chimico-fisico e biologico, l’altro funzionalistico ed evoluzionistico). Non è nemmeno la stessa cosa chiedere “a cosa serve il guscio di una lumaca” e chiedere “a cosa serve il cappotto”. Alla prima domanda possiamo rispondere solo avanzando delle congetture (è un problema naturalistico relativo alla storia evolutiva della lumaca), mentre per rispondere alla seconda non abbiamo bisogno di avanzare congetture, perché noi SAPPIAMO BENISSIMO a cosa serve un cappotto (è un prodotto intenzionale con tecnologia e finalità esplicite e comunicabili intersoggettivamente). Come direbbe Wittgenstein, si tratta di questioni che appartengono a giochi linguistici diversi. Come puoi dire che questo è antropocentrismo o illusione teleologica?

papa Nazinger

Il tuo antropocentrismo sta nel fatto che non ti rendi conto che sia il guscio di una lumaca che il cappotto sono problemi naturalistici interpretabili alla luce della teoria dell’evoluzione.
Per il resto se sostituisci il termine fine con funzione non ho nessuna obiezione da farti.

papa Nazinger

Marco T. scrive: “non capisco in che senso usi la nozione di domanda-perché. Alludi a una spiegazione causale di tipo fisico-biologico? Ma chiedersi “come si produce il guscio di una lumaca” non è lo stesso che chiedersi “a cosa serve”

Il mio “perchè” tratta di cause storicamente remote, ovvero cause evolutive; generalmente per le cause storicamente prossime (come si produce) uso il “come”.
Avrei dovuto specificare precedentemente questa convenzione per evitare fraintendimenti.

Marco T.

“papa Nazinger”: “Il tuo antropocentrismo sta nel fatto che non ti rendi conto che sia il guscio di una lumaca che il cappotto sono problemi naturalistici interpretabili alla luce della teoria dell’evoluzione”.

Mi spiace, ma su questo non riesco ad essere d’accordo con te. La tua mi sembra una forma estrema di riduzionismo naturalistico che cerca di spiegare tutto con l’evoluzionismo e la genetica. A mio giudizio l’uomo, tramite il linguaggio (soprattutto tramite lo sviluppo della funzione argomentativa del linguaggio, finora esclusivamente umana), i sistemi artificiali di regole e la tecnologia, ha introdotto procedure di selezione e di creazione (intenzionali) che trascendono quelle puramente darwiniane (non intenzionali). Nessun riduzionismo fisico, né tanto meno biologico, potrà mai spiegare cosa fa di un pezzo di carta colorata una banconota da 20 euro, di un ammasso di svariati materiali una macchina di lusso o di una sequenza ordinata di lettere dell’alfabeto “Horcynus Orca”. E questo non vuol dire che l’uomo abbia trasceso la natura (o che addirittura – orrore! – abbia un’origine trascendente), ma che la natura è costituita da livelli emergenti. La proprietà di essere una banconota o una macchina di lusso o un romanzo sono emergenti e non riducibili ai loro supporti puramente fisici.

papa Nazinger

X Marco

-SULL’EMERGENZA
Hai mai entito parlare della teoria gerarchica dell’evoluzione?Hai mai sentito parlare dell’emergenza a livello di popolazioni, specie, cladi?
Probabilmente no.
-SUL LINGUAGGIO
Sai come si sta evolvendo il pensiero evoluzionistico? Sei al corrente delle interpretazioni evolutive dei fenomeni culturali?
Probabilmente no.

Dovresti informarti meglio prima di dire che emergenza e cultura sono estranee al pensiero evoluzionistico, stai cercando di tracciare i limiti di qualcosa che non conosci.

Marco T.

“Papa Nazinger” (cristo, odio trascrivere il tuo nick! Ma non potevi trovare qualcosa di meglio? 😉 ), così però non va bene. La stai buttando sul “Lei non sa di cosa parla”, o sul “Lei non è al corrente delle cose di cui sono al corrente io”, che non porta da nessuna parte, specialmente tra persone che non si conoscono personalmente. Io non ti ho chiesto di andarti a leggere come minimo “L’io e io suo cervello” di Popper ed Eccles e “L’io della mente” curato da Hofstadter e Dennett (dove c’è anche Dawkins) prima di parlare con me. Tra l’altro non ho mai detto che “emergenza e cultura sono estranee al pensiero evoluzionistico”. So benissimo che la nozione di emergenza è stata elaborata anche in ambito neo-darwinista (vedi Popper, ad esempio). Ho solo detto qualcosa contro quella che mi sembra una posizione troppo riduzionista, ben sapendo quali sono i limiti epistemologici del riduzionismo radicale.

papa Nazinger

“Papa Nazinger” (cristo, odio trascrivere il tuo nick! Ma non potevi trovare qualcosa di meglio? ),

Cambiare nick è vietato, anch’io ho un banalissimo nome di battesimo, mi chiamo Claudio.

Dunque riassumiamo un attimo:
1- prima fai un uso smodato del termine fine e poi dici che non ti piace.
2a – poi ti metti a parlare di emergenza come se fosse qualcosa di estraneo al pensiero evoluzionista ma ora dici di sapere benissimo che l’emergenza è parte integrante del pensiero neodarwinista.
2b- prima mi accusi di accusi di riduzionismo e poi citi due autori che hanno rappresentato dei baluardi del pensiero riduzionista come Dawkins in filosofia della biologia e Dennet in filosofia della mente.
3- So bene quale sarà la tua prossima mossa: mi accuserai di non essere umano e poi si scoprirà che in realtà tu sei uno scimpanzè.

Marco T.

Claudio scrive:
“Dunque riassumiamo un attimo:
1- prima fai un uso smodato del termine fine e poi dici che non ti piace.
2a – poi ti metti a parlare di emergenza come se fosse qualcosa di estraneo al pensiero evoluzionista ma ora dici di sapere benissimo che l’emergenza è parte integrante del pensiero neodarwinista.
2b- prima mi accusi di accusi di riduzionismo e poi citi due autori che hanno rappresentato dei baluardi del pensiero riduzionista come Dawkins in filosofia della biologia e Dennet in filosofia della mente.
3- So bene quale sarà la tua prossima mossa: mi accuserai di non essere umano e poi si scoprirà che in realtà tu sei uno scimpanzè”.

Caro Claudio, ne ho incontrati molti in vita mia di interlocutori forensi che insistono nel prendersela NON con ciò che uno effettivamente ha detto, ma con ciò che essi si sono convinti che l’altro abbia detto, e tu mi sembri quasi più bravo di loro in questo gioco. Per non parlare poi delle cantonate pure e semplici.

Vado secondo il tuo ordine:

1bis: Ho cominciato questa discussione proprio criticando l’uso improprio del termine “fine” contenuto in un passaggio di Bruna e ho proseguito proponendone un uso ristretto, emendato da tare teleologiche e coincidente sostanzialmente con la nozione di “funzione”. Solo tu vedi in questo una mia adesione all’antropocentrismo e alla teleologia.

2abis: Non ho MAI parlato dell’emergenza “come se fosse qualcosa di estraneo al pensiero evoluzionista”. Ho solo introdotto la nozione di “emergenza” in contrasto con l’approccio radicalmente riduzionista che mi è sembrato implicito nelle tue risposte. O per te “riduzionismo” ed “evoluzionismo” sono la stessa cosa?

2bbis: Qua c’è la cantonata clamorosa. Come risulta chiaramente dalla mia menzione del libro curato da Hofstadter e Dennett (“L’io della mente”, 1981, tr. it. Adelphi 1985), non citavo i nomi di Dennett e Dawkins a sostegno della mia critica al TUO riduzionismo. So benissimo qual è la loro posizione. Come saprai, quel libro è una antologia di saggi che offrono diverse prospettive teoriche sul problema della mente, alcune delle quali contrarie a quella (computazionalista) sostenuta dai curatori. Nel ricordare tra parentesi il nome di Dawkins, di cui è riportata la parte de “Il gene egoista” in cui è introdotta la nozione di “meme egoista”, stavo implicitamente rispondendo alla tua domanda: “Sei al corrente delle interpretazioni evolutive dei fenomeni culturali?”. Lo vedi che non sei attento? Se dovessi dire esplicitamente a quale linea di pensiero mi sento più vicino, tra quelle proposte in quel libro, farei i nomi di Morowitz (“La riscoperta della mente”, pp. 44-51) e Nagel (“Che cosa si prova a essere un pipistrello?”, pp. 379-391), i quali avanzano degli argomenti a mio parere devastanti contro il riduzionismo, quasi quanto quelli di Popper ed Eccles.

3bis: Come vedi, non ci hai preso nemmeno qui. 😀

P.S. Mi sembra comunque sbagliato farla finire a “schifìo” in una discussione come questa, dove a confrontarsi sono persone che su molte altre cose si troverebbero d’accordo. Sei disposto a continuare con più pacatezza o dobbiamo scadere nel trollaggio?

papa Nazinger

Marco T. scriveva: “Hai cominciato usando il caso della guerra, in relazione alla quale, essendo un prodotto umano, è perfettamente lecito parlare di “finalità”. Lo stesso dicasi per lo sport, per i cacciavite, per le astronavi, ecc.”

Non hai detto che parlare di fine era el tutto lecito? no?

Marco T. scriveva: “La tua mi sembra una forma estrema di riduzionismo naturalistico che cerca di spiegare tutto con l’evoluzionismo…”

Non hai detto che non si può ridurre tutto all’evoluzionismo? no?

Ti avverto.
Forse qualcuno usa il tuo nick per scrivere cose che non pensi e per screditarti.

papa Nazinger

Vorrei aggiungere che fa sempre piacere perlare con chi condivide i miei stessi interessi.
Secondo me dovremmo accordarci su questi 2 punti:
– l’abbandono del termine fine per ogni aspetto della vita, cioè per tutto ciò che si evolve biologicamente e culturalmente.
– l’ammissione che entrambi i suddetti campi (biologico e culturale) possano essere (sono già!) indagati dal moderno pensiero evoluzionista in tutti i loro livelli gerarchici e, consequenzialmente, in tutte le loro proprietà emergenti.

papa Nazinger

Considerato che io ho parlato solo di evoluzionosmo intendendo il MODERNO PENSIERO EVOLUZIONISTA, potrei sapere dove scorgi questo fantasma del riduzionismo che ti terrorizza tanto?
Forse 150 anno fa l’evoluionismo era riduzionista, ma come puoi al giorno d’oggi accusare chi parla SOLO di evoluzionismo di essere riduzionista.
E’ stato perfettamente lecito da parte mia sospettare di alcune tue lacune nel quadro attuale della filosofia della biologia.

Marco T.

“papa Nazinger scrive:

31 Marzo 2007 alle 17:50
Marco T. scriveva: “Hai cominciato usando il caso della guerra, in relazione alla quale, essendo un prodotto umano, è perfettamente lecito parlare di “finalità”. Lo stesso dicasi per lo sport, per i cacciavite, per le astronavi, ecc.”

Non hai detto che parlare di fine era el tutto lecito? no?”

Certamente, ma nel post successivo chiarivo ulteriormente la mia posizione, sottolineando sia la restrizione dell’uso della “finalità” in relazione ai prodotti umani sia l’equivalenza con la “finzione”:

“Per i prodotti umani la domanda sul ‘fine’ equivale alla domanda sulla funzione (”A che serve?”), ed è impossibile negare la liceità di tale domanda, altrimenti non sapremmo più spiegare perché, per andare da un posto all’altro, prendiamo la macchina e non saliamo in sella a una scopa”.

Poi scrivi:
“Marco T. scriveva: “La tua mi sembra una forma estrema di riduzionismo naturalistico che cerca di spiegare tutto con l’evoluzionismo…”

Non hai detto che non si può ridurre tutto all’evoluzionismo? no?”

ALT! Io ho scritto: “La tua mi sembra una forma estrema di riduzionismo naturalistico che cerca di spiegare tutto con l’evoluzionismo e la genetica”. Scusami, ma non è la stessa cosa! L’aggiunta relativa alla genetica alludeva alla questione fondamentale della libertà, perché alcune forme di riduzionismo sfociano in un determinismo genetico che investe anche i prodotti culturali umani. Potrei sbagliarmi nell’attribuirti questa posizione (questo me lo devi dire tu), ma il senso era quello. In tal senso io penso davvero che l’emergenza della coscienza e dei prodotti culturali (il cosiddetto Mondo 3) segna una rottura con il determinismo genetico della selezione naturale cieca. L’uomo può CONTROLLARE e MANIPOLARE liberamente la selezione darwiniana. Spero che su questo tu sia d’accordo.

Mi fai un esempio di analisi evoluzionista del contenuto di una teoria scientifica o di un romanzo?

Ciao

papa Nazinger

Sono d’accordo con te sul determinismo genetico.

– Il problema secondo me sta nel fatto che se affermi:”La tua mi sembra una forma estrema di riduzionismo naturalistico che cerca di spiegare tutto con l’evoluzionismo e la genetica” devi renderti conto che la genetica è solo una parte del programma di ricerca evoluzionistico.
Ora, avendo io fatto solo riferimenti a tutto pensiero evoluzionistico e non avendo mai parlato di geni come posso essere accusato di riduzionismo?

– Il pensiero evoluzionista ha ormai imparato ad analizzare la storia dell’informazione in ogni tipo di supporto (genetico, cartaceo, siliceo ecc…) ed ad ogni livello (teoria gerarchica dell’evoluzione).
Certo c’è ancora molto da scoprire e da pensare a proposito, la teoria di Darwin è stata riveduta e ampliata, il neodarwinismo non è solo Darwin.
Non vedo nessun ostacolo che possa impedirmi di affermare l’evoluzionismo non è solo lo studio di un supporto ma l’indagine filosofica e scientifica di tutto ciò che evolve ed ha un programma, insomma di tutto ciò che è vivo.

Ernesto

Marco T ha perfettamente ragione. Il suo pensiero si può sintetizzare così: le strutture degli esseri viventi hanno un’apparenza di finalità (sembra che la ali siano fatte apposta per volare e gli occhi apposta per vedere), proprio come le cose che costruiscono gli esseri umani o anche gli scimpanzé (attrezzi primitivi).
Nel 1^ caso, l’apparenza è ingannevole, perché quelle strutture si sono evolute (fra le tante varietà possibili, esistono solo quelle che permettono a chi le possiede di esistere! – l’evoluzione è una banalità logica), mentre nel 2^ caso la finalità esiste davvero, perché quelle cose (sassi appuntiti, aerei, cappotti) sono il prodotto di un apparato capace di prevedere e progettare: il cervello.
I gusci delle lumache sono invece non il prodotto di un “organo teleonomico”(cervello) ma sempre frutto della selezione fra variazioni di geni: sono un fenotipo (esteso).
Non era tanto difficile. Nazinger sei un po’ fanatico per certe cose.

papa Nazinger

Ernesto, che per te te sia facile non mi sorprende per niente
tu non dai spiegazioni evoluzionistiche ma parli di teleologia dei prodotti umani
anche conosciuta come teoria del disegnino intelligente
o c’è evoluzionismo o c’è teleologia decidi tu cosa trovarti tra le mani

(notate le rime, un effetto collaterale da sabato sera)

Bruna Tadolini

X Marco T e papa Nazinger

In somma, non si potrà mai più usare la parola fine, come già non si possono usare cieco, negro, sordo, spazzino ecc…. Sarà necessario fornire tutti di un dizionario in cui
cieco = non vedente
negro = diversamente colorato
sordo = non udente
spazzino = operatore ecologico.

Allora, con che terminologia dovremo esprimere il concetto di “fine” per non fare della teleologia? Funzione vi sembra corretta? O cosa altro?
La mia definizione (nel “Il fine della vita”) mi sembra abbastanza condivisa (almeno da Marco T) ma se si può migliorare la comprensione non ho problemi ad adeguarmi.
Aspetto suggerimenti.

Per quanto riguarda poi
“Tuttavia, Bruna, nel tuo argomento c’è una fallacia, che è esattamente quella rilevata da Hume nell’argomento del disegno intelligente (che all’epoca aveva la forma dell’argomento dell’orologiaio). Esso, infatti, benché sostenibile in altri modi, nella forma in cui lo presenti tu si fonda su una errata analogia tra prodotti umani (il tornio, l’orologio) e ciò che prodotto umano non è (la materia organica, il mondo fisico).”

La lettura attenta del brano che riportavo dimostra che l’analogia con prodotti umani era solo riferita alla struttura e non al modo (intelligenza) con cui sono costruiti. Infatti era CHIARAMENTE detto “Per capire questa incongruenza immaginiamo di unire dei pezzi a caso e di ottenere fortunosamente una macchina capace di compiere una operazione meccanica: ad esempio tornire. Nella costruzione di questo tornio non c’è stato un fine ma ora che la macchina esiste essa viene usata per compiere tale operazione. ”

Ora se questo significa che il mio “argomento è molto simile a quello dei sostenitori del disegno intelligente, notoriamente debole.” …….

Interessante discussione, ma datevi una calmata! Ricordate sempre che la dialettica, secondo la visione neodarwinista, è uno strumento culturale finalizzato (ops scusate!), al prevalere degli uni sugli altri per guadagnarsi la propria e l’altrui stima, premesse per un miglioramento nello stato sociale e quindi…… nella riproduzione.

Siete entrambi stimabili e vi auguro che ciò vi guadagni tanta riproduzione (o, visti i tempi, forse no! ma almono l’aspetto edonistico della cosa, sì) E adesso non ricominciate! stavo solo scherzando!

papa Nazinger

X Marco T. ed Ernesto
Supponiamo ad esempio che in futuro un uomo possa farsi impiantare un braccio meccanico perfettamente funzionale.
L’unica differenza tra i due arti starebbe nel fatto che quello naturale è il frutto dello sviluppo di un programma genetico in un determinato contesto ambientale, mentre il braccio meccanico è il risultato di un determinato programma culturale.
Ma sempre di programma si tratta e non di fine, è questa la causalità generatrice nell’evoluzionismo non il vostro patetico disegnino intelligente.

Ernesto

No, non è così. E’ ovvio che i progetti che escono dai nostri cervelli siano davvero progetti. Un computer è frutto di un disegno, speriamo intelligente, da parte di un ingegnere -o chi per lui- qualificato. Le cose fatte dall’uomo sono spiegabili per “intelligent design”!
Nazinger, non è possibile che tu non capisca una cosa come questa, mi stai prendendo in giro!
Che burlone, d’altra parte è il 1 aprile…

Marco T.

Claudio, nel rispondere a Ernesto, scrive: “parli di teleologia dei prodotti umani anche conosciuta come teoria del disegnino intelligente”. Ecco, forse ho capito dove sta l’equivoco di fondo su cui si è avvitata questa discussione. Mi sembra che Claudio, quando sente parlare di “funzioni”, “fini” o “scopi” in relazione ai prodotti umani, la intende più o meno così: “I prodotti culturali umani sono emersi nella storia evolutiva sulla base di una teleologia estrinseca, di un progetto intelligente generale, insomma di una causa finale, come direbbero gli aristotelici”. Se così è, semplicemente non ci siamo capiti. Personalmente non mi sognerei mai di sostenere una tesi del genere. E’ una patetica versione antropocentrica dell’idea del disegno intelligente, come giustamente nota Claudio. Ma non era questo che io, Ernesto e Bruna intendiamo. Per prudenza, parlo solo per me e dico che quella che sostengo è una tesi in fondo molto banale, ed è questa (naturalmente sono disponibile a qualsiasi obiezione costruttiva e a correzioni argomentate laddove dovessi sparare qualche fesseria).
La materia ‘naturale’ dell’universo, quella puramente inorganica e quella frazione (in fondo trascurabile) che si trova sulla Terra e che chiamiamo materia organica perché dotata di quella cosa che chiamiamo vita, non hanno uno scopo, un senso, un fine, una funzione, ecc. stabiliti chissà come da Qualcuno o da qualcosa che si trova chissà dove. Non ci sono Creatori biblici o Grandi Architetti. Le cose sono come sono perché sono come sono. Punto. Tutto, dalle galassie agli oceani, dai buchi neri ai deserti, è stampato su uno sfondo di insensatezza generale. Il cielo stellato sopra di noi può commuoverci soggettivamente per la sua “straziante bellezza”, per evocare Kant e Pasolini in un solo colpo, ma ciò non toglie che esso rimane oggettivamente insensato. Gli stessi programmi genetici dei viventi sono senza senso, perché non sono intrinsecamente coscienti né sono il risultato di una programmazione cosciente eteronoma. Bene. Si dà il caso, però, che gli esseri umani sono coscienti e la proprietà di essere coscienti, per quanto se ne sa fino ad ora, non è riducibile a precise sequenze genetiche e/o elettrochimiche. E’ emergente, e in quanto tale fa emergere una caterva di altre proprietà (come quella di essere una banconota per un pezzo di carta, per dirla con Searle).
Gli esseri umani hanno imparato a fare un sacco di cose, tra cui parlare e usare strumenti naturali e artificiali. Hanno imparato ad agire mediante rappresentazioni, istruzioni, programmi, progetti ecc. e nell’eseguire determinate azioni sono in grado di rendere conto dei motivi e degli scopi del loro agire. Possono dire a che serve un racconto, una vettura, un’arma, un telefonino e persino a che serve uccidere qualcuno. Tra l’altro, proprio questa capacità di agire sulla base di scopi rappresentati nella mente e/o messi per iscritto è alla radice del fallace argomento del disegno intelligente, che nasce proprio allorché si proietta (indebitamente) sul naturale la logica della produzione dell’artificiale. Lo stesso pensiero filosofico, fin dall’inizio, è stato vittima di questa fallacia: nel famoso frammento di Anassimandro c’è una proiezione religioso-cosmogonica del significato della parola “adikìa” (ingiustizia), che ha il suo giusto posto solo nella vita politico-sociale umana retta da regole, dove appunto certi atti sono investiti della proprietà (emergente) di essere ingiusti.
Detto questo, è anche del tutto evidente che con l’ingresso nel mondo di atti intelligenti umani la logica cieca della selezione naturale si autotrascende, per il semplice fatto che l’uomo è in grado di assumersi coscientemente il compito dell’adattamento e della sopravvivenza. Addirittura egli può elaborare una teoria dell’evoluzione, proporla alla pubblica discussione, difenderla e migliorarla. E può persino decidere di abbandonarla. Per parafrasare un passo di una strepitosa cosmicomica di Calvino (“La memoria del mondo”), l’uomo è un’occasione che l’universo ha per organizzare alcune informazioni su se stesso. Egli può concepire narrazioni sul mondo e su se stesso (che altro sono le religioni se non il risultato della facoltà umana di produrre narrazioni e senso?), e, grazie alle sue stesse intuizioni semantiche sul rapporto tra linguaggio e realtà, può introdurre degli standard per il controllo della verosimiglianza dei miti che egli stesso produce.
La rottura ‘evolutiva’ subentrata con la coscienza, con lo sviluppo della funzione argomentativa del linguaggio, e con la produzione di oggetti del Mondo 3 (concreti come le automobili e astratti come le teorie) è dunque decisiva. Come diceva Popper, l’uomo può trasferire l’eliminazione per selezione dal portatore di una teoria alla teoria stessa: ecco perché dall’ameba ad Einstein c’è solo un passo, ma è un passo di enorme portata per il problema dell’adattamento. Possiamo far morire le teorie al posto nostro e smettere di farci saltare in aria per divergenze d’opinione. La possibilità che ha l’uomo non solo di prendersi cura delle specie in estinzione ma anche di decidere se e quando autoaffondarsi come specie, fa saltare molti dei meccanismi evolutivi vetero-darwiniani e richiede nuovi modelli esplicativi e nuove teorie per comprendere la cultura umana (ecco perché credo che, applicate alla cultura, le categorie del darwinismo non funzionano più, o funzionano in modo molto approssimativo). E’ un po’ la stessa situazione che si è verificata con l’entrata in scena della teoria della relatività e della meccanica quantistica: non è che la meccanica newtoniana fosse a quel punto da buttare, ma vennero precisati meglio i suoi limiti di applicabilità.
Chi crede che l’evoluzionismo debba spiegare tutto, non rende un grande servizio a questa teoria, che pure, per quanto riguarda la spiegazione dei fenomeni che hanno portato alla nascita e alla differenziazione delle specie, è la migliore a disposizione. Una teoria che dovesse spiegare tutto sarebbe incoerente, per un elementare teorema della logica (da una contraddizione è possibile derivare logicamente qualsiasi cosa). Per esempio, se ci fosse una spiegazione evolutiva sia del perché un gruppo lotta per la sopravvivenza e la riproduzione sia del perché un gruppo pratica prima l’infanticidio e poi il suicidio collettivo degli adulti (certi gruppi religiosi lo hanno fatto), l’evoluzionismo sarebbe falso. Altrimenti lo si protegge dai rischi della falsificazione e lo si rende logicamente vero. Ma in tal caso sarebbe un truismo e avrebbe contenuto informativo uguale a zero.
Se invece si lavora sulla specificazione degli ambiti nei queli esso non può funzionare, se ne rafforza il contenuto empirico.

papa Nazinger

X Ernesto

Mi dispiace che una persona intelligente come te aderisca a quello che ho chiamato il “disegnino intelligente”.
Eppure qualche tempo fa siamo stati protagonisti di un interessante (seppur acceso) dibattito sulle caratteristiche dell’evoluzione culturale.
Ma sempre di evoluzionismo di parlava!
Adesso perchè ti sei messo a farfugliare di teleologia dei prodotti umani se (come ben saprai) questo concetto è incompatibile con l’evoluzionismo?

papa Nazinger

Marco scrive:

Parlando degli aristotelici:
“I prodotti culturali umani sono emersi nella storia evolutiva sulla base di una teleologia estrinseca….

Eccellente analisi della natura del nostri fraintendimenti, sono d’accordo con te

“Possiamo far morire le teorie al posto nostro e smettere di farci saltare in aria per divergenze d’opinione”

Sono d’accordo, una parte dei meccanismi puramente darwiniani può essere applicata all’evoluzione culturale, quella di cui parli è una selezione cosciente di idee, una selezione.
Questo fermo restando che anche a mio avviso serve una “nuova teoria evolutiva” che spieghi l’evoluzione della cultura (al contrario di quello che dice Dennet).

papa Nazinger

X Marco
Non so perchè il mio penultimo commento risulta sotto il tuo ultimo commento.
Ti basterà guardare l’orario per capire che ho postato mentre tu scrivevi.

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