Quale autonomia nelle questioni antropologiche?

Non è un mero stilema dialettico, quello che conclude la “Nota” del Consiglio permanente della Cei sulla famiglia, nel punto in cui si offrono le riflessioni elaborate nel testo alla coscienza di tutti. È evidente che i destinatari privilegiati della “Nota” sono i cattolici. Ma è anche evidente che il tema trattato non è confessionale. Ciò che è in gioco, quando si parla di famiglia, è il bene umano, come bene comune. […]

Non è necessario un grande sforzo concettuale, ma solo la capacità di una lettura senza pregiudizi, per percepire che queste considerazioni della “Nota” sono profondamente laiche, e si rivolgono quindi a tutti gli uomini di buona volontà, come peraltro è reso evidente dal fatto che mai nella “Nota” si fa richiamo alla dimensione sacramentale (essa sì confessionale) del matrimonio.[…]

Il principio del pluralismo e dell’autonomia dei laici in politica è sacrosanto, ma per l’appunto solo per questioni politiche, che riguardino cioè l’occasionalità di scelte essenzialmente contingenti, anche se di grande rilievo. Sono ad es. libero, in quanto cattolico, di optare politicamente per la monarchia o la repubblica, per la destra o la sinistra, per un’economia di mercato o per un’economia dirigista, per il monopolio o per la liberalizzazione dei servizi pubblici: potremmo andare avanti con infiniti esempi. Ma non posso ricondurre a una mia pretesa autonomia la decisione su questioni antropologiche fondamentali, sulle questioni non negoziabili, che mettono in gioco l’essenza stessa della persona: la discriminazione razziale, la disponibilità della vita, la libertà religiosa (per tutti), la libertà dell’educazione dei giovani, l’attenzione per i più deboli e per gli anziani, l’identità della famiglia… queste non sono questioni politiche, ma antropologiche; possono ricevere dalle leggi dello Stato determinazioni giuridiche variabili, ma solo nel contesto di chiarissimi e inequivocabili principi. […]

Il testo integrale dell’articolo di Francesco d’Agostino è stato pubblicato sul sito di Avvenire

3 commenti

Nikky

Il problema è proprio che esse si rivolgono a tutti gli uomini, se ratzinger predicasse solo ai cattolici e decidesse solo per loro il problema non sussisterebbe, il problema c’è quando qualcuno decide per gli altri il loro bene, il bene comune secondo principi tutt’altro che universali.

archibald.tuttle

“Ma non posso ricondurre a una mia pretesa autonomia la decisione su questioni antropologiche fondamentali”

che razza di ciarlatano. a parte che non si tratta di questioni antropologiche (come se compito dell’antropologia fosse quello di dire ai gay di diventare eterosessuali…), perche sulle questioni antropologiche si dovrebbero ascoltare le autorita religiose invece degli ANTROPOLOGI? non mi pare che il papa sia laureato in ANTROPOLOGIA.

Soqquadro

“sulle questioni non negoziabili, che mettono in gioco l’essenza stessa della persona: la discriminazione razziale, la disponibilità della vita, ”
Infatti si son dati molta pena con certune leggi nell’Europa di fine anni ’30, e con altrettante negli Stati Uniti negli anni ’50.
“la libertà religiosa (per tutti), la libertà dell’educazione dei giovani,”
E’ per questo che il Vescovo di Milano scrive lettere al vetriolo ai liceali milanesi che non inseriscono la sua dottrina nella loro religione, e che quelli di Spagna vanno in piazza per pretendere che i giovani siano OBBLIGATI ad avere la loro materia nelle scuole del Regno.
Bah, bah, ri-bah

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