Mai più la coppola, Corleone sceglie il cappuccio delle feste religiose come simbolo di cambiamento. Perché per quarant’anni era rimasto vietato, adesso non più. “Troppo pericoloso – scrisse un questore negli anni in cui Riina e Provenzano sparavano all’impazzata sotto la Rocca Busambra – i killer si travestono da confrati e colpiscono i rivali”. Dopo l’arresto di Bernardo Provenzano, l’11 aprile scorso, il sindaco Nicolò Nicolosi, la chiesa e le confraternite di Corleone hanno chiesto a gran voce il ritorno dei cappucci bianchi. E il questore di Palermo, Giuseppe Caruso, ha autorizzato: “Col prefetto abbiamo ritenuto che fosse un modo per ridare fiducia alla gente di Corleone. Noi continuiamo a vigilare, ma Corleone non è più la terra del padrino, piuttosto la terra dove il padrino è stato arrestato”.
Gioisce il sindaco, che annuncia: “Nell’anniversario della cattura di Provenzano conferiremo la cittadinanza onoraria ai magistrati e ai poliziotti che hanno liberato la città”. Proprio in questi giorni, Bernardo Provenzano ha ricevuto la notizia in carcere che non è più corleonese: è stata ufficializzata la sua nuova residenza, Terni. Se ne compiace Nicolosi: “Cancelliamo alcuni dalle liste e li rimpiazziamo con altri”.
“Ma il cappuccio è davvero simbolo di cambiamento?”, se lo chiede il segretario della Camera del Lavoro, Dino Paternostro, che qualche anno fa fu minacciato dai boss. “Se Corleone è davvero libera è perché, ad esempio, in questi anni tanti giovani hanno lavorato nelle terre confiscate alla mafia. E l’hanno fatto mettendo davanti a tutti la loro faccia”.
Il testo integrale dell’articolo di Salvo Palazzolo è stato pubblicato sul sito de La Repubblica
Io lo trovo molto pericoloso
Finalmente, questo è il simbolo che il Sud è anche democrazia, sono di Napoli e sento molto il problema, il cappuccio non è reato!!!!!!!!!
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