Avvenire: “Una danza macabra sul corpo del povero ragazzo”

Chissà un ragazzino di 16 anni dove trova il coraggio di infilarsi un coltello nel petto. Pensava che questo bastasse, per morire, invece la vita era continuata. Allora ha spalancato la finestra di camera sua, al quarto piano di una casa torinese, e ha spiccato il volo. Noi lo chiameremo Jonathan, come il famoso gabbiano che volava alto e per questo era un incompreso, un diverso. Ma Jonathan lo chiamavano anche i compagni di scuola, che del gabbiano Livingston non sapevano nulla, mentre tutto sapevano di quell’altro Jonathan, quello del Grande Fratello: «Sei un gay, sei come Jonathan, ti piacciono i ragazzi», gli ripetevano da un anno e ridevano di lui. Una battuta scherzosa, all’inizio, ma quando passa di bocca in bocca e diventa un’ossessione, una ferita che di giorno in giorno si fa più profonda e apre una voragine di ingiusta vergogna, vivere diventa impossibile. Jonathan, un ragazzo più sensibile della norma, più studioso della media, più solitario di quanto non sia di solito un sedicenne, più attratto dai libri che dai giochi di “guerra” tipici dell’età e della natura maschile… Jonathan, un ragazzo “più”. Era questa la sua diversità. «A sedici anni succede che la sensibilità molto spiccata non sia compresa dagli altri», ha spiegato sconvolta la preside dell’istituto tecnico torinese. E ha raccontato dei suoi voti alti, «7 e 8 in tutte le materie», del suo 10 in condotta anch’esso così singolare, del suo naturale «rispetto delle regole», forse preso per sciocca debolezza: in un mondo di bullismo chi non sta al gioco ed esce dalla mischia per inseguire sogni privati diventa preda, e la scuola – lo dice la cronaca – sempre più spesso non lo sa difendere. Questa volta nella storia di Jonathan una famiglia c’è, e c’è anche una madre che è attenta a suo figlio: per mesi ha asciugato i suoi pianti sconsolati, ha provato a spiegargli che quelle parole non meritavano il suo dolore, alla fine ha chiesto aiuto alla preside perché quel gioco crudele finisse. […]

Sulla scrivania vicino alla finestra ha lasciato due lettere, dettagliate e ben scritte, da ragazzo diligente e da figlio responsabile, una per la mamma, l’altra per il mondo. Nella prima chiede perdono, nella seconda spiega: «I compagni non mi accettano perché mi vedono come uno diverso da loro. Non ce la faccio più». La stessa frase che aveva detto, invano, un anno fa agli insegnanti che lo avevano visto piangere: «Dicono che studio troppo, che ho voti troppo alti». Un diverso, ancora una volta. Un Jonathan, sì, ma nel senso del gabbiano isolato dallo stormo perché il suo volo era troppo alto, come i voti presi a scuola, come quella sua strana sensibilità, merce così rara da essere scambiata per altro, da non essere più riconosciuta. I professori lo consolarono e sgridarono i compagni, poi «non notammo più nulla», e chiusero il caso. Ieri il caso lo ha chiuso la Procura: nessun dubbio, trattasi di suicidio. Pratica archiviata. Intanto il circo dei politici si è già messo in moto: chi accusa, chi strumentalizza, chi chiede i Dico (sì, i Dico!), chi le più disparate iniziative a favore «dei gay come lui»… Una danza macabra sul corpo del povero ragazzo. Senza accorgersi che così anche loro continuano con quel grido che l’ha ucciso: «Jonathan, Jonathan…».

Il testo integrale dell’articolo di Lucia Bellaspiga è stato pubblicato sul sito di Avvenire

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42 commenti

paoloz

Che dire? Quelli dell’Avvenire evidentemente hanno fatto dei corsi di specializzazione particolari per essere così bravi a rovesciare la realtà.

Daniele Gallesio

Non so se “Jonathan” fosse gay o meno.
Probabilmente era solo una “maldicenza” dei compagni. Sarebbe bello che “gay” non fosse una maldicenza, e a questo non giova l’omofobia che qualcuno propaganda più o meno apertamente non accorgendosi di fare da direttore d’orchestra alla danza macabra di cui spora.

Comunque anche senza l’omofobia diffusa, Jonathan non sarebbe ancora vivo.
Quel “sei gay” era solo un pretesto. Il problema vero erano i voti alti e la buona condotta. L’invidia, e la rabbia per il “cocco dei prof”.
Se gay non fosse percepito come un isulto, ne avrebbero trovato un altro.

Se fosse stato un teppistello, si sarebbe potuto permettere anche di essere gay.

Ciò che l’ha ucciso è stato essere ligio alle regole in una società dove la repressione del teppismo è politicamente scorretta, dove chi riga dritto è un pirla e chi fa il gradasso un ganzo, dove vige la legge del più forte, dove gli insegnanti cadono dalle nuvole -candidi- dopo che la mamma della vittima li aveva avvertiti.
E non provano vergngna a far finta di credere l’incredibile: che pensassero veramente di aver risolto il problema con una ramanzina una tantum e poi tornando a non vedere.

Ce l’hanno sulla coscienza gli insegnanti che non lo hanno protetto, che non hanno educato i bulli con una giusta repressione.

Ernesto

“in un mondo di bullismo chi non sta al gioco ed esce dalla mischia per inseguire sogni privati diventa preda,”
sì, e fra gli adulti “bullismo” si chiama religione organizzata e “sogni privati” libertà civili: vedi il caso Welby.
“il suo volo era troppo alto, come i voti presi a scuola, come quella sua strana sensibilità, merce così rara da essere scambiata per altro, da non essere più riconosciuta.”
per altro = quall’aberrazione così vomitevole da non poter essere nemmeno chiamata col suo nome. Un bravo ragazzo come quello non poteva certo essere uno sporco finocchio. Così si sporca la sua memoria!!!

Questa gente è talmente malata che non capisce nemmeno che il problema non è se quello era frocio o meno!
Quanto al resto non so commentare, perché l’unica risposta adeguata contro questi ipocriti assassini sarebbe una bomba in redazione, ma in quanto frocio sono troppo più evoluto per farlo davvero. Mi limiterò a tirare bombette puzzolenti contro le chiese a Pasqua, come faccio di solito per tutte le feste.

Daniele Gallesio

Poi capisco benissimo i gay che giustamente si indignano perché in Vaticalia non si può vivere serenamente la propria omosessualità.

Però non perdiamo di vista il reale per andar dietro al simbolico.
Non facciamo l’errore uguale e contrario a quello dei cattolicisti. Non strumentalizziamo la morte del ragazzo.
Non strumentalizziamola nemmeno per una giusta causa.
Solo così si noterà la differenza. Solo così voleremo più in alto delle penne intinte nell’acqua santa.
Solo così rispetteremo il dolore di una madre.

Non hanno ucciso un gay.
Hanno ucciso un secchione.

arkeon

Il problema che era “diverso” perchè era un bravo ragazzo. Fosse stato gay avrebbe trovato, forse, chi lo difendeva (almeno tra i prof.) Invece era solo un ragazzo a cui piaceva studiare e non vestirsi D&G o altro… La vergogna deve provarla chi non sa educare i propri figli e li riempe di oggetti costosi perchè di valori da trasmettere non ne ha più.

Davide

@daniele

molti, incluso te, minimizzano la questione sull’aggettivo “gay”, che invece è assai pesante in un’età delicata come l’adolescenza, in cui gli ormoni si risvegliano e si scopre l’identità sessuale…
Tra parentesi vorrei ricordare che per un maschio eterosessuale italico la parola GAY è la peggiore offesa immaginabile, (meglio un figlio ladro che un figlio frocio, diceva una canzone) riflettiamo su questo punto.

emel

@Daniele

>Se fosse stato un teppistello, si sarebbe potuto permettere anche di essere gay.
>Non hanno ucciso un gay.
>Hanno ucciso un secchione.

No. Non funziona cosi’, sorry Daniele hai mancato il bersaglio. Clamorosamente.

Teppisti gay a 16anni… uhm… non risultano agli atti della sottoscritta.
Si viene allontanati dal gruppo se si e’ pubblicamente gay (la parolina magica e’ Pubblicamente) mentre la parola teppista implica “conditio sine qua non” il branco …dei teppisti.
Quindi la locuzione “teppisti gay”, *qui e ora* e’ un ossimoro.
Poi oh ci sono anche le tigri bianche ma concetriamoci sul comune senso della realta’… almeno noi eh.

Quindi hanno ucciso un ragazzo con una sensibilita’ fuori dalla loro concezione della normalita’, gay…o forse transessuale, chi puo’ dirlo ?

POI, puta caso era anche un secchione nelle materie che frequentava.

emel

I cattolici sono talmente stupidi e infami allo stesso tempo, che risulta difficile capire se dicono la realta’ quando affermano che loro non centrano niente con i suicidi di chi non ce la fa a sopportare lo stigma.
Lo stigma della loro schifosa religione basata sull’odio e sul fottere il piu’ debole !

Gio

Quelli de L’Avvenire si renderanno conto che se quel ragazzo si è ucciso è a causa della cultura omofobica che loro stessi incentivano?

Micky

Daniele ha in parte ragione. Jonathan non era un diverso in quanto gay, ma semplicemente in quanto fuori dallo schema comune di cosa è “in” e cosa è “out” a 16 anni. Certo il fatto di avere una “sensibilità” diversa non lo ha aiutato. Magari era anche un gay, ed in una società che ridicolizza i gay questo è “out”. Quindi concordo con Daniele quando dice che i motivi ad un tale comportamento sono tanti e li offre la società. Forse anche l’essere troppo bravi a scuola è un motivo preso a pretesto. E’ però indubbio che le gerarchie vaticane e la “gente perbene” hanno concorso, e non poco, a creare un motivo in più, il gay-diverso, che non è degno di essere considerato una persona a tutti gli effetti, ma un peccatore che dovrebbe solamente vergognarsi di se stesso.
Una riflessione in più la vorrei fare al comportamento umano di fronte ad una situazione del genere. Io credo che tutti noi siamo responsabili di ciò che ci accade intorno, anche quando non ci tocca direttamente. I professori, gli amici o i semplici compagni di Jonathan ogni volta che hanno voltato lo sguardo da un’altra parte o magari si sono fatti scappare un piccolo risolino, si sono resi complici e quindi colpevoli dell’aggressione psicologica.

FRANCESCO

Io credo che i genitori oggi ,debbano assumersi la responsabilità di non assecondare certi atteggiamenti ,i figli sin da piccoli non debbono sentir dire espressioni cariche di disprezzo verso ciò che differisce da se stessi.La Chiesa non può,da una parte considerare l’omosessualità contro natura e,dall’altra invitare al rispetto verso i gay!C’è una enorme contraddizione in questo atteggiamento.Tutti i genitori riflettano su questa tragedia,anche nostro figlio potrebbe un giorno trovarsi nella triste condizione di essere bersaglio del branco,perchè omosessuale oppure perchè “secchione”.Dobbiamo saper sentire dentro di noi il dolore di chi è vittima di queste aggressioni!Voglio esprimere con sincerità tutta la mia partecipazione al dolore dei genitori e fratelli del ragazzo .Perchè non intitolargli la scuola da lui frequentata?

Un Socialista Europeo

Qui non c’entra, e` vero, cosa fosse effettivamente il ragazzo: non va strumentalizzato.
Mi permetto invece di strumentalizzare il fatto che degli imbecilli, esaltati nell’essere stupidi imbecilli, che si fregiano della stupidita` e dell’ignoranza fino ad elevarla a valore di superiorita`, hanno istigato al suicidio. Strumentalizzo il fatto che queste persone hanno dei genitori, imbecilli pure loro per aver permesso che dei figli crescessero fino a diventare degli autorevolissimi esemplari di pezzo di … Strumentalizzo il silenzio degli insegnanti, che sottovalutano finche` non scappa il guaio o scappa il morto.
Strumentalizzo gli insulti usati: ancora oggi sento degli stupidi in metropolitana che usano gay, ebreo, secchione come termini dispregiativi. Se mia madre mi avesse sentito dire “ebreo” come un insulto probabilmente mi avrebbe fatto cadere i denti.
Poi ci si chiede, scandalizzati, quali siano i ragazzi che vanno a fare risse negli stadi.
Stessa e` la sottocultura maschilista, stessa e` la sottocultura arcaica, tradizionale, mafiosa, omertosa, che scandalizza quando produce morte, altrimenti scatena qualche risatina e qualche giustificazione in nome dello “scherzo” o della realta` locale.

Pieta` per la morte, ma disprezzo per gli assassini e i complici, tra i quali includo gli stessi che vanno a dire in tv che qualche sberla ai froci o ai rom in fondo non farebbe male dargliela.

emel

>Forse anche l’essere troppo bravi a scuola è un motivo preso a pretesto.
>

Sono cose diverse, se non sapete di cosa parlate non parlate, please…
Lo stigma sociale si applica a chi e’ diverso sul piano soprattutto di ruolo sessuale.

Chi e’ bravo a scuola sara’ anche un po’ spernacchiato in classe ma fuori e’ l’orgoglio dei genitori che si fanno vanto di lui.
Chi e’ nero sara’ emarginato in classe, ma una famiglia che lo difende ce l’ha, dei genitori che gli offrono dei valori di riferimento li ha, che lo difendono, una storia in cui identificarsi…
Chi e’ handicappato sara’ emarginato dentro e fuori la scuola dai coetanei, ma il razzismo verso gli handicappati e’ tabu’, ed e’ la scuola stessa a forzare l’accettazione di bambini con problemi fisici e mentali da parte della classe.
Si puo’ andare avanti a trovare categorie “sfigate” nelle qualli si puo’ essere inscritti per godere del proprio momento di emarginazione a scuola… ma tutte hanno piu’ o meno dei difensori, delle aperture all’interno delle quali vivere e trovare “accoglienza” per crescere sani.

Non e’ cosi’ (nella larghissima maggioranza, 99% ? ) per i gay, lesbiche o transessuali.
Chi non corrisponde ai canoni sessuali non ha scampo, se sei maschio devi essere 100% maschio (un estremo ideale non raggiungibile, per fortuna ), se sei femmina devi essere 100% femmina (un estremo ideale non raggiungibile, per fortuna ), chi piu’ si discosta dagli estremi e’ ridicolizzato, non solo lui, ma chi lo frequenta, e i suoi stessi genitori, e non avete idea di quanto questo pesi… almeno la meta’ per importanza nel trasmettere lo stigma.
La maggior parte dei genitori si vergogna di avere un figlio o una figlia che non sono chiaramente maschi o femmine 100%, e la famiglia dei genitori si vergogna con chi frequenta, trasmettendo via via lo stigma a tutti i consanguinei che finiscono con l’identificare il figlio/figlia come “diverso” e a toglierli da subito valore nell’ambito dei rapporti di affetto.

E tutto questo e’ ORA la chiesa cattolica di Roma a volerlo con forza, a volerlo imporre pubblicamente.
Paradossalmente molti maschi effeminati e molte lesbiche DA SEMPRE finivano in seminario/convento… Allucinante, ma storicamente vero.

L’omofobia non viene da Roma… ma dai barbari tedeschi i quali per primi usavano uccidere gli uomini che non erano ritenuti degni di combattere per la tribu’…
Sara’ un caso che negli ultimi anni vi e’stata un escalation di odio e violenza da parte dei preti ?

archibald.tuttle

anche loro continuano con quel grido che l’ha ucciso: «Jonathan, Jonathan…»

e’ inutile scrivergli “bagnasco vergogna” sui muri, perche non hanno proprio idea di cosa sia la vergogna.

Claudio De Luca

Credo che abbiano ucciso un gay anche perché “secchione”, comunque diverso, forse addirittura più evoluto o migliore.
Ma il fatto che questo povero ragazzo potesse essere davvero un gay é probabilmente il motivo principale.

Claudio De Luca

@ernesto: non so se tu abbia ragione o meno, ma devo confessarti che la tua risposta sull’argomento “adozioni” mi ha molto colpito.
Penso di dover rivedere le mie posizioni sullo specifico argomento.

cartman666

Certo la chiesa per alimentare questo clima d’intolleranza, ha fatto parecchio, in Polonia, vi e’ una lobby ultracattolica, che sta provocando un crescente clima di antisemitismo oltreche’ di omofobia, e sono aumentate le aggressioni dei gay. Per questo caso d’intolleranza verso quello sfortunato ragazzo, sicuramente ha anche la sua responsabilita’, visto che di comportamenti irresponsabili la chiesa ne ha fatti tanti, ma a mio modesto avviso, i professori e i genitori dei ragazzi persecutori,hanno la maggior parte della colpa, in questo caso.

Kaworu

ah perchè loro che danza stanno facendo?

probabilmente di gioia…

Ateo Praticante

scusate l’intromissione solo per chiedere a CLAUDIO DE LUCA, che se non sbaglio è un medico, di intervenire nel post “campagnaanti-gay dell’avvenire” dove un certo aldo sostiene che è scientificamente provato che reati,carstie e crimini di guerra siano correlati all’omosessualità. Grazie

Alessandro Bruzzone

Le strumentalizzazioni cattoliche (mi riferisco all’Avvenire) non ci devono toccare. La loro meschinità non deve pagare.

Io vedo un ragazzo morto per solitudine e angoscia, mi rattristo e taccio.

Alessandro Bruzzone

… salvo, beninteso, incazzarmi con coloro che questi episodi di violenza fingono di non vederli.

Punto.

Daniele Gallesio

Davide:

Non volevo “minimizzare”, volevo dire che non sappiamo (e purtroppo non lo sapremo mai) se *quel* ragazzo, *quella* persona specifica è stato emarginato perché era davvero gay o se hanno usato la parola gay perché percepita, come dici anche tu, come il perggiore degli insulti.

E il fatto che gay sia usato come insulto è grave, sono d’accordo. E’ grave soprattutto per un adolescente che si sente gay ma non può dirlo. Non voglio negare questo. E non voglio minimizzare le sofferenze personali dei/delle omosessuali che mi leggono e che questa aggressività feroce hanno vissuto sulla propria pelle da adolescenti.

Ripeto, però, che è morta una persona. Una persona, non un simbolo.
E’ morto lui, non è morta una parte di voi.
E lui non sappiamo se fosse davvero gay.

Non vi incazzate, vi prego.
Piuttosto riparliamone.

Io capisco che chi ha subìto bullismo perché gay si concentri sul gay, però vi invito a capire che chi ha subito bullismo perché secchione e gracile possa concentrarsi sul secchione.
Bravo a scuola lo era. Parlano i voti. Ed essere bravi a scuola è condizione sufficiente per essere oggetto di bullismo e beccarsi delle botte di frocio, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale.

Daniele Gallesio

Emel:

Teppisti gay a 16anni… uhm… non risultano agli atti della sottoscritta.
Si viene allontanati dal gruppo se si e’ pubblicamente gay (la parolina magica e’ Pubblicamente) mentre la parola teppista implica “conditio sine qua non” il branco …dei teppisti.

Beh, sì, in effetti 16 anni sono un’età un po’ critica per essere teppisti gay pubblicamente.

Quindi hanno ucciso un ragazzo con una sensibilita’ fuori dalla loro concezione della normalita’, gay…o forse transessuale, chi puo’ dirlo ?

…o forse eterosessuale pur non avendo atteggiamenti da “macho”, chi può dirlo?
E’ questo che volevo sottolineare.
NON possiamo essere sicuri che fosse “tutto tranne che eterosessuale”.

POI, puta caso era anche un secchione nelle materie che frequentava.

No, qui parlo per esperienza personale, essere secchione è sufficiente ad attirare i bulli. Ohhhh se lo è.
E quando i bulli ti han preso di mira, una botta di frocio è il minimo che ti possa capitare.
Che tu sia gay o no.
Che poi se uno lo è, ovvio che a 16 anni abbia la sensazione che la sua omosessualità sia “visibile”, visto che glielo dicono…
…ma quelli mica lo sanno. Sparano nel mucchio dei deboli, ovvio che qualche gay vero lo beccano.

Come quelli che fanno phishing e mandano mail spacciandosi per la banca XYZ a tutti… prima o poi qualcuno cliente di quella banca lo beccano.

Daniele Gallesio

Sono cose diverse, se non sapete di cosa parlate non parlate, please…

Dai, adesso non fare l’intollerante.
Noi non sappiamo nulla della tua vita, come tu non sai nulla della nostra.

Se non parliamo non possiamo certo cambiare idea.

Uno parla, magari sbaglia, si confronta con esperienze altrui, magari cambia anche idea se si rende conto di aver sbagliato qualcosa.
Tacere per allinearmi all’ortodossia non fa per me. Altrimenti non sarei qui.

Preferisco dire una cazzata e dare l’opportunità a qualcuno di farmelo notare, che tacere e portarmi la cazzata nella tomba.

Johnny Golgotha

Dovrebbe essere introdotto il reato di induzione al suicidio, oppure qualcosa che lo contempli; è assurdo che si possa essere multati per una bestemmia, ovvero l’insulto ad una persona che non esiste, mentre invece chi vessa e costringe alla morte una persona reale non abbia neppure un rimbrotto.
Gente così, l’ho già detto in precedenza, per me merita la morte anche se minorenne; oggettivamente, però, anche dieci anni di riformatorio, oppure venti di galera, in base all’età, mi sembrano una pena adeguata

Vico

sono indignato questa giornalista è complice e corrensponsabile del suicidio di quel ragazzo.

Daniele Gallesio

Johnny:

Penso (ma non sono sicuro) che esista il reato di induzione al suicidio.

Pena di morte? No, dai.
Con tutto l’astio che posso provare per il bullismo, non posso credere che quelli fossero davvero consapevoli di indurlo al suicidio.

La pena di morte come deterrente. Bah…
Per carità, non voglio fare il nessunotocchicainista “nobile dentro”… confesso (a voi fratelli e… e… ehm! a voi fratelli. Punto.) che a volte vien voglia anche a me di invocare la pena di morte.
Però direi che sarebbe meglio prevenire il suicidio reprimendo in tempo il bullismo piuttosto che uccidere il bullo dopo che c’è sacappata la vittima.
Certo la seconda via è meno faticosa.
Ma tu metteresti la tua vita in mano alla magistratura?
(Ricordo che la magistratura, non essendo convenzionata con lo Spirito Santo, non è infallibile nemmeno quando pronuncia sentenze ex cathedra)

Dici “stronzo” a uno e quello si suicida… rischi la vita?
E’ un’iperbole, ok… ma quanti sono stati fritti “per sbaglio” negli USA?

Guarda, il motivo principale per cui sono contrario alla pena di morte è che ci sono stati troppe sentenze di condanna ingiusta scoperte tali a posteriori.
La pena di morte rende gli errori irreparabili.
Fosse solo per questo, sarebbe sufficiente a considerarla inammissibile da un punto di vista ateo.

edoardo

Ma avete notato che all’Avvenire hanno paura a dire la parola Omosessuale?Ma come mai?Coscienza sporca?Non hanno proprio ritegno!Che si vergognino!!!!!!!!!!!

Johnny Golgotha

Daniele, quelli non lo hanno chiamato “stronzo”, hanno passato l’anno scolastico a non studiare pur di chiamarlo “frocio”… son due cose differenti, e visto che lui si è suicidato per questo motivo mi pare evidente che sono stati loro a causarne la morte; è come l’omicidio colposo, litighi con qualcuno, lo spingi e questo cade rompendosi l’osso del collo, certo non lo volevi uccidere, però hai una bella colpa lo stesso, e devi essere punito, mentre i ragazzi-merda che hanno costretto il loro compagno al suicidio, adesso, staranno beati davanti al Playstation, e magari pure a ridere della loro vittima.
Qualcosa va fatta, ma non venitemi a parlare di dialogo perchè questi non sono disadattati, questa è gente furba ed intelligente, che sta meglio di me e di te messi assieme, e poi non capisco come mai, in Italia, si tende a dimenticare le vittime ed a recuperare gli assassini, invece che punirli

Eliana Vianello

Daniele scrive:
“Ce l’hanno sulla coscienza gli insegnanti che non lo hanno protetto, che non hanno educato i bulli con una giusta repressione.”

Ah, ecco, mi sembrava strano che nessuno avesse ancora incolpato gli insegnanti che, coi loro 150 allievi (gia’ tanto se a fine anno si ricordano tutti i nomi!), sono evidentemente i principali responsabili se Tizio si suicida, se Caio non va a scuola, se Sempronio violenta la compagna handicappata nei bagni; se Tizio viene bulleggiato perche’ straniero, Caio perche’ grasso, Sempronio perche’ secchione o effemminato, o gay, o presunto tale… neanche avessero altro da fare in quelle 2-3 ore settimanali che passano in classi di 20-30 alunni se non occuparsi dei loro problemi socio-psicologici!

Faccio notare che di alunni con tutti 7 e 8 ce ne sono 2-3 per classe (non era poi cosi’ bravo…c’è anche chi viaggia a tutti 8 e 9). Parliamo quindi di parecchie migliaia di persone. Tutti vengono scherniti come “secchioni” e nessuno si suicida. Essere secchioni è una scelta che, evidentemente, dà più soddisfazioni che frustrazioni.

Viceversa, è noto che molti adolescenti omosessuali (qui non c’è scelta) si suicidano. Non ci vuole quindi molto a capire quale sia la causa più probabile di questo suicidio. Che fosse davvero gay o meno poco importa. A quell’età in molti casi l’orientamento sessuale non è ancora ben definito e se tutti ti dicono che sei gay va a finire che ci credi, vero o meno che sia.

Quanto alle discriminazioni contro gli adolescenti omosessuali, non so se si possa incolpare la chiesa. Che uno sia un peccatore che trasgredisce le regole divine non sarebbe sufficiente a renderlo vittima di bulleggiamenti.
Io incolperei piuttosto una mentalità maschilista sessuocentrica (tutt’altro sessuofobica come quella cristiana!) per cui l’identità maschile (che è maschilisticamente importante affermare perché un’identità femminile o neutra sarebbe svilente) si realizza (sessuocentricamente) tramite l’attività sessuale con donne. Chi differisce da questo modello maschile eterosessuomane è condannato a sentirsi un diverso e ad essere trattato come tale, che sia gay o che sia semplicemente casto. E, almeno in quest’ultimo caso, non si può certo incolpare la chiesa.

Daniele Gallesio

Io incolperei piuttosto una mentalità maschilista sessuocentrica (tutt’altro sessuofobica come quella cristiana!) per cui l’identità maschile (che è maschilisticamente importante affermare perché un’identità femminile o neutra sarebbe svilente) si realizza (sessuocentricamente) tramite l’attività sessuale con donne.

Ah, mi sembrava strano che nessuno avesse ancora incolpato i maschi! 😉

Scherzo, dai!
Ho capito che hai incolpato il maschilismo e non il maschio.
Era per stemperare un po’ 🙂


Tornando seri.

In questo post sono riuscito ad attirarmi le critiche di tutte le parti politiche, sessuali e lavorative.
Mi sa che sono stato un po’ troppo tranchant.

Faccio ammenda.
In fondo non conosco abbastanza della situazione specifica per emettere verdetti.

Mi sa che ho commesso l’errore che ho imputato ai gay: prendere il ragazzo suicida per un simbolo invece che per una persona. Vedere la morte di una parte di me invece che la morte di un individuo a sé stante nella sua autenticità.

Ciò detto, cerco di esprimere la mia esperienza personale cercando di darle solo il valore che ha (personale, appunto), senza usarla come lente deformante per il caso del suicida.

Insegnanti che vedono e fanno finta di non vedere ce ne sono eccome.

E fin qui è mia esperienza personale.

Mi tocca rimangiarmi la promessa appena fatta.
Più ci penso e meno riesco a essere distaccato.

Questi insegnanti, messi a conoscenza dalla mamma disperata, dichiarano che pensavano che tutto fosse finito dopo una ramanzina una tantum?
Ti sembra che potessero davvero credere di averla risolta così a buon mercato una vicenda di vessazione organizzata?

Onestamente…

Daniele Gallesio

Johnny:

Non confondere la mia apologia contro la pena di morte (si dice “apologia contro”? Mi sa di no, ma credo che si capisca cosa intendevo) con una difesa dell’ “innocenza” di quei bulli.

Per me sono colpevoli.

Eppure, per me sono anche incoscienti. Questo non significa che non debbano pagare.
Sono stato io il primo a lamentarmi della scarsa attitudine alla repressione delle malefatte del sistema famiglia/scuola/Stato in Italia.

Debbono pagare, e anche caro.
Ma lo scopo della pena deve essere il recupero.

La pena di morte non mi sembra si sia dimostrata questo gran deterrente alla criminalità nei paesi dove è in vigore.

Tornando a bomba. Credi davvero che il bullismo sia una manifestazione di furbizia, intelligenza e benessere?
Credi davvero che un 16enne che sta bene con sé stesso e che non ha angoscia di vivere abbia bisogno di fare il bullo per godersi la vita?
Io no.
Io credo che il bullismo sia un modo per mascherare la paura.

Ciò non significa, e su questo siamo d’accordo, che sia giusto il lassismo generalizzato che c’è in Italia.
Le trasgressioni devono essere punite.
Con pene serie e severe, ma autorevoli e non autoritarie.

Vogliamo dirla con l’antico adagio? Bastone & carota.
Oggi si tende ad usare solo la carota, e non si ottiene molto di buono.
Solo col bastone non si otterrebbe molto di più.
Bisogna trovare il giusto equilibrio, senza passare da un estremo all’altro.

Daniele Gallesio

Eliana:

neanche avessero altro da fare in quelle 2-3 ore settimanali che passano in classi di 20-30 alunni se non occuparsi dei loro problemi socio-psicologici!

Posso essere d’accordo che la scuola sia sotto organico, ma non posso condividere il fatto che la scuola debba occuparsi solo di insegnare italiano e matematica a dei “contenitori di cultura” rinunciando al ruolo di formazione anche civile a delle *persone*.

Sì: la scuola dovrebbe impegnarsi anche di problemi socio-psicologici.
Se un insegnante non è nelle condizioni materiali di poterlo fare, vorrà dire che è lo Stato che dovrebbe investire di più nella scuola.

Se però un insegnante non vuole o non sa farlo, allora forse è meglio che consideri l’idea di insegnare agli adulti, ché per offrire ai ragazzini una formazione bisogna essere un po’ anche socio-psicologi.

Johnny Golgotha

No, io non credo che tutti i bulli siano benestanti, semplicemente penso che non sfoghino in tale modo le loro frustrazioni, è troppo semplice fare l’equazione Bullo=Ragazzo Problematico, perchè spesso questi fenomeni di prevaricazione hanno origine nel cosiddetto “branco”, sono delle vere e proprie attività di gruppo, invece chi dimostra aggressività simili a fronte di problemi personali lo fa sempre agendo da solo, mentre nel caso del ragazzo suicida, invece, le vessazioni che subiva venivano perpetrate dalla sua intera classe, e forse anche da elementi di altre, vuol forse dire che tutti i suo compagni di classe sono disadattati?

Daniele Gallesio

Voglio solo dire che l’adolescenza è un’età problematica, nella quale è molto frequente avere paura, angoscia… e cercare conforto nell’omologazione.

Ed è molto frequente che chi ha paura di essere rifiutato dal gruppo appena vede una vittima sacrificale si unisca al branco dei carnefici per evitare di diventare lui la vittima.

(Per benessere non intendevo benessere economico, ma benessere psicologico.)

Daniele Gallesio

Osserva una compagnia di ragazzini: non ti sembrano tutti fatti con lo stampino? nel modo di vestire, piercingarsi, pettinarsi, atteggiarsi?

Ai miei tempi a 16 anni eravamo tutti vestiti con:

1. scarpe da vela (chi poteva Timberland, ma se non di quella marca comunque modello identico)

2. calze a rombi in colori pastello (ai primi accenni di primavera si faceva a gara a chi rinunciava per primo alle calze)

3. jeans con orlo abbondantemente sopra la caviglia (mio papà mi prendeva in giro dicendomi che sembrava che avessi l’acqua in casa 😛 )

4. gel nei capelli

Adesso la moda è cambiata ma il bisogno di omologazione no.

Johnny Golgotha

Appunto, come dici tu, tutti fatti con lo stampino; ma se un ragazzo ne vessa un altro solo per compiacere il suo gruppo, allo stesso modo col quale sceglie una maglietta piuttosto che un’altra non ha un disagio, è semplicemente un coglione, ed i coglioni fanno le coglionate, che spesso, come in questo caso, sono molto gravi (c’è scappato il morto), e credo che vadano puniti

Daniele Gallesio

Certamente vanno puniti.
Sono contrario anche io al lassismo.

Ma dal lassismo alla pena di morte ce ne passa.

La pena deve essere sì severa, ma anche rieducativa.

Daniele Gallesio

Più che per compiacere il gruppo, ritengo che un ragazzo insicuro possa diventar carnefice per paura di essere vittima.
E’ molto più facile costruirsi l’immagine di carnefice per evitare il ruolo di vittima, piuttosto che riuscire a non farsi mettere sotto dal branco senza mettere sotto nessuno.

E’ difficile da ragazzini farsi rispettare senza esagerare.
Per questo è molto importante che la scuola svolga anche un ruolo educativo/repressivo da un lato e di ascolto e appoggio dall’altro.

Purtroppo in Italia va di moda passare da un estremo all’altro. Da un eccessivo autoritarismo al lassismo più totale. Atteggiamenti entrambi improduttivi.

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