Si apre con la figura di Craig Venter il libro di Yurij Castelfranchi e Nico Pitrelli, Come si comunica la scienza? (Laterza). Gli autori lo ritengono un esempio significativo di scienziato «post-accademico», tipico della fase che stiamo attraversando, nella quale i processi scientifici non sono più confinati all’interno dei laboratori e delle università ma devono aprirsi al dialogo con la società. Alla scienza infatti non basta più essere valida o corretta: deve essere anche socialmente robusta, cioè deve incontrare le esigenze e le priorità dei cittadini. E per farlo deve parlare con loro e saper ascoltare. Una questione di democrazia, essendo impensabile affidare solo all’esperto scelte importanti come quelle che riguardano la produzione di energia o la ricerca sulle staminali. Per adattarsi, centri di ricerca e istituzioni scientifiche si stanno dotando sempre più spesso di uffici stampa, open days e vere e proprie campagne marketing.
Ma il modello «lineare» della comunicazione della scienza, che prevedeva la trasmissione a senso unico, dall’autorità costituita verso un pubblico passivo, da educare, non è più valido (se lo è mai stato). Oggi parlano di scienza tanti protagonisti differenti, dal ricercatore che scende in piazza all’associazione di pazienti che chiede di cambiare la sperimentazione di un farmaco. E i cittadini prendono sempre più spesso la parola, tramite un referendum per esempio, ma anche all’interno di movimenti, oppure usando il loro potere di consumatori e scegliendo cosa acquistare e cosa no. Secondo Castelfranchi e Pitrelli, le nuove parole chiave della comunicazione della scienza cominciano a essere «dialogo» e «partecipazione», mentre il flusso di informazioni diventa orizzontale: saranno gli scienziati a dover ascoltare sempre più spesso quello che dice la società.
Come si comunica la scienza
5 commenti
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andiamoci piano con gli scienzati che devonno ascoltare la società, una cosa è la ricerca e gli studi di base e un’altra è la tecnologia, per quanto riguarda la tecnologia i bisogni e le esigenze della società e del mondo possono e devono essere ascoltati, d’altronde si sono sempre comportati cos’, ma assolutamente per la ricerca di base non si può dare ascolto agli umori della gente.
La scienza è un processo di acquisizione del sapere democratico, in cui c’è dialettica e a cui tutti possono portare il proprio contributo. La scienza, essendo democratica, non può che essere d’accordo su una gestione democratica della scienza stessa. Anzi, è stata la scienza ad indicare i pericoli che possono venire da una sua “privatizzazione”, pericoli non inferiori a quelli della privatizzazione dell’aria e dell’acqua!
Ma la gestione democratica della scienza contrasta con quello che diceva un vecchio proverbio “Parla chi sa!!”. Il rischio che vedo in questa democratizzazione è che parli e decida chi non sa ma è stato manipolato da centri di interesse, che nulla hanno a che fare con la scienza, o che vogliono strumentalizzare la scienza per fini diversi dal bene comune.
Per questo la cosa fondamentale che deve fare la scienza e chi ha a cuore la scienza è DIVULGARE le conoscenze affinchè tutti sappiano e perciò tutti abbiano competenza per dire la loro!
Tempo fa in farmacia ho visto un prodotto da banco che era così pubblicizzato “Non contiene composti chimici”. A parte la ovvia assurdità, quello che il produttore cercava di dire era che conteneva solo prodotti naturali. E se usava questo argomento vuol dire che sapeva che era vincente! Malgrado i fantastici successi della biologia e della farmacologia, la gente è convinta che un prodotto naturale sia meglio di uno prodotto dalla scienza!!!!!
Questo è solo un esempio dell’ignoranza che dovrebbe indirizzare la scienza
Bruna Tadolini http://www.geocities.com/biochimicaditutti
anche molti giornalisti usano concetti scientifici in modo ridicolo:
una volta, su di un fenomeno giroscopico, sentii dire “…c’è un attimo di inerzia…” il giornalista interpretava a modo suo il testo originario che citava la grandezza fisica: “momento d’inerzia”.
recentemente invece ho sentito dire che grazie ai test del DNA si è potuto stabilire che l’autista della Lady Diana era ubriaco, lasciando così intendere che da un test del DNA si possa risalire all’ubriachezza di un individuo… (se fosse vero, ditemi, per favore dove posso andarmi ad aggiornare, troverei la cosa fenomenale)
DIVULGAZIONE, DIVULGAZIONE, DIVULGAZIONE.
come si dice nell’articolo: la scienza deve essere socialmente robusta.
e non divulgata dai giornalisti.
Se per questo, in quanto ad aneddoti ne avrei una intera collezione! Compresa quella sulle mutazioni, il terremoto di Messina ed il disegno intelligente per cui ho scritto una lettera indignata a La Repubblica!
La Scienza non é democratica, né antidemocratica.
La comunicazione dei saperi é democratica.