Donne e potere, le parole per dirlo

Ho segnalato qualche settimana fa («politica o quasi» del 13 marzo) l’ultimo numero della rivista Via Dogana, in cui Lia Cigarini e Luisa Muraro pongono alcune domande ruvide sul rapporto fra donne e potere a partire dalla scena milanese, dove sono diventati femminili svariati vertici amministrativi, sindacali, associativi, imprenditoriali, senza che, a giudizio delle autrici, la qualità della vita e dell’amministrazione della città ne sia stata significativamente segnata, senza che si siano sviluppate significative relazioni fra le protagoniste di questo mutamento e fra loro e la cittadinanza femminile, senza che emerga una significativa differenza femminile nella gestione del potere o significative ipotesi sulla relazione femminile col potere. Quel numero di Via Dogana ha fatto nel frattempo un certo rumore sulla stampa milanese e anche su quella nazionale, ed è stato oggetto di una affollata discussione pubblica alla Libreria delle donne di Milano (un’altra seguirà alla Casa internazionale delle donne di Roma). Oggi segnalo che non casualmente l’ultimo numero di Leggendaria, altra storica testata culturale e politica femminista, uscito pressoché in contemporanea a cura di Silvia Neonato e Bia Sarasini (la rivista, diretta da Anna Maria Crispino, aveva già dedicato due precedenti numeri a Roma e Torino), mette a fuoco problemi e domande assai simili a partire da un’altra scena, quella genovese. A Genova, dove fra poco si terranno le elezioni amministrative, sono donne le candidate dell’Ulivo a sindaco (Marta Vincenzi) e del centrodestra a presidente della provincia (Renata Oliveri); donne il 40 per cento dei dirigenti del comune e sei su nove superdirigenti; donne la soprintendente ai beni artistici e le responsabili di quasi tutti i musei cittadini, donne le presidi di Architettura e di Economia e commercio, le presidenti del festival delle scienze e della prestigiosa associazione culturale Buonavoglia; e ci sono 30.800 donne, molte delle quali con cariche gestionali, iscritte al registro provinciale delle imprese. «Eppure – scrivono nell’editoriale Neonato e Sarasini – tutte queste donne di potere, grande o piccolo, non si vedono tra loro, è come se fossero trasparenti le une alle altre, si cercano a parole ma nei fatti non fanno ‘gruppo di pressione’. E dichiarano di sentirsi sole». […]

L’articolo di Ida Dominijanni è raggiungibile sul sito del Manifesto 

8 commenti

anarkist

chiedo scusa per l’off topic ma mi sono registrato al forum è non ho ricevuto ancora la mail di attivazione (è passato qualche giorno ormai).Cosa devo fare?
Ciao e grazie . Scusate ancora .

Barbara Monea

info@uaar.it
Scrivi pure a questo indirizzo, la mail verrà segnalata al co-webmaster del sito uaar (che si occupa del forum).
Ciao!

Matt

anarkist, sei registrato.
Però sei registrato come Anarkist (con la maiuscola).

Matt

…questo non toglie che se la mail non ti è arrivata non riuscirai a entrare…. però comunque occhio al login!

Jacopo

Il fatto che le donne non facciano “gruppo di pressione” credo sia un buon segno di emancipazione.
Si sentono sole? qualcuno di voi ha mai avuto l’onore/onere di dirigere istituzioni, associazioni o entità simili? sentirsi soli è la regola.
Diverso è se si sentono discriminate come dirigenti in quanto donne, allora una risposta di categoria o, meglio ancora, trasversale è doverosa.
Secondo me

Bruna Tadolini

Credo che la cultura, e forse anche la genetica, della donna sia abbastanza responsabile del nostro comportamento “isolato”.
Le donne, a differenza degli uomini hanno molto meno la tendenza a giocare insieme! Sono gli uomini che vanno a sciare insieme, in bicicletta insieme, al bar insieme, in barca insieme…….. Sarà che, essendo noi una specie sociale, una delle funzioni del maschio era proprio quella di avere dei ruoli che richiedevano la cooperazione e lo stare insieme.

Stefano Chiaudano

@Bruna
“Sono gli uomini che vanno a sciare insieme, in bicicletta insieme, al bar insieme, in barca insieme…”
Però voi donne, fatto curioso, andate al bagno insieme! 🙂

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