La Corte Suprema degli Stati Uniti ha emesso ieri una sentenza contraria ad una particolare tecnica di aborto terapeutico, riaprendo il dibattito politico negli Stati Uniti su un tema che tradizionalmente divide l’opinione pubblica.
La decisione
I nove giudici della Corte Suprema, controllata adesso dai conservatori, hanno confermato con lo scarto minimo di cinque voti a quattro, la validità di una legge approvata dal Congresso nel 2003 che proibisce una specifica forma di aborto tardivo, che viene praticato solo a gravidanza avanzata con un metodo definito di ‘nascita parziale’ e che riguarda negli Usa poco più di 2mila casi l’anno.
Nel 2000 la Corte Suprema era stata chiamata a decidere su una legge parzialmente simile, varata dallo stato del Nebraska, e in quella occasione la decisione era stata opposta: ma allora in seno alla Corte c’era una maggioranza di giudici ‘liberal’.
La Corte Suprema aveva infatti giudicato non costituzionale la legge del Nebraska che metteva al bando questa procedura perché non consentiva alcuna eccezione per i casi estremi, come il pericolo di vita della madre.
La situazione attuale
L’aborto è legale negli Stati Uniti dal 1973 quando la stessa Corte Suprema stabilì che una legge che vietava l’aborto in Texas violava il diritto costituzionale alla privacy delle donne.
Nel 2003 il Congresso americano, controllato dai conservatori, aveva approvato una legge abbastanza simile a quella del Nebraska: questa specifica forma di aborto tardivo, basata sulla parziale estrazione del feto e la perforazione del cranio, è definita “orribile, inumana e mai necessaria (dal punto di vista medico) per preservare la salute della donna”. Quest’ultimo punto era stato inserito appositamente per superare la ragione della prima bocciatura della Corte Suprema nel 2000.
Dopo che alcuni giudici federali avevano dichiarato non costituzionale la legge approvata nel 2003 dal Congresso, la palla era tornata nel campo della Corte Suprema che aveva accettato di esaminare di nuovo la intera questione.
Una Corte meno ‘liberal’
La decisione odierna della Corte Suprema è un evidente segno della sua mutata composizione: a favore della legge del Congresso hanno infatti votato, oltre ai super conservatori Clarence Thomas e Antonino Scalia, anche i due nuovi giudici nominati dal presidente Bush, John Roberts e Samuel Alito. Il quinto voto è giunto dal giudice Anthony Kennedy che ha scritto anche la opinione della maggioranza rilevando che gli avversari della legge non sono riusciti a dimostrare che il testo è incostituzionale.
Nella opinione della minoranza dei giudici, scritta da Ruth Badel Ginsburg, si afferma che la decisione è “allarmante” perché “tollera e addirittura incoraggia l’ingerenza del Congresso nel mettere al bando una procedura medica giudicata necessaria in alcuni casi per la salute delle donne”.
Nella prassi
Negli Stati Uniti vengono effettuati ogni anno oltre un milione di aborti. Circa il 90% avvengono entro le prime 12 settimane di gravidanza. Anche la percentuale restante presenta in realtà poco più di duemila interventi effettuati con la procedura della ‘nascita parziale’ ora fuorilegge.
L’allarme delle femministe
Le associazioni per la libertà di aborto hanno subito condannato la decisione della Corte Suprema che “sfida 30 anni di precedenti decisioni di segno opposto e mette a repentaglio la salute delle donne che dovrebbe essere tutelata dai medici e non dai politici”. […]
Il testo integrale dell’articolo è stato pubblicato sul sito di Rainews24
questo è un segno dei brutti tempi che corrono, ora anche il congresso usa vuole decidere quali cure mediche praticare, sempre la solita storia: integralismo farcito co maralismo
tanto se poi vendono armi come noccioline, le madri che non volevano il figlio possono sempre sparargli in testa e fare una strage al supermercato per poi spararsi in bocca.
come la filosofia americana insegna.
certe volte e’ davvero difficile capire gli americani, tanta attenzione per la vita dei feti, quando con le loro bombe intelligenti ammazzano persone molto piu’ cresciute, evidentemente non sono contenti a farli fuori da piccoli.
Quello che penso è che si debba distinguere il diritto all’aborto da una pratica effettuata in casi particolari, specie se c’è rischio per la salute della madre. In ogni caso, fuori dai giudizi morali, continuo a pensare che la legge deve lasciare libertà di scelta anche e soprattutto in questi casi, dove una donna, se ha portato un feto per 6 o 7 mesi immagina cosa significa abortire meglio di una che c’è stata 6 o 7 settimane !
Io personalmente non la trovo una pratica carina e se fossi una donna che proprio non vuole essere madre, forse preferirei farlo nascere prematuro e abbandonarlo all’ospedale (anche questo è un diritto della donna). Questo perchè dopo un po’ di tempo il feto ha una sensibilità e capisco che quel tipo di pratica è l’unica che previene l’ipotesi di infanticidio (figlio nato che ha emesso il primo respiro) e forse è la più indolore per il feto. Ripeto, mi sembrano casi drammatici e proprio per questo la legge dovrebbe aiutare a scegliere serenamente invece che imporre divieti generali. Soprattutto quando è a rischio la salute della donna che potrà diventare una madre sana in un’altra occasione, nelle condizioni giuste, se vorrà.
Mi dispiace, ma secondo me la corte suprema USAha cominciato a perdere colpi.