Il medico deve curare o accontentare?

I recenti fatti definiti dai giornali “malasanità” mettono in mostra colpe vere o presunte; ma mostrano senza volerlo che la professione del medico ha dei limiti che si chiamano talvolta “errore”, talvolta “insuccesso terapeutico”. Sono limiti inerenti la stessa medicina e l’umanità di chi opera. A fianco di questi, esistono poi limiti impartiti dalle leggi e dallo stesso buon senso: il limite a non usare i pazienti come cavie, per esempio, blocca alcune possibilità scientifiche, ma ci sembra assolutamente indispensabile. Così come reclamiamo come indispensabile il limite di non mettere fine ad una vita o di selezionare ed eliminare embrioni e feti, pur in presenza di una richiesta del pubblico. Dobbiamo allora capire quale sia davvero il compito del medico e quali siano i suoi reali limiti: è compito del medico curare o accontentare? Ma per far questo dobbiamo domandarci quale è il suo oggetto, cioè, cosa è la salute, per non finire in derive commerciali o ciniche o peggio ancora, soccombenti alla moda del momento.

Cos’è la salute? Per rispondere a questa domanda dobbiamo partire dall’esperienza: quando sentiamo di non avere salute? Possiamo facilmente rispondere “Quando non possiamo fare una cosa che di solito facevamo o una cosa che riesce ai più”. Per esempio, quando non riusciamo più a correre come una volta, o se una paralisi ci impedisce una normale deambulazione. Come si vede, all’idea di salute è associata profondamente quella di desiderio. E, si capisce bene, non si parla di “capriccio”, ma di un vero desiderio. Quale sia la differenza tra i due termini è presto detta: dato che solo il secondo cerca di ottenere qualcosa che è iscritto nella natura della persona: capriccio sarà volere il naso come un’attrice famosa; desiderio è quello di accomodare il naso o per evitare scherni o per ripristinare una funzione respiratoria.

Si capisce quanto sia distante la definizione dell’organizzazione mondiale della sanità che sostiene che la salute sia “Il completo benessere psicofisico e sociale”. Questa definizione, nata per contrastare l’idea che la salute sia solo l’assenza di malattie, apre ad una chiara utopia: nessuno avrà mai un completo benessere: chi non si lamenta di qualcosa o chi può dire di essere appieno soddisfatto? E’ una definizione che apre a due conseguenze infauste: un’insoddisfazione esistenziale (se la salute è un diritto, la pienezza di soddisfazione è inarrivabile, dunque il mio diritto è impossibile); e il capriccio puro: solo io conosco il livello della mia soddisfazione, e so che la mia soddisfazione non è piena… dunque devo “inventare” dei desideri per aumentare i livello di soddisfazione, dato che soddisfacendo i desideri finora la mia soddisfazione è ridotta. Già, perché questa definizione confonde la parola salute con la parola felicità. E la società odierna crede che la felicità sia la soddisfazione di ogni volere. Anzi, essendo così le cose, moltiplica i bisogni per avere più bisogni da soddisfare, e – in teoria – più felicità. E c’è una florida industria di bisogni che pullula su questo.

Ma cos’è allora la salute? E’ la possibilità di affermare se stessi nei desideri profondi che ci caratterizzano: sono il desiderio di bellezza, felicità, libertà, amore. E dobbiamo distinguere i desideri “grandi” che sono quelli ora elencati, e i desideri “parziali” che sono quelli di tutti i giorni e che hanno valore nella misura in cui aprono alla soddisfazione dei primi. Dunque un ottuagenario che può a stento deambulare potrà avere una salute maggiore del sedicenne bocciato a scuola proprio perché il metro non è ciò che si fa, ma quello che si può fare rispetto a quello che desideriamo – tranne che nel caso che i nostri desideri siano atrofizzati…

Un corollario della suddetta definizione di “salute” è che il contrario della salute allora non è la malattia. Atleti di prima qualità si esibiscono in manifestazioni sportive su una sedia a rotelle o sciando senza una gamba e nessuno può dire che non siano atleti di alta statura e che non stiano compiendo un gesto di alto sport. E che non abbiano salute. D’altronde assistiamo alla tristezza esistenziale di molti, pur in assenza di conclamate patologie. Se ne deduce che il reale contrario della salute, intesa come “possibilità di rispondere ad un desiderio” è la disperazione.  […]

Il testo integrale dell’articolo di Carlo Valerio Bellieni è stato pubblicato sul sito di Zenit

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7 commenti

Damiano

curare senza andare contro la volontà del paziente è chidere troppo? E’ impraticabile? Irragionevole?

Liberale Liberista Libertario

Lo stato non può essere padrone del corpo dei suoi cittadini, soprattutto se (sedicentemente) laico. Che vergogna.

Daniela M

la libertà di decidere del proprio corpo è la cosa fondamentale, su ogni altra…

Daniela

un articolo assolutamente inconcludente, il paziente ha il diritto di decidere del proprio corpo.

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