L’eterno ritorno di Ippocrate

Qualcosa, dopotutto, vorrà pur dire se, alla vertiginosa distanza di 2400 anni da quando fu scritto, il Giuramento di Ippocrate, documento fondativo dell’etica medica, è ancora in ballo quando si parla di principi e di responsabilità del medico. E se in alcune controverse questioni filosofico-morali – prime tra tutte quelle sull’aborto e sul suicidio assistito – vengono evocate le celebri, lapidarie affermazioni: «Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio; similmente a nessuna donna un pessario abortivo».
Non per niente nei momenti di crisi della medicina, e in quelli cui si rende necessario riaffermare gli ideali e i valori fondamentali e universali della professione medica, si torna a discutere del famoso Giuramento, da sottoporre a revisioni per adeguarlo al nostro difficile e complicato presente che propone sfide senza precedenti alla pratica medica: dalle sponsorizzazioni della grande industria farmaceutica, al mercato delle cure, al conflitto di interessi, alla difficoltà di onorare il tradizionale impegno a vantaggio del paziente, alla presenza di una crescente disparità nell’accesso alle cure e a tutti i problemi legati all’erogazione dei servizi sanitari.

L’ultimo lifting
A darne conto, del resto, è la frequenza delle messe a punto, a conferma dell’urgenza di dare risposte a problemi etici sempre nuovi. A poco più di quattro anni dall’ultima, che aveva portato alla «Carta della professionalità medica nel nuovo millennio», versione meno suggestiva del Giuramento, arriva ora l’ultimo lifting, annunciato in questi giorni dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri. La dicono lunga i due nuovi principi, introdotti nel testo, che impegnano i medici a «rifuggire da ogni indebito condizionamento» nell’esercizio della professione e a «promuovere l’alleanza terapeutica con il paziente».
A dispetto della loro genericità, promettono molto, moltissimo, anzi, a volervi scorgere, da una parte, la necessità, per i medici, di evitare qualsiasi influenza, politica ed economica, da qualsiasi parte provenga e di qualsiasi genere; dall’altra, la centralità del paziente, nella particolare alleanza che ha per fine la cura e la guarigione dai mali, utilizzando le risorse del sapere specifico e della conoscenza. Ma impegnandosi, anche, nello sforzo di far rispettare i diritti di tutti i pazienti, compresi i più vulnerabili, mantenendo elevati standard di competenza e integrità e offrendo alla società consulenza esperta su questioni di salute. […]

Il testo integrale dell’articolo di Eugenia Tognotti è stato pubblicato sul sito de La Stampa

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7 commenti

Liberal

Io non ho notizie di medici veri (quelli che tutti i giorni curano i pazienti nei loro ambulatori o negli ospedali) che abbiano mai pronunciato il famoso giuramento di Ippocrate. Di solito dopo un esame di laurea o di specializzazione c’è una breve cerimonia di auguri baci e abbracci e qualche lacrima e poi magari si festeggia con amici e parenti in un bel locale, ma di giuramenti di Ippocrate o altri nessuno parla. Anche questa è un’altra bufala inventata dai preti e dai loro accoliti.

Paul

soprattutto ippocrate non aveva macchine per tenere artificialmente in vita persone malate per 20 o 30 anni….

Liberale Liberista Libertario

Il dott. House ha commentato magnificamente il giuramento d’Ippocrate.

Daniela

ma se non è più vlido e utile non lo si usa più, è semplice

Markus

Ancora stiamo coi giuramenti !

E se poi un medico ci ripensa ? Che succede le medicine non funzionano ?

E se cambiano il giuramento che fanno ? Richiamano tutti a giurare o lo notificano e basta ?

Roberto Grendene

Ricordo un intervento per la razionalità nella professione medica e per la bioetica da parte di Carlo Flamigni, copresidente UAAR (“Repubblica” , 27 dicembre 2006)
http://www.uaar.it/news/2006/12/27/giuramento-ippocrate-secondo-talk-show/

“Il giuramento di Ippocratesecondo i talk-show”
Mi rivolgo a voi per cercare di risolvere i dubbi che i talk show televisivi mi creano. L’ultimo, riguarda il “giuramento d’Ippocrate”, che secondo l’ex presidente Comitato Nazionale di Bioetica – Prof. D’Agostino – e alcuni altri cultori della materia, sarebbe una comune, nobile abitudine dei neolaureati in Medicina.
Mi chiedo per quali ragioni questo virtuoso gesto è stato scippato a me e ai miei compagni di studio. Mi chiedo come mai, in più di 40 anni di vita universitaria e dopo aver laureato tanti giovani, non l’ho mai sentito pronunciare.
Toglietemi questo terribile dubbio: sta forse accadendo qualcosa di irreparabile ai miei già fragili meccanismi della memoria e dell’attenzione?

Liberal

La citazione del prof. Flamigni conferma esattamente ciò che ho sostenuto nel mio primo intervento: il giuramento di Ippocrate non viene pronunciato da nessun medico, è la solita frottola raccontata dai preti, e siccome viene sempre ripetuta la gente finisce per crederci.

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