La richiesta ufficiale di Giovanni Nuvoli di morire ha scatenato, come prevedibile, una ennesima accozzaglia di commenti e invettive e preghiere rivolte a chissà chi (anche a Giovanni Nuvoli stesso, come quella di Marina Corradi su Avvenire di ieri, Giovanni, osiamo dirti: «Coraggio»).
Nuvoli ha dichiarato di non avere mai cambiato idea e di avere trovato un medico disposto a esaudire la sua richiesta. Ai giornalisti che domandavano “quando, quando?” (alla faccia del buon gusto!, tutti a caccia di dettagli scabrosi: quando? giovedì o domenica, perché così sposto la messa?), Nuvoli risponde che sarà il medico a decidere. E su questo Marina Corradi si inalbera, trovando la risposta di Nuvoli inverosimile, assurda.
Che un medico, per quanto fautore dell’eutanasia, possa “decidere” quando è l’ora di dare la morte a un paziente, appare difficilmente credibile. Nuvoli è sofferente come si può esserlo nella sua condizione, ma anche mentalmente lucido. E quel gesto di somministrare dei sedativi, di staccare la spina del respiratore, non può trovare medico che lo pratichi, anche se gli venisse esplicitamente chiesto dal malato stesso. Per questo la richiesta fa pensare. Come un tacito abbandonarsi alla scelta di altri; come se, pure dal suo letto di paralisi e di respiro artificiale, il malato avvertisse il baratro di vuoto, che si apre davanti a un uomo quando dica: adesso fatemi morire.
Non ha pensato Marina Corradi che il medico avrebbe “deciso” in basi a valutazioni tecniche, e che non sembra esserci nulla di scandaloso in questo, dal momento che Nuvoli ha espresso la sua volontà? (Nuvoli vuole morire senza soffrire e ricorrerendo alla sedazione e al distacco del respiratore; sul quando saranno pure affari suoi, o no?) E in base a cosa “quel gesto di somministrare dei sedativi, di staccare la spina del respiratore, non può trovare medico che lo pratichi, anche se gli venisse esplicitamente chiesto dal malato stesso”? Non di certo in base alla possibilità di ricorrere alla sedazione, anche totale, o in base alla possibilità di rifiutare qualsiasi trattamento sanitario, o in base alla libertà individuale, o ancora in base ai principi del consenso informato. Allora, in base a cosa, di grazia, “non può”, che altro non sembra che la versione volgare e declinata al singolare di “non possumus”.
Considerando poi che secondo Marina Corradi la gente fronteggia
la morte incombente con forza e speranza umanamente non spiegabili; e questo da quando, dopo la ribellione più feroce e più umana, aveva accettato il suo destino, e finalmente riconosciuto che quella strada non era verso il nulla
è tutto più chiaro. Ora siamo più tranquilli.
L’articolo di Chiara Lalli è stato pubblicato sul blog Bioetica