Due ragioni per invitare i gay

Il conflitto politico-ideologico attorno alla definizione di famiglia continua a produrre veleni e vittime. La settimana scorsa il rapporto sullo stato delle famiglie in Italia della Commissione affari sociali della Camera non è stato approvato dalla minoranza, che pure ne condivideva sostanzialmente i contenuti, perché non prende le mosse da una chiara definizione di famiglia come «società naturale fondata sul matrimonio». Come se gli unici problemi di una famiglia – difficoltà dei giovani a raggiungere l’autonomia, invecchiamento delle reti parentali, difficoltà a conciliare lavoro remunerato e responsabilità famigliari, per nominarne alcuni – riguardassero esclusivamente la coppia e la sua forma legale. Ieri la ministra Bindi, che pure si è molto spesa perché il governo presentasse la proposta dei Dico, sempre a partire dalla stessa definizione ha dichiarato che «gli omosessuali non hanno legittimazione a partecipare» al convegno sulla famiglia da lei organizzato per fine maggio.

Spiace che una politica intelligente e coraggiosa come Bindi abbia sentito la necessità di questa dichiarazione, vuoi per motivi politici nell’imminenza del Family Day, vuoi per intima convinzione. È un’affermazione inaccettabile. Si possono comprendere gli equilibrismi sugl’inviti. Ma negare in una sede pubblica addirittura la legittimazione a partecipare è improprio, oltre che per una banale questione di democrazia, per almeno due motivi di merito. In primo luogo, in un convegno dedicato a capire che succede nel campo della famiglia oggi, non si può ignorare a priori la diversificazione dei percorsi e dei modi attraverso cui oggi gli individui stabiliscono tra loro rapporti che definiscono familiari: di reciprocità, affetto, responsabilità nel tempo. Accanto a chi si sposa e rimane assieme per sempre, ci sono coppie eterosessuali di fatto e i loro figli, coppie che si separano e formano nuove famiglie che talvolta includono parte di quella precedente (i figli), omosessuali che formano una coppia e talvolta hanno figli. Le decisioni politico-giuridiche rispetto a questa varietà possono essere diverse. Ma se lo scopo è preliminarmente leggere i fenomeni sociali, ignorarla a priori non è utile né saggio. Non dimentichiamo che proprio a motivo di definizioni univoche di coppia e di famiglia a lungo nel nostro paese è stato impedito il divorzio (se lo ricordano i nostri pluridivorziati parlamentari sostenitori della famiglia «naturale»?) e i figli naturali avevano (e in parte hanno) meno diritti e anche meno «famiglia» di quelli legittimi – in sprezzo dell’articolo 30 della Costituzione. Lo stesso matrimonio civile è stato a lungo considerato di grado inferiore rispetto a quello religioso.

In secondo luogo, nonostante la ministra abbia messo a tema nel convegno la complessità delle relazioni familiari a partire da quelle tra le generazioni, di fatto con quella dichiarazione torna a ridurre la famiglia al solo rapporto di coppia (eterosessuale, legalizzata). Gli omosessuali (ma forse anche gli eterosessuali nelle coppie di fatto), in quanto farebbero coppie «fuori norma», non avrebbero, in questa prospettiva, famiglia neppure dal punto di vista delle relazioni intergenerazionali: come figli, come genitori, come figli adulti di genitori anziani, come compagni/e affettuosi e solidali che si prendono cura dei genitori, o dei figli, del loro compagno/a. Invitare solo le associazioni dei genitori di figli omosessuali è un modo di definire questi ultimi solo come un problema per le loro famiglie, mentre si nega loro la possibilità di dirsi come membri di una famiglia. […]

Il testo integrale dell’articolo di Chiara Saraceno è stato pubblicato sul sito de La Stampa

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4 commenti

Joséphine

Sinceramente ad un invito tanto sofferto non aderirei, nemmeno se arrivasse.
Mi sentirei, per così dire, di troppo.
Ogni tanto un’assenza è più significativa di una presenza.

😉

Daniela

ho letto oggi lintervista della bindi, e ho trovato le sue risposte di una ottusità tremenda.

giops

lei ci ha provato a non essere razzista, ce l’ha messa davvero tutta…

Vassilissa

Se la bindi è quanto di meglio riescono a “partorire” i cattolici in politica siamo messi molto, ma molto, ma molto male.

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