La piazza che non c’è

Dodici maggio: nel remoto 1974 il referendum popolare confermò la legge sul divorzio, voluta dal liberale Baslini e dal socialista e radicale Fortuna. La maggioranza degli italiani che votò per il divorzio non era contro la famiglia, per la buona ragione che il divorzio non divide le famiglie unite, ma solo prende atto delle famiglie divise. Domani è un altro 12 maggio e a Roma, fra piazza San Giovanni e piazza Navona, ci sarà un altro referendum che impropriamente impone l’aut aut fra due principi entrambi costituzionalmente riconosciuti, i valori della famiglia e i diritti dei conviventi. Chi non si presta all’aut aut può farne a meno: né a San Giovanni né a piazza Navona. Ma la scelta di non andarci non significa astensione né equidistanza.

È positivo che le famiglie scendano in piazza per far valere le proprie aspettative; il Welfare famigliare è un cardine del programma di governo. Per occuparsene Prodi ha fondato un ministero affidato a Rosy Bindi. Fra le proposte legislative di questi giorni è un disegno di legge dei senatori Luigi Bobba e Tiziano Treu che dispone provvidenze fiscali, servizi sociali e facilitazioni all’occupazione femminile per le famiglie con figli; se ne dovrà discutere per i vincoli derivanti al regime del lavoro e per l’onere (2 miliardi e mezzo) a carico dei conti pubblici, ma la finalità sociale è fuori discussione. Il fatto è che lo scopo del Family Day non è solo quello di sollecitare provvidenze per le famiglie, ma per esplicita dichiarazione dei promotori è principalmente quello di bloccare sine die la legge all’esame del Senato sui diritti dei conviventi; e quindi di mettere in alternativa ai diritti della famiglia, che nessuno contesta, i diritti dei singoli che convivono in altre forme di unione. Dovremmo andare in piazza per scegliere fra l’articolo 29 della Costituzione che riconosce la famiglia naturale, e l’articolo 2, che riconosce i diritti del singolo. E l’iniziativa dei laici di riunirsi in piazza Navona in contemporanea con il Family Day finisce per prestarsi all’aut aut irragionevole e ingiusto.

Di nuovo, fra piazza San Giovanni e piazza Navona non può esserci equidistanza. L’aut aut del 12 maggio ha origine dalla crociata orchestrata in crescendo dalla conferenza episcopale e dalle associazioni dei fedeli contro i diritti dei conviventi, che di per sé non recano alcuna offesa alla famiglia tradizionale. Si tratta di riconoscere alle forme di convivenza diverse dal matrimonio, senza discriminazione di orientamento sessuale, facoltà e diritti che non richiedono esaltazioni o anatemi ideologici: l’assistenza reciproca in caso di ricovero o detenzione, il subentro nelle locazioni, la reversibilità della pensione (salva la compatibilità con i conti previdenziali), la possibilità di successione (salvi i diritti legittimi codificati). […]

Il testo integrale dell’articolo di Valerio Zanone è stato pubblicato sul sito de La Stampa

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3 commenti

ELVIRA FALBO

Le politiche per la famiglia sono altre. Di fronte alla frammentazione crescente, ai conflitti, alle separazioni e divorzi occorre riconoscere e utilizzare la competenza del mediatore familiare che può sanare le crisi sul nascere ed evitare inutili e penose separazioni e divorzi, soprattutto per i figli. Invece di affidare alla piazza la soluzione dei problemi apriamo un tavolo di discussione in cui le persone esperte e competenti possano dare il loro contributo per più adeguate politiche familiari e per leggi più giuste.

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