Il governo inglese autorizzerà la produzione di embrioni chimera formati da patrimonio genetico umano e animale, a scopo di ricerca scientifica. A sei mesi dalla decisione di vietare questi esperimenti a causa del “disagio” che l’ipotesi provocava alla popolazione, il ministro della Salute Caroline Flint ha cambiato idea. Potenza della lobby scientifica e farmaceutica, che in Gran Bretagna gode di una mancanza di vincoli unica in Europa. Quarantacinque illustri scienziati tre mesi fa hanno lanciato il loro appello sul Times: non si può fermare la ricerca. Benché le staminali embrionali in dieci anni non abbiano prodotto nel mondo una sola applicazione terapeutica, i ricercatori inglesi assicurano che la via degli embrioni chimera porterà a una cura per l’Alzheimer e il Parkinson.
Dunque, la nuova legge che sostituirà la ormai vecchia “Human and Fertilisation Embryology act” consentirà di ibridare embrioni di uomo con cellule o Dna animale, di bovino precisamente, traendone creature, se così si possono chiamare, la cui vita verrà interrotta entro il 14esimo giorno di sviluppo. Novantanove per cento uomo, un per cento mucca. Questa è l’ipotesi dei due progetti di ricerca già presentati e in impaziente attesa. Non possiamo permettere – ha detto il ministro – che la nostra ricerca perda la sua posizione di avanguardia. Come dire: se non autorizziamo le chimere, i nostri migliori cervelli andranno a produrle in Cina o in Corea, e addio a eventuali brevetti per l’industria britannica. È, insomma, “il mercato”.
C’era, è vero, un “disagio” espresso dalla popolazione nei confronti di questo incrociare uomini e mucche. A un sondaggio del Dipartimento della salute due anni fa arrivarono 324 risposte sulla questione delle ibridazioni. Di queste, 237 chiedevano che fossero proibite. Nei piccoli numeri, una proporzione non insignificante. L’idea di alterare le cellule che originano un uomo non piace alla gente semplice. Che avverte istintivamente il sapore , in queste manipolazioni, di un limite trasgredito; del gioco pericoloso di una scienza che non riconosce legge, al di fuori di quella di ciò che chiama “progresso”. Ma cosa può il dissenso della “strada”, quando una lobby potente muove la stampa, e il Times magnifica le grandiose speranze delle ibridazioni? Rapidamente la signora Flint si è convinta della urgenza della ricerca. […]
Il testo integrale dell’articolo di Marina Corradi è stato pubblicato sul sito di Avvenire