È un simbolo prepolitico. Non sopporta di essere usato per motivi politici. Non è nemmeno molto agevole sbandierarlo contro avversari o per fare il tifo al proprio leader. Sì, è proprio un simbolo di lotta prepolitica. Come poteva essere che so, la minigonna nel ‘68. Non è proprio maneggevole, e però lo usano persone di ogni età. Tra l’altro è oggetto di molti insulti soprattutto da parte di uomini adulti quando non c’è modo di piegarlo e farlo entrare in auto. L’avrete capito, parlo del passeggino. Quell’affare di varie fogge e misure, a volte diabolicamente congegnato, e spesso caro ammazzato che a volte facilita e a volte impedisce i movimenti. In piazza san Giovanni ce n’erano tantissimi, quasi nuovi emblemi di protesta, più eloquenti di bandiere e slogan che ormai han fatto il loro tempo. Anche se molti onorevoli e molti poco onorevoli media han provato a dare una lettura politica, banalmente, beceramente politica del fenomeno di san Giovanni, quest’emblema ne dimostra assolutamente la natura prepolitica. Chi ha un passeggino non ha un’idea, ha una bocca da sfamare. Ha un amore da compiere. Un dolore da temere, un futuro da tremare. Ridurre tutto questo a lotta politica è banale, è becero. È segno di una viltà, di una paura di molta classe politica che detiene il potere ma, per così dire, non è veramente importante per il popolo. Ce l’hanno col popolo dei passeggini perché ha dato uno schiaffo alla loro presunzione. Comandano, ci offrono il loro teatrino nel quale si dividono e poi fanno gradi affari sottobanco, nel quale sbraitano o bofonchiano come se avessero in mano tutto, e invece questo allegro popolo munito di passeggini ha mostrato di esistere anche senza di loro, di muoversi in virtù di altro genere di richiami, senza le loro bandiere. Il passeggino è il simbolo di un popolo che ha diverse fedi, diverse temperature di fede, diversi orientamenti politici, diverse tribù di appartenenza. Ma che s’è riunito in una unica tribù del passeggino perché impegna to a dare la vita. Perché impegnato a fare una cosa il cui significato, il cui valore e la cui convenienza non gliela garantiscono né la politica né le leggi. Ma qualcosa che viene prima della politica e delle leggi. Un innamoramento, un’immedesimazione che vengono prima del dibattito politico e delle leggi. Nessuno mette al mondo un bambino perché convinto da qualche idea politica. Ma da un innamoramento, da una condivisione con persone, tradizioni, esempi che vengono prima della politica. Tutta questa quantità di vita vissuta era, munita di simbolo prepolitico, radunata nell’oceano di folla in san Giovanni. Pensare di interpretarla, di giudicarla, di accusarla in termini politici o come se fossero un esercito di bigotti di qualche chiesa, è un atteggiamento irresponsabile e d’una banalità sconfortante. Addirittura accusare di portare i bambini a una manifestazione per la famiglia (mica per la pace in Darfur o per lo spinello libero) è un capolavoro di fibrillazione cerebrale. Il popolo dei passeggini dà il giusto peso a questi presunti padroni del vapore. […]
Il testo integrale dell’articolo di Davide Rondoni è stato pubblicato sul sito di Avvenire